Basta un rapido sguardo alla carta geografica della Spagna per notare che i confini della Galizia formano un quadrilatero abbastanza evidente. I lati ovest e nord sono bagnati dall’oceano Atlantico. Quelli orientale e meridionale sono delimitati dalle Comunidades delle Asturie, della Castilla y Leòn e dal Portogallo.
Non è difficile concludere che la gastronomìa gallega è contestualmente marinara e de la tierra. In percentuali pressoché identiche e con ovvi matrimoni tra i rispettivi sapori di terra e di mare.
Squisitezze marinare
Per quanto riguarda il mangiare proveniente dai campi, c’è un forte attaccamento della popolazione. I gallegos sono legati alla storia e alla cultura della propria terra. Un sentimento tipico della società contadina. Le ristrettezze economiche patite nei secoli spiegano perché la cucina galiziana non può che essere semplice e tradizionale.
Una cucina conosciuta perché presente in tutta la Spagna. Considerata la propensione – meglio chiamarla necessità – della gente di Galizia ad emigrare. In Argentina non si contano coloro che possiedono legami con questa regione nord occidentale della penisola iberica e a Cuba gallego è sinonimo di spagnolo.
Cibi forti come la Galizia
Più prelibato e raffinato, invece, il ben di dio proveniente dal mare. Le barche depositano in Galizia – Vigo è il più importante porto peschereccio della Spagna – l’ottimo pesce dell’Atlantico. In particolare il settore nord occidentale è considerato tra i più pescosi nel mondo, per qualità e quantità. Si pescano: rodaballo (rombo), rape (coda di rospo), merluza (nasello). La loro bontà è inferiore solo alla squisitezza dei mariscos (frutti di mare) pescati e coltivati lungo le coste frastagliate e nelle rias (fiordi) Altas e Bajas.
Una visita a un mercato del pesce (a La Coruña valido quello nella Plaza de Lugo) intriga e spiega che per un gallego le tanto decantate ostriche e i non disprezzabili mejillones (cozze) fanno ridere di fronte al sapore e al profumo dei percebes (balano o peduncolo carnoso, sembra una minizampetta di un pachiderma); delle zamburiñas (canestrelli); nonché dei gambas (gambero rosa), centollos (granchio, grancevola), cigalas (scampi) e langostinos (mazzancolle).
La conchiglia: cibo ed emblema di fede
L’aficiòn galiziana per Santiago raggiunge persino il fondo del mare: un crostaceo si chiama santiaguiño e la vieira altro non è che la Capa Santa o coquille Saint Jacques. Emblema del pellegrinaggio a Santiago de Compostela cucito su mantelli e cappelli del pellegrino; non prima, si spera, di averne degustato il mollusco, eccellente al gratin.
Tipici delle coste della Galizia, anche il pulpo (polipo) preparato a la gallega o a feira (bollito e condito con olio e paprica) e la lamprea (lampreda) pescata in primavera e protagonista di una Fiesta ad Arbo.
Galiziana quanto Santiago (sia permesso l’irriverente paragone) è la empanada, una sorta di focaccia ripiena (di carne o pesce) e coperta (paragonabile all’erbazzone o scarpazzone di Reggio Emilia). Perché, poi, non accreditare alla cucina galiziana il copyright della marsigliese bouillabaisse? I gastronomi gallegos assicurano che, di ritorno dal pellegrinaggio a Santiago e Finisterre, i pellegrini importarono in Francia la ricetta di una zuppa di pesce chiamata bule a baixa (quando bolle, abbassa il fuoco) tuttora degustabile come sopa de peixe.
Cibi forti come la Galizia
Più semplici e umili, come accennato, i prodotti della terra e i loro derivati, piatti robusti per affrontare i venti e le piogge invernali dell’Atlantico. Per stare leggeri meglio il caldo gallego (zuppa di fagioli e altre verdure, insaporita con qualche pezzo di carne di maiale) del più impegnativo pote gallego (un sontuoso bollito di fagioli, manzo, gallina, insaccati vari di maiale, cavolo e patate, non senza il mais della nostrana polenta).
Se la fame non demorde ecco il lacòn con grelos (spalla di maiale con cime di rapa, salsicce e grosse patate, da non confondere con i cachelos, le patate dal sapore vagamente di mare perché coltivate sulla costa atlantica). Chi visita la Galizia e ama il pane rimarrà piacevolmente sorpreso non meno che interessato: il pan gallego fa a meno della farina del frumento (poco coltivato nella regione) e si presenta con il color scuro della segale o più chiaro se si è usato il miglio, il mais e altri cereali. Al momento del postre (dessert) prima di chiudere la mangiata con una bella queimada (una sorta di caffè “alla valdostana” con l’orujo, grappa galiziana), si vorrà ordinare la torta de Santiago (a base di mandorle) o le sottili filloas (alias crepes).
Pesce o carne, ma con vino del posto
Con quale vino (ovviamente made in Galicia, prodotto nelle province di Ourense e Pontevedra) accompagnare questa festa della tavola?
Buono, e in continuo miglioramento, il tinto (rosso) Valdeorras.
Ma per vino gallego si fa riferimento soprattutto ai bianchi. Il più noto e tipico è il Ribeiro, prediletto da Alfonso X El Sabio (non si escluda che la saggezza fu ispirata dal vino e chissà se già nel Duecento era bevuto in piccole scodelle di porcellana).
Oltre a questo vino de la morriña (malinconica nostalgia di chi è partito, saudade nell’adiacente Portogallo), non si manchi di degustare il pregiato Albariño, eccelso nell’accompagnare ostriche, crostacei e frutti di mare.
Info: https://www.spain.info