Lasciamo Mirleft, quieto angolo berbero che si affaccia sull’oceano, partiamo alla volta del deserto, ultima tappa del nostro viaggio, Fort Bou Jerif nel nord del Sahara.
Ci spostiamo con un bus fino a dove termina la strada asfaltata per poi salire su un fuoristrada stipati come sardine ed eccoci al campeggio che ci ospiterà per le prossime settimane. Le tende berbere nelle quali mangeremo sono già montate, adesso tocca a noi montare le tende da campeggio che saranno la nostra casa.
Nel deserto per ritrovare noi stessi
Questo luogo, come quelli delle giornate precedenti, è del tutto diverso dalle aspettative. Dopo 25 anni di siccità, le ultime incessanti piogge lo hanno reso un giardino fiorito, tutto è verde, tutto è un bocciolo, tutto è un profumo. È come se la natura ci avesse voluto accogliere preparandosi a festa, come se questi fiori fossero qui solo per noi, pronti a ricordarci la bellezza della vita oltre il cemento, oltre la routine, oltre le certezze. La decisione di venire nel deserto era stata dettata dal bisogno di staccare la spina, di ritrovare ritmi dimenticati e gesti autentici, ma ancora non sapevamo quale importante avventura ci attendesse.
Siamo un piccolo gruppo, ma in realtà ognuno è qui per se stesso, qui non c’è altro, solo noi, non ci sono comodità di alcun tipo, nessuno ha qualcosa di più o qualcosa di meno degli altri, siamo tutti uguali al cospetto della natura.
Essere solo persone nel confronto con la natura
Lontano dalla città e dagli schemi della società, si possono lasciare tutte le identificazioni che ci hanno sempre convinti di avere un valore solo grazie alle cose realizzate e di essere importanti solo se qualcuno ci diceva bravo. Qui siamo solo persone, senza nome, senza radici, senza distrazioni per la mente. Vogliamo lasciar andare il passato, ecco cosa siamo venuti a fare. E come sempre quando si chiede qualcosa l’esistenza subito ci accontenta. Infatti non bastava aver lasciato tutto alle spalle, le comodità, le sicurezze, le etichette, fin dalla prima sera un vento fortissimo ha iniziato a soffiare e ha spazzato via tutto.
Ci siamo ritrovati senza più tende berbere in cui avremmo dovuto mangiare, e anche molte delle tende in cui dormivamo. Un messaggio forte e chiaro che ci costringeva a lasciare veramente tutto. Non si sa dove stare perché il vento è incessante e violento e l’unica struttura in muratura sono i bagni, così le giornate vengono scandite dai pasti consumati davanti ai lavabi, fino al momento di tornare in tenda con il timore che ci crolli addosso durante la notte.
Capacità di adattamento
E siamo qui, in mezzo al deserto che deserto non è, senza avere nulla che ci ricordi di avere una dignità, mangiando in mezzo alla terra che continua ad alzarsi e a coprire tutto. Siamo seduti su lavabi con al fianco qualcuno che mentre mangiamo si lava o fa il bucato e ormai è normale così, nemmeno ci si fa più caso. A casa ci si preoccupa di come si è vestiti, quando ci sediamo sulle panchine all’aperto controlliamo che siano pulite, quando qualcosa ci macchia gli abiti ci sentiamo a disagio all’idea che qualcuno possa notare questa grave imperfezione. Qui invece ci sediamo dove capita, senza pensare a come siamo vestiti o pettinati o se ci sporcheremo.
Ogni luogo è buono per sedersi e parlarsi ed ascoltarsi, ma ascoltarsi davvero, anche per terra, su quella stessa terra su cui si dorme, che ha invaso la tenda, il saccopelo, i vestiti, la mente. Quando non si ha più niente da perdere, niente da difendere, niente da giustificare, nessuna immagine da sostenere, si comprende il vero significato della parola libertà. Quanto è facile abituarsi, anche al nulla.
La leggerezza di vivere
Il vento cessa, le tende si rialzano, si sorride ora come si sorrideva nel vento e, togliendo tutte le maschere che di solito indossiamo, le case, le auto, i bei vestiti, i cellulari, spogliati di tutto, sentiamo quanto alla fine siamo veramente tutti uguali, tutti un’anima sola, ci specchiamo nel viso di chi ci sta vicino e in quel viso riconosciamo noi stessi e comprendiamo che, se anche non abbiamo niente siamo ancora qualcuno, qui nel deserto percepiamo tutto il nostro valore per il semplice fatto di esserci, di esistere.
Non è possibile prevedere quello che accadrà nella vita, non ha senso cercare di controllare tutto e noi stessi, vivere con leggerezza, con la fiducia che l’esistenza è sempre pronta a sorreggerci, ecco cosa abbiamo imparato da questa terra forte ma dolce, non importa dove siamo, cosa facciamo o cosa possediamo, se sappiamo veramente chi siamo, anche quello che noi chiamiamo deserto si spalanca in un giardino fiorito.
Foto: www.boujerif.com
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