Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

Caproni, un museo per “volare”

Museo Gianni Caproni

Ali di angeli, di demoni, di miti e di macchine volanti. Costruzioni della fantasia e dell’ingegno umano nelle quali si riflette un irrefrenabile desiderio di conquistare il cielo, da sempre regno degli animali alati

Gianni Caproni
Gianni Caproni

Il Museo Gianni Caproni di Trento ha proposto di recente una mostra dal titolo “In volo”, un percorso interattivo che ha ricostruito le tappe che hanno portato gli insetti, i rettili preistorici e gli uccelli ad affrancarsi dalla forza di gravità.
Un allestimento che poeticamente ha messo insieme l’evoluzione del volo animale con i cimeli di un pioniere dell’aviazione, l’ingegner Gianni Caproni, creando uno stimolante corto circuito tra scienze naturali e tecnologia.
Molti, approfittando della mostra, hanno avuto anche l’occasione per visitare quello che è stato il primo museo aeronautico italiano e il primo museo aziendale in Italia; negli oltre mille e quattrocento metri quadri di esposizione, propone infatti, tra gli altri, ben nove esemplari unici della storia dell’aviazione.

Dagli insetti, i primi voli

Ali di farfalle e di insetti
Ali di farfalle e di insetti

Il volo tecnologico è stato una conquista e una rivoluzione epocale nella storia umana, ma è quasi un evento di poco conto se rapportato con quanto avvenuto oltre trecento milioni di anni fa.
Allora i primi insetti incominciarono ad acquisire la capacità di volare, aprendo inusitate possibilità di evoluzione e di colonizzazione del pianeta. E se questo non fosse avvenuto, forse, la nostra pur fertile immaginazione non avrebbe mai nemmeno potuto concepire la possibilità di navigare nell’immensa massa d’aria che circonda il nostro pianeta.
La più antica traccia fossile di un essere volante è stata trovata nel corso di una trivellazione a Bitterfeld in Germania e mostra un una sorta di farfalla preistorica di poco più di due centimetri di apertura alare, vissuta trecentoventi milioni di anni fa. Gli insetti furono i primi esseri viventi a colonizzare il cielo e la nascita delle ali fu un prodigio d’ingegneria della natura. La meccanica del volo degli insetti è in parte ancor oggi sconosciuta agli scienziati, che di recente hanno realizzato il “Robofly”, un moscerino meccanico che si muove in un fluido viscoso, per permettere di studiare come gli insetti volano. Il trucco dovrebbe consistere in vortici d’aria che sospingono e sostengono l’animale, con una dinamica assolutamente diversa da quella delle ali degli uccelli e degli stessi aeroplani.

La “conquista” del cielo

Saiman 202
Saiman 202

“La mostra temporanea ‘In volo’ – spiega Osvaldo Negra del Museo di Scienze naturali di Trento – è stata ideata da Peter Fluckiger del Museo di Scienze naturali di Olten in Svizzera ed è concepita come un libero viaggio attraverso tutti gli aspetti della colonizzazione del cielo: dalla dinamica del volo ai comportamenti degli animali volanti; dai successi e dagli insuccessi dell’evoluzione fino alla conquista del cielo da parte dell’uomo. Con diorami, esposizioni interattive e visite guidate, cerchiamo di far conoscere al visitatore le tappe fondamentali della storia del volo animale.”
“Il Museo Caproni – spiega  Roberto Heger, pilota e responsabile tecnico del museo aeronautico – oltre a raccogliere la collezione di velivoli appartenenti alla famiglia Caproni, ha lo scopo di diffondere la cultura scientifica e tecnologica.

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Marchetti SM 80
Marchetti SM 80

Con il supporto di guide e di laboratori scientifici, offriamo ai visitatori una conoscenza il più possibile viva, non solo grazie al contributo dell’ingegner Caproni alla storia dell’aviazione, ma più in generale dell’aviazione come evento tecnologico principe del nostro secolo.”
In questo connubio tra museo aeronautico e museo di scienze naturali le interazioni tra il percorso naturalistico e quello tecnologico si traducono in uno stimolo continuo per il visitatore, indipendentemