Raramente due regioni confinanti, nello stesso Paese, vantano differenze e contrasti quanto la Bretagna e la Normandia, nel nordovest della Francia. E a vivere questa diversità – non differenziandosi gli abitanti della Normandia, per origini, storia, tradizioni e cultura dal resto della Francia settentrionale – è sicuramente la Bretagna, terra tuttora un po’ misteriosa, soprattutto per quanto attiene l’universo dei Celti (vero e proprio mito nella storia dell’Europa, soprattutto occidentale, tale da legare culturalmente ancor oggi genti e terre distanti e separate da un oceano non clemente).
Basti accennare a lingue, tradizioni, cultura e musica (con la celtica cornamusa adesso di gran moda) di Irlanda, Galles, Cornovaglia, Asturie, Galizia, che annualmente si incontrano nell’agostano Festival Interceltico di Lorient.
Non è pertanto un caso che le due terre di Galizia e Bretagna, località estreme ove “finisce il mondo”, condividano lo stesso nome, Finistère e Finisterre, o Fisterra in “galego”, per indicare il sito dove si imbarcavano le anime per l’aldilà, verso l’orizzonte in cui il sole scompare.
Brest, porto sicuro sull’Atlantico
Morfologicamente la Bretagna è simile a un trampolino, un’enorme penisola protesa nell’Atlantico: a nord comincia dalla baia di Mont Saint Michel e a sud , sotto Nantes, città principale, confina con il Poitou.
Ma è soprattutto la sua parte occidentale, il già citato Finistère, man mano che la penisola si assottiglia nell’immensità dell’Atlantico, che con le forze e i capricci di madre natura a Brest ha creato un perfetto quanto sicuro porto naturale, che la Bretagna esprime nel viaggiatore entusiasmo, intrigo, mistero.
A tanta cultura e visioni del bello – nel senso di panorami marini creati da rocce frastagliate, onde oceaniche, scogliere spumeggianti e, nell’entroterra, praterie e boschi dalle tante tonalità di verde favorito da una generosa piovosità – la terra bretone assomma anche interessanti piacevolezze del palato.
Gastronomia “poco” francese
Se è concesso un breve inciso gastronomico, le peculiarità della cucina bretone sono tante, cominciando dal burro salato (dovuto ai pascoli arricchiti dalla salinità del circostante oceano) primo ingrediente di “crèpes” (un’istituzione nella alimentazione locale) e “galettes” (preparate con grano saraceno) nonché del “far breton” (un flan morbido, dorato, tipico dessert di famiglia) e del “kouig-amann” (un dolce di pasta lievitata, da gustare con il sidro, bevanda nota dal VI secolo e recentemente premiata con una d.o.c.).
Con tanto mare che la circonda, per di più pescosissimo, ovvia la citazione di pesci e frutti di mare (ostriche incluse) nell’offerta gastronomica della Bretagna; nota su un’imprecisione abbastanza frequente: una delle più comuni ricette per cuocere l’aragosta si chiama “alla armoricana” e non “all’americana”, perché creata nel dipartimento bretone dell’Armorica o Cotes d’Armor, capitale St-Brieuc.
Cotanta diversità, che si potrebbe definire “indipendenza gastronomica” dal resto della cucina francese, costituisce un’ulteriore dimostrazione dell’unicità della Bretagna, con un suo simbolo (l’ermellino) una bandiera (il “Gwenn ha Du” bianco e nero, creata nel 1923, nove strisce orizzontali quanti furono i “vecchi paesi o vescovadi” della regione, con un quadrilatero, in alto a sinistra – si pensi alla bandiera Usa – contenente ermellini neri in campo bianco) e soprattutto una lingua.