Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Si “sta meglio” adesso?

Foto Pixnio di M. Milivojevic

Si “sta meglio” adesso? Passano gli anni e scopro di diventare doppiamente “conservatore”, sia per quanto concerne le abitudini e i comportamenti, sia con riferimento alla “polis”, la politica. Nel primo caso “conservi”,  resti sempre più attaccato a “cose passate” (un paio di scarpe, una valigia, vecchi libri e per quanto mi riguarda pure la “mogliera”, risposata post-divorzio) perché ravvivano ricordi ovviamente bellissimi: il tempo è come l’alambicco della Grappa: butti via la testa e la coda, le brutture e i momenti grigi, e tieni il cuore, i momenti belli. Scarpe, abiti e “vecchi merletti” Cappelli Borsalino (Foto:Regione Piemonte) E … Leggi tutto

Si “sta meglio” adesso? Passano gli anni e scopro di diventare doppiamente “conservatore”, sia per quanto concerne le abitudini e i comportamenti, sia con riferimento alla “polis”, la politica. Nel primo caso “conservi”,  resti sempre più attaccato a “cose passate” (un paio di scarpe, una valigia, vecchi libri e per quanto mi riguarda pure la “mogliera”, risposata post-divorzio) perché ravvivano ricordi ovviamente bellissimi: il tempo è come l’alambicco della Grappa: butti via la testa e la coda, le brutture e i momenti grigi, e tieni il cuore, i momenti belli.

Scarpe, abiti e “vecchi merletti”

Cappelli Borsalino (Foto:Regione Piemonte)
Cappelli Borsalino (Foto:Regione Piemonte)

E siccome si è accennato alle vecchie scarpe – non per niente la più bella dichiarazione d’amore in “castellano” recita: “Ti amo più di un vecchio paio di scarpe” – se si parla di abbigliamento ti abbarbichi ancor più al passato anche perché oggidì producono (oltretutto a caro prezzo) orrendi ornamenti (alcuni “usa e getta”) mentre “una volta” si confezionavano indumenti con la massima accuratezza e ottima materia prima. “Un tempo” si usava il cuoio e stoffe “nobili”, adesso la chimica – anche per vestirsi – erutta plastica e altre cosacce sintetiche che però piacciono perché ben “markettizzate” in tivù da giovinetti un po’ efebi, scelti per la bisogna  da stilisti maschi ma non fanatici.
Un vero conservatore, pertanto, custodisce religiosamente scarpe Church, cappelli Borsalino e magliette Lacoste, mentre i “modernisti”, un giorno sì e un giorno no, buttano via gli strafirmati e carissimi straccetti d’oggidì che raramente durano “l’èspace d’une nuit”. E’ il consumismo, cara gent.

Politica ieri, politica oggi e “ari-vecchi merletti”

Il nuovo che avanza
Il nuovo che avanza

Eccomi dunque conservatore per quanto attiene il tran-tran quotidiano.
E lo sono anche in politica. Con la certezza di avere dei seguaci.
Perché se è vero che con le mie idee conservatrici in materia di abbigliamento qualcuno potrebbe non essere d’accordo. Vedo assaltare i negozi dei Saldi per “portar via” a carissimo prezzo – ancorché scontato – blusette e tutine di poliestere espanso che se gliele dessero ai lavoratori dell’Atm milanese ci ritroveremmo scioperi a oltranza da andare tutti a piedi per mesi e mesi, se si tratta di vicende meno frivole, appunto politiche, molti concorderanno sul fatto che da molto tempo è meglio se “nulla cambia”. Perché se si cambia, si cambia in peggio.
Nessuno vorrà infatti negare che “ai nostri tempi”, politicamente parlando, c’era gente (destra-sinistra-centro, rossi-verdi-gialli, si parla in generale, non si fa questione di partiti) di ben altra statura. Vabbè, Einaudi non superava il metro e sessanta o giù di lì, ma da bravo sabaudo piemontese lo faceva solo per non far sfigurare re Vittorio “Sciaboletta”.
E siccome l’animale politico nostrano (Montanelli parlava appunto di “cavalli di razza”) sembra peggiorare progressivamente, così almeno si legge, eccomi a concludere che “è meglio se restano su quelli che erano peggio”; sennò si peggiora soltanto.
Io, pertanto, mi ribadisco “conservatore” e a chi volesse pormi eventuali obiezioni, commentando  che sono vecchio bacucco e quindi “reazionario” al “nuovo che avanza”, al cosiddetto progresso pongo la seguente domanda.

