Che differenza c’è tra l’amore, il turismo e la politica? Beh, l’amore (nel senso di atto fisico, sessuale) è una faccenda di non semplice fattibilità, arriverei a dire abbastanza complicata. Quanto alla sua frequenza non esistevano parametri fissi, scadenze irremovibili fin quando, recentemente (chiosando sulla vicenda di un marito che per ripicca ha negato le sue prestazioni alla sposa) Lina Sotis ha deciso e promulgato sul Corriere della Sera che L’Amore Va Fatto Almeno Una Volta All’Anno.
Non so se questo scoop è stato massicciamente letto dai giovani, i quali, a quel che mi dicono, fanno altre cose invece di leggere i brillanti reportage della Sotis, sempre e invariabilmente descriventi gente che, minimo minimo, per essere da lei citata deve assolutamente:
a) possedere – astenersi perditempo – almeno 15 case 15 tra monti mari colline laghi città isole comprese;
b) presenziare 2 volte la settimana al lancio di qualche mutanda o calzino firmato da uno col cognome in – meglio se nobile o dell’alta finanza ma va anche bene un proletario, sempre però che si sia arricchito e sia presentabile come compagno di una nobile;
c) dare del tu alla Afef.
Turismo e politica, invece – a differenza dell’amore – li facciamo sempre, senza accorgerci, anche perché escludono alterazioni di abbigliamento: per parlare male o bene del Berlusca non occorre sfilarsi le mutande o arrotolare i calzini. Quasi tutti i nostri comportamenti sono politici, tutto è polis: la buca per strada, il caro fragole, il pedaggio sull’Autosole, piove governo ladro. E quanto ai viaggi ribadisco che si fa turismo anche andando da via Santa Sofia a visitare Sant’Ambrogio (a proposito, quanti dei lettori milanesi non lo ricordano bene?).
Terrorizzato, come tanti miei coetanei, ormai vicini ai 14 lustri- dal citato diktat della Sotis e poco interessato alla politica (un bel libro di Ernesto Rossi, I Padroni del Vapore, attualissimo ancorché vecchio di 10 lustri, mi insegnò antàn che a menare la smazza sono sempre quelli) fuggo dalla mogliera (che potrebbe aver letto i profondi pensieri della nota giornalista mondana) e parto per un viaggio abbastanza improbabile.
In treno e corriera da Milano a Fiera di Primiero
Vado nel Trentino, più esattamente a Fiera di Primiero, dal mè amìs Roberto e per raggiungerlo ricorro a treno e corriera. Nel silenzio delle valli relaxerò e mediterò su come sfangarla se la proposta della Sotis di un obbligatorio amplesso annuale diventerà esecutiva (potrei sempre tentare di spalmarlo in 23anni, come ha ottenuto la Lazio dal Fisco per il pagamento delle tasse).
Spero inoltre che la telegrafica cronaca del veloce viaggio risulti almeno utile al lettore per il suo contenuto di faccende turistiche e vicende di costume in un ameno angolo del Belpaese.
Viaggio per la prima volta su un treno Eurostar (Milano–Padova) e scopro che l’è proprio roba da sciur (e poi nemmeno tanto: 29 euro, noblesse oblige in 1a, inclusa la tratta Padova–Feltre): il capo treno ha più aplomb di un comandante Alitalia, sull’Alitalia (oltre allo sciopero del panino) ormai non ti danno più nemmeno il giornale mentre su ‘sto baldo treno passa uno con un’edicola a tua disposizione dopodichè c’è pure il servizio di buvette con bevande e paninozzi. Davvero un bel prodotto delle esecrate FFSS.
Morale (pensando ai pendolari che impiegano 3 ore da Vittuone a Milano vessati in tradotte da Grande Guerra): anche in Italia ci sono servizi e strutture che funzionano, ma solo per chi ha i danèe, mentre i pover crist continuano a prenderselo in quel posto (stavolta sono i marchigiani: il Corriere del 1/4 riporta che le FFSS lombarde – evidentemente pro pendolari in rivolta – hanno ciulato 11 nuovi treni 11 alle Marche e in cambio gli hanno spedito 8 treni vecchi come il pan del cucco).