Grazie alle Olimpiadi del 2004, Atene ha avuto il suo nuovo aeroporto. Sorge a venticinque chilometri a est della capitale, in una vasta area compresa fra il mare, i monti Imitos e Merenta. Osservarlo dalla sommità dell’Imitos (1.026 metri d’altitudine), fa una certa impressione: un megascalo a più piste inserito fra il verde delle alture, gli oliveti e vigneti del piano e l’azzurro dell’Egeo.
E’ comunque una struttura di ampio respiro e non compressa come quella di Glifada, quindici chilometri più a sud. Qui l’aereo che scende sfiora l’acqua del mare, le isolette prossime alla costa, l’enorme distesa di case dei quartieri periferici, gli insediamenti industriali, il reticolo di strade che collegano le piste d’atterraggio al Falero, al Pireo, alla capitale.
Spazi e inquinamento: i problemi della città
Atene è città perennemente affamata di spazi. Lo sviluppo urbanistico di questi ultimi decenni può dare a prima vista l’impressione di una metropoli che si sia messa d’impegno a fagocitare sé stessa; ma non è così.
Certo, è città tumultuosa e assordante, trafficata e inquinata, specie quando il clima favorisce il ristagno dei gas di scarico delle auto, realtà questa comune a quasi tutte le grandi città; ma sono tutto sommato mali trascurabili se comparati all’esaltante sensazione che si avverte nel trovarsi fisicamente inseriti in un contesto storico e geografico la cui grandezza è misurabile in secoli di vita e di cultura.
Oggi un terzo dei greci vive ad Atene e nei suoi sobborghi; quando nel 1834 divenne capitale, erano circa seimila le anime presenti, molte meno dell’Atene del V e IV secolo a.C.; allora i cittadini con pieni diritti civili, quelli destinati a governare e a difendere in caso di necessità la “polis”, erano quarantamila. A questi andavano aggiunti donne, bambini, stranieri, schiavi, per un totale di circa mezzo milione di persone. Solo Alessandria d’Egitto e la Roma imperiale ospitavano un maggior numero di abitanti.
Vie e piazze da vivere notte e giorno
Nella moderna capitale, eccettuati i quartieri storici e centrali che con l’intricato dedalo di viuzze contornano l’Acropoli (Plaka, Psyri, Aerides, Makrygianni, Gargaretta ecc.), gli altri sono grossi riquadri abitativi con le vie che si intersecano ortogonalmente e che sfociano in celebri piazze: Omonia, a detta degli ateniesi “aperta” giorno e notte; Sintagma, che fronteggia l’imponente palazzo del Parlamento; Kolonaki, ricca di caffè e di negozi; Avysinias, un rutilante bazar nel quartiere di Monastiraki; l’Agorá, centro sociale e politico dell’antichità.
Ma è l’intera città ad attrarre i visitatori, con le sue grandi arterie di comunicazione che racchiudono palazzi, case, chiese bizantine, musei e monumenti a perdita d’occhio. Nel mare magnum urbanizzato spiccano le macchie di verde della collina Filopappou, dei Giardini Nazionali, del Singrou e, soprattutto, del Licabetto.
Acropoli, un’emozione sempre viva
Solo l’Acropoli è collina meno verde, più rocciosa, con i suoi monumenti. Marmi e pietre capaci di suscitare moderne emozioni dopo quelle antiche (II secolo d.C.) provate da Pausania, autore della “Guida o Periegesi della Grecia”, che così la descrive: “ha un solo accesso: non ne offre altri, essendo tutta scoscesa e circondata da un solido muro; alla destra dei Propilei c’è il tempio della Nike senza ali. Di qui si vede bene il mare e proprio da qui, secondo la tradizione, Egeo si gettò e trovò la morte”.
Distrutta dai Persiani nel 480 a.C., l’Acropoli viene ripensata e riedificata da Pericle: i Propilei, il Partenone, il tempietto di Atena Nike e l’Eretteo o tempio di Atena Poliade che avrebbe sostituito, nella memoria e nell’animo degli ateniesi, il “vecchio tempio” bruciato dagli invasori. La riedificazione dell’Acropoli occupa un arco temporale compreso fra il 449 e il 431 a.C., quando ha inizio la guerra dei trent’anni con Sparta. Nei secoli che seguono l’emblema architettonico della Grecia non subisce modifiche sostanziali.
Subisce però affronti di diversa natura. I Propilei diventano dimora del governatore ottomano mentre le sue centoquaranta mogli (!) vengono sistemate nell’Eretteo.
Nell’anno 1687 i Veneziani assediano i turchi (che rimarranno da dominatori per tre secoli) e il Partenone, utilizzato come polveriera, viene parzialmente distrutto da una granata. I pericoli moderni provengono “solo” dall’inquinamento atmosferico; ma questo è un problema che ci riguarda tutti e al quale dovremo, prima o poi, porre rimedio.
Dalla “collina dei lupi”, uno sguardo sulla capitale
Dalla sommità del Licabetto l’occhio spazia sull’intera Atene, sul mare, sui monti dell’Attica e, più a nord, verso il Parnitha (1.413 metri). I turisti multicolori che sciamano per la città, macchina fotografica a tracolla, vengono quassù per riposare le gambe, la vista e forse anche l’udito, frastornato non poco dalla simpatica vivacità poliglotta degli ateniesi ai quali basta captare poche parole, talvolta una semplice esclamazione, per capire da che parte arriva l’ospite. Ospite lontano mille miglia dal greco moderno (dimotikì), figurarsi da quello classico (katharèvusa) che non mancherà comunque d’ascoltare in religioso silenzio, a sera, nel teatro di Dioniso, sotto l’Acropoli.
Parole dei mitici eroi greci, scritte da Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane. Non si può non essere d’accordo con Pericle quando, secoli addietro, sosteneva che (noi greci) “…amiamo la bellezza senza affettazione e amiamo il sapere nella sua interezza”.