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“Si sta meglio”, adesso? Punto 1: il Turismo

Si “sta meglio” adesso?

Una domanda per certo intrigante. E sicuramente (almeno per me) difficile.
Alla quale provo a rispondere facendo riferimento a come si viaggia (nel senso di Turismo) oggidì e al fenomeno dei Telefonini (e parlo di “costume” con consumismo incorporato).
Ritenendomi un modesto conoscitore del Costume Nazionale e un ancor più modesto esperto del “Mundillo” del Turismo, non senza aggiungere che questo Gossip deve rispondere del suo operato a un web magazine dedicato a chi ama girare il mondo, se si parla di viaggi & turismo, “si sta meglio” adesso?
E qui la liquido in poche parole, ben conscio che posso anche sbagliarmi, ma prove concrete a sostegno della mia asserzione posso produrne a iosa.
Si “sta meglio” adesso?Risposta: adesso viaggia più gente, le grandi mete turistiche sono ormai di casa per tanti, anzi moltissimi, ma come si viaggiava un tempo (vabbè solo pochi, pochissimi; l’importante, lo dico da una vita, sarebbe consistito nell’appartenere a quei pochissimi…) vuoi mettere?
Mai volato in una First Class dei “miei, nostri tempi”(ma anche in una normalissima “economy”)? Mai arrivato – ai “miei, nostri tempi” –  con bagaglio in un albergo (anche 3 stelle) senza che qualcuno ti venisse incontro e ti aiutasse? Mai mangiato – ai “miei, nostri tempi” – in normali hotels 4 stelle, serviti e riveriti al tavolo mentre adesso ti allestiscono mangiatoie dette pomposamente Self-Service da cui tirar su il mangime? Mai telefonato – ai “miei, nostri tempi” – a una compagnia aerea senza dover stare mezz’ora in attesa (e adesso, in molti casi, dopo lunga attesa, ti mandano pure affanc… lasciando cadere la linea? Mai successo (sempre a proposito di compagnie aeree) che – “ai miei, nostri tempi” – una (importante) Compagnia (europea) fosse “svergognata” (peggio, è stata definita di “Zanza”) in tivù (“Striscia la Notizia”) perché in pratica “non risponde più al telefono”?

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“Si sta meglio”, adesso? Punto 2: i Telefonini

Si “sta meglio” adesso?

Ricordo quando giovanetto (prima di intraprendere qualche “tour around the world”, in un primo tempo per portare in giro la gente, poi per descrivere il “world”) trascorrevo le vacanze estive – era appena finita la guerra, quella seria, la Seconda Mondiale, mica le sceneggiate mediorientali della CNN – sull’esclusiva (c’era mai nessuno, basta il nome a spiegarlo, però come “camporella” mica male) Isola dei Tafani, raggiunta da Novara, via Galliate, mediante terza classe delle Ferrovie Nord Milano; a bordo provviste di “birra e gazeuse” di cui alla bottiglietta chiusa con lo sferico tappo di gomma detto anche “de la balèta”.
Se dovevo dare un “puntello” serotino alla morosa, in attesa del telefonino di Totti e De Sica figlio (che tristezza vedere dov’è finita l’arte di tanto padre, a fare il guitto col grassoccio vigile urbano romanesco) abbandonavo a nuoto l’Isola (altro che quella dei “Famosi” e i miliardi spesi per l’Endemol) e raggiunta l’osteria del Ponte del Ticino, provvedevo alla bisogna con il telefono a gettoni gentilmente installato dalla Stipel (Società Telefonica Interregionale Piemonte E Lombardia) poi divenuta Sip, poi divenuta Telecom, poi divenuta Tronchetti Provera, poi divenuta Tim; ma forse mi sbaglio, perché con tutto quel casino che hanno fatto negli spot tivù non ci capisco più una fava. E parlavo con la morosa. Come fanno adesso col telefonino.
“Si sta meglio”, adesso?

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