La terza tappa del mio viaggio in Norvegia mi porta ad abbandonare provvisoriamente la terraferma. Con un breve passaggio in nave da Bodø raggiungo l’arcipelago delle Lofoten.
Una lunga fila di isole all’altezza del Circolo Polare Artico, gettate di fronte alle coste della terraferma, quasi a proteggerla dalle furie del mare, con monti aguzzi che precipitano, vento che soffia incessantemente e il tempo che in pochi minuti può passare dal sole pieno e la bonaccia a una terribile tempesta con onde alte anche come un palazzo di cinque piani.
Qui il clima è talmente mutevole che non ci sarebbe niente di strano nel vedere la neve a giugno o avere temperatura estiva (per quelle latitudini) a novembre. Tutto dipende dalle correnti marine.
Alle Lofoten sono sei e portano i nomi: Raftsundet, Gimsøystraumen, Sundklakkstraumen, Nappstraumen, Sundstraumen e Moskenesstraumen (nel caso non l’aveste capito, “straumen” significa corrente). Sono molto forti e pericolose perché nascono dallo scontro di gigantesche masse d’acqua con temperature differenti e che trovano fondali di diversa profondità nell’intrico di scogli, isole e isolette.
Il cibo è vita e qui non manca
Quando mi hanno raccontato questa storia mi è venuto spontaneo domandarmi: “ma perché diamine uno dovrebbe vivere in un posto così, perlomeno, disagiato?”
La risposta mi è venuta guardandomi intorno e vedendo la quantità enorme di tralicci per fare essiccare il merluzzo e il mare puntellato di allevamenti ittici. Il cibo.
Dove c’è cibo c’è vita e qui di cibo ce n’è sempre stato in abbondanza, il mare gelido, pulito e pescoso ha reso possibile la vita.
Il merluzzo essiccato, lo stoccafisso (o “tørrfisk”, come si dice in norvegese) proviene al 90% da queste parti e se a Vicenza (ma non solo) è una specialità degna di una vera Accademia, tutto nasce da una tempesta che fece naufragare nel Quattrocento un mercante veneziano su queste rive. Una volta soccorso e rifocillato tornò a casa con 60 stoccafissi e ancora oggi l’Italia è il migliore cliente dei pescatori delle Lofoten.
Lofoten, colori e luce senza uguali
Il successo turistico delle Lofoten è certamente meritato, circa 200mila turisti a stagione sbarcano a Svolvær. Alle Lofoten si viene in primo luogo per i paesaggi. Prendiamo ad esempio Henningsvær sull’isola di Austvågøya: un villaggio di pescatori, quattro case sparpagliate su un gruppo di isolotti collegati tra loro da passerelle e, a sua volta, collegato all’isola principale di Austvågøya da un ponte più lungo con le montagne alte e aguzze che strapiombano sul mare.
Cinquecento abitanti che quadruplicano facilmente durante l’estate. Oppure la costa vicino a Lødingen, modellata dalla marea e dal vento con le acque di colore diverso Blu scuro il mare, azzurro le acque dolci che provengono dallo scioglimento delle nevi. Sono i colori la bellezza delle Lofoten.
La città della luce
L’aria tersa rende i contrasti di luce molto marcati e satura, appunto, i colori con grande gioia degli appassionati di fotografia. Non per nulla i norvegesi hanno soprannominato Svolvær “Lysebyen” cioè la città della luce.
Un altro ottimo motivo per venire da queste parti è l’aspetto naturalistico. Dove c’è pesce ci sono animali che di esso si cibano. Ovvio! Allora balene, orche, uccelli marini come l’aquila di mare o il cormorano sono facilmente avvistabili e di questo ne approfittano diverse compagnie per portare i turisti in emozionanti safari fotografici.
Dove nidificano le aquile di mare
Le Lofoten sono percorribili da sud a nord in macchina lungo la Strada E10, una serie di ponti la collega con la terraferma all’altezza di Narvik. Da Å (il punto più meridionale delle Lofoten) a Fiskebøl (quello più settentrionale), sono circa 160 chilometri. La strada segna anche il confine tra le Isole Lofoten vere e proprie e le Isole Versterålen che ne sono il naturale proseguimento verso nord.
Tra i due arcipelaghi c’è Trollfjord, la sintesi delle bellezze paesaggistiche e naturalistiche norvegesi. Qui vi è uno dei posti preferiti per la nidificazione delle aquile di mare e questo incantevole fiordo (non per nulla si chiama “Fiordo dei troll”, gli gnomi non sempre benigni delle leggende norvegesi) è uno dei più belli che ci siano.
Navi da crociera e il battello postale
È un braccio laterale lungo due chilometri dello stretto del Raftsund; la bocca del fiordo è larga solo 100 metri e il suo punto più ampio raggiunge gli 800. il minimo per permettere alle grandi navi da crociera di virare. Il fiordo non è profondissimo (72 metri) in confronto ad altri e ha una forma circolare circondata da montagne alte tra i 600 e i 1.000 metri.
Se non si vuole trascorrere troppo tempo sulle isole si può prendere l’Hurtigruten (il battello postale) a Bodø e arrivare a Narvik bordeggiando e fermandosi nei vari approdi. D’estate, quando il sole non tramonta mai, lo spettacolo è assicurato.
Svolvær “megalopoli” di 4.200 abitanti
Appunto per l’abbondanza di cibo Svolvær, la “capitale” ha origini vichinghe e oltre. Sono stati trovati reperti datati 3-4.000 anni. Con i suoi 4.200 abitanti sembra una megalopoli al confronto dei villaggetti da una decina di anime sparsi sulle isole.
La moderna Svolvær risale al 1828, quando furono aperte le prime attività. Kabelvåg è l’altro centro importante delle Lofoten, anch’esso di origine vichinga. Come il capoluogo spiccano le case di legno coloratissime in giallo, rosso, verde, blu. Un’allegra tavolozza sul mare.
Proprio come succede da noi, per esempio in Liguria: colorate per essere facilmente avvistabili dal largo. Le coste sono frastagliatissime e sono punteggiate da numerose casette basse e del tipico colore rosso cupo. Sono le rorbuer, un po’ case di pescatori, un po’ rimesse per le barche e, ora, molto seconda casa per i turisti.
Già perché il turismo da queste parti è molto sviluppato. In certe parti dell’arcipelago, grazie alla Corrente del Golfo, l’acqua oltre a non ghiacciare mai, raggiunge in estate una temperatura di una ventina di gradi. Non tantissimi ma sufficienti per un bagno.
Info: www.visitnorway.it/Il-meglio-della-Norvegia
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