Mercoledì 24 Aprile 2024 - Anno XXII

Le strade del pesto e della focaccia

La “cultura”, a Genova, ha mille facce. Non esclusa quella della cucina, sublimata da un ingrediente principe: il famosissimo “pesto”, accompagnato dall’altrettanto celebre “fugassa”

pesto Basilico Genovese di Prà
Basilico Genovese di Prà

“Ligusticità”, è la parola chiave. Significa identificare e condividere i valori profondi e talvolta effimeri che caratterizzano l’essere genovese e ligure in generale. Che non è folklore o macchietta, come qualcuno poco accorto può pensare, ma valore fondante.
Non si vive in una terra di mari e di monti, senza piane, senza spazi orizzontali, per caso.
O inutilmente, senza prenderne psicologicamente atto.
Nemmeno la distruzione sistematica dei paesaggi liguri, operata negli ultimi cinquant’anni, ha potuto cancellare l’imprinting.

La “battaglia” per il pesto
Pesto genovese
Pesto genovese

Uno dei passaggi emblematici del ritorno di un certo “orgoglio ligure” è stata la battaglia (2002-2003) per far riconoscere il nome e l’origine del basilico di Genova e del pesto alla genovese. O, meglio, per impedire che altri se ne appropriassero. Succede infatti, che il “Made in Italy” non sia molto protetto a livello internazionale, se non si riferisce a grandi aziende.
E così Nestlé, tanto per fare un nome, commercializzava vasetti di salsa con il nome “pesto”, che nulla c’entravano con quello genovese. E una azienda sementiera tedesca vendeva il “basilico Genova”. Il perché è semplice: in questo campo, pesto e basilico genovese sono un marchio riconosciuto, spendibile.

Regione Liguria, associazioni, Camera di Commercio, il quotidiano cittadino “Secolo XIX” si sono ribellati a questa situazione, ottenendo alla fine dalle multinazionali il riconoscimento della proprietà di quei nomi così vincolanti per la Liguria.  Favola a lieto fine? Non proprio, ancora molto deve essere fatto. Ma, a livello simbolico, è una gran bella notizia. E la chiave per interpretare il rinnovato interesse per alcuni piatti tradizionali liguri.

Il pesto genovese è un prodotto “igp”, con il suo particolare disciplinare di produzione, sia per l’origine degli ingredienti sia per il metodo di lavorazione. Tanto da partecipare all’azione del “Conservatoire des Cuisines Méditerranéennes”, l’organismo sovranazionale che si occupa di tutelare le tradizioni gastronomiche, i mestieri dell’agricoltura e la cucina di qualità dei Paesi mediterranei.

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Basilico, pianta dei re
pesto Coltivazione di basilico in serra a Prà
Coltivazione di basilico in serra a Prà

Ma bisogna partire dall’ingrediente-principe, quell'”Ocimum basilicumim”, cioè “pianta dei re”, che ha un posto particolare nell’immaginario europeo. Pianta per i sacrifici agli dei e da imbalsamazione per gli Egizi, simbolo del lutto per i Greci, simbolo d’amore per i Romani.
Pianta magica per gli alchimisti medievali, pianta del sud mediterraneo, sinonimo di vacanze e allegria per chi vive al di là delle Alpi, oggi. Una piantina con un simile pedigree merita di essere valorizzata.

Ma com’è il basilico genovese, quello autentico? Quello di Prà è una piantina che viene lasciata crescere fino a circa dieci centimetri, su terreno sterilizzato a vapore, con foglia piccola a cucchiaio (non si deve far crescere di più, perché si indurisce e fa infiorescenza) e che si raccoglie stando coricati proni su un asse steso sopra le piantine, e si vende in mazzetti profumati e armoniosi.

Oggi c’è una cooperativa di dieci piccoli produttori, che sono il presidio territoriale. Ma è il progetto del Parco che ridà fiducia e si inserisce nella “battaglia del pesto” che i liguri hanno sostenuto per riappropriarsi delle tradizioni. Si tratta di un progetto, il Parco del Basilico, che sta muovendo i suoi primi timidi passi, a Prà, nel primo Ponente genovese. Che cosa significa Parco dedicato ad una piantina aromatica piccola piccola? Beh, significa molto.

