Di Torino era mio nonno materno (ma mi affretto ad aggiungere che le origini della Gens – come da tomba quasi mausoleo nel locale cimitero – conducono a Porlezza, nordica località del Ceresio: precisazione che mi permette di dare dei teroni a quelli di Lugano). Una prova della torinesità dell’avo e seppur parzialmente mia?
Due. Trasferitosi nella bastarda (né piemontese né lombarda) Novara, alla faccia del tempo il nonno mai perdette quel francesizzante ma ahilui pure cantilenato periodare (utile per cantare Les Feuilles Mortes) costituente un handicap mica da poco per i nati sotto la Mole. Quanto a me, venuto il mio turno di venire al mondo, sembra che l’idea di portarmi a nascere a Torino si dovette alla aficiòn alla città più che all’esistenza di un prozio primario ginecologo.
Le “delizie” gastronomiche di Eataly
Lasciata piazza Castello Gian Paolo 2° mi scorrazza per Torino e grande è il mio piacere ammirando storiche strade (e quella via Po, che più torinese di così …), ampie piazze e spaziosi viali contornati da palazzi e magioni assai ben ripuliti, ristrutturati, ripittati, ripresentati (tutto merito – dei soldi – delle Olimpiadi Invernali, l’evento che trasformò Torino da zucca in carrozza). E oltre alle magnificenze di un’architettura deliziosamente francesizzate (mansarde, ardesia, gallerie, eleganti caffè che Milano se li sogna) Torino documenta e testimonia l’importanza (anzi la leadership) della nostrana cucina (da ‘ste parti manco arriverebbe a tavola la barbara cassoela brianzola) con Eataly, fenomeno della gastronomia oltre che ulteriore appeal per correre a visitare la capitale del Vej Piemont. Descriverlo? Elementare Watson: trattasi di una festa di palato, occhi, olfatto (ahhh.. si degusta carne cruda, tagliata, ça va sans dire, al coltello) e quant’altro vivaddio crea i presupposti del nobilitante edonismo.
P.S. Altri dati Sightseeing tour … Nello scorrazzamento torinese (con ascendente torinista) Gian Paolo 2° mi ha portato (forse non casualmente) a vedere dove fu travolto il beatnik granata Gigi Meroni, la birreria in via Pietro Micca in cui fu fondato il Torino (3 dicembre 1906) più sospiri sotto quel che resta (monumento volutamente salvato) di una curva del Filadelfia, stadio, anzi tempio, del mitico Grande Torino. (Ahh la Goeba: aveva proprio ragione il Mago Herrera … delenda? Magari!). (17/01/2013)
La mia gita a Torino la metto nero su bianco. Perché si parla di una trasferta in una città importante (lì si accumularono le ricchezze permettenti a Lapo di primeggiare nel gossip del jet set universale) alla quale sono oltretutto legato da mie vicende personali, più terra terra appetto a quelle di Lapo ma proprio per questo più umanamente interessanti e quindi meritevoli di narrazione. A Torino posso infatti risalire nella ricerca delle mie Radici talché, ricordando l’omonimo sceneggiato tivù (quante lacrime versammo per i boveri negri salvo poi ricrederci dopo gli ingaggi miliardari di Ronaldo, Amarildo, Adriano e compagnia cantando) sul treno che da Milano Centrale mi trasferisce a Porta Nuova quasi quasi mi paragono a Kunta Kinte.