Parco vuol dire conciliare le esigenze ambientali e di qualità (le coltivazioni, i produttori, un disciplinare per assicurarne la qualità, il rinascere della possibilità di fare buona agricoltura) con quelle economiche legate al nuovo porto di Voltri. Parco significa salvare e recuperare vecchie ville, pendii e boschi, orti fino a 500 metri, nel quadro di una gestione virtuosa delle scarse terre liguri. In una parola: il paesaggio. A Prà ci sono produttori, campi e serre, dove il basilico viene coltivato tutto l’anno, ottenendo una qualità che non è presente in altri territori, anche liguri. Villa Duchessa, in fase di restauro, diventerà sede del Parco e della Cooperativa di produttori.

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Di “pesto” ce n’è uno solo…
pesto Mortaio, pestello e tutti gli ingredienti
Mortaio, pestello e tutti gli ingredienti

Ma torniamo al pesto, che ha i suoi riti e le sue buone norme. Se si chiama “pesto”, ad esempio, vuol dire che aglio, sale e foglie devono essere pestate in un mortaio di marmo con un pestello di legno, in modo che le essenze vegetali vengano fuori a poco a poco, con il movimento dall’alto e rotatorio del pestello. E che il liquido che ne fuoriesce scivoli sul marmo per unirsi ai pinoli e ai formaggi, prima di essere amalgamato dall’olio. È un insieme di gesti sapienti che partono da ingredienti ricercati, foglie di basilico che non hanno più di due mesi, olio di oliva taggiasca, e che richiedono pazienza nell’essere eseguiti.

A Genova la cucina al basilico si può gustare in alcuni ristoranti selezionati, come ad esempio il rinomato Zeffirino (“gassette”, quadratini di pasta pizzicata al centro, al pesto); Bruxaboschi (minestrone al pesto); Edilio (taglierini al bianco di orata e basilico); Marino (tagliolini impastati al basilico); Ippogrifo (tortelloni al basilico); da Genio (sciattamaio, polpettone di formaggio “prescinseua”, patate, uovo, fagiolini e basilico), Gran Gotto (sformato all’aglio dolce con salsa di basilico). E in molti altri si trovano le lasagnette (pasta, pesto e formaggio a strati), le “trenette”, le “trofie”.

La focaccia di Recco
La "fugassa" di Recco
La “fugassa” di Recco

Recco è a pochi chilometri da Genova. Qui si coltiva un’altra tradizione importante, quella della “fugassa co-o formagggio”. Le cronache del XII secolo ne parlano come di piatto di festa, la “focaccia di semola e di giuncata appena rappresa…”. Ma è alla fine dell’Ottocento che una ostessa, la Manuelina, riesce a riproporre questo piatto. Oggi ci sono cinque panifici e nove ristoranti, più la Baracchetta sul lungomare, a proporre la focaccia, con piccole variazioni.

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La ricetta è semplice: farina di grano tenero rinforzata, acqua, olio e sale impastati e tirati in un velo sottile; mucchietti di formaggio e poi un altro velo di pasta sopra. Cottura in un forno caldo a 300 °C per pochi minuti, per ottenere un pane sottile caldo, con il formaggio sciolto, con croste e dorature di consistenza diversa, a seconda delle interpretazioni. Un tempo si usavano formaggette locali, poi è arrivato lo stracchino padano, anche se è un po’ diverso. Si è anche formato un “Comitato per la Tutela della Focaccia di Recco”, che raggruppa tutti i protagonisti della filiera, dai produttori di olio agli allevatori, dai ristoranti ai panifici, che insieme chiedono un marchio collettivo di qualità e il riconoscimento “dop”.

Ricetta del Pesto, secondo la Confraternita del Pesto
Le strade del pesto e della focaccia

Ingredienti:
Basilico genovese (non inferiore al 25%)
olio extravergine liguria dop (non inferiore al 30%)
parmigiano reggiano (15-20%)
pecorino sardo
pinoli
aglio
sale grosso
(al posto del parmigiano e del pecorino nel Levante si usa la cagliata “prescinseua”; al posto dei pinoli si possono usare le noci)

Procedimento:
Raccogliere le foglioline, privarle del gambo, lavarle e asciugarle.
Pestare nel mortaio di marmo due spicchi d’aglio e qualche grano di sale.
Aggiungere le foglie a poco a poco continuando a pestare con il pestello in senso rotatorio. Quando le foglie rilasciano un liquido verde si aggiungono i pinoli, il parmigiano e il pecorino, condendo poi con l’olio goccia a goccia.

Notizie utili

APT Genova, Via Roma 11 – Tel. 010.576791
www.apt.genova.it
www.genovatouristboard.net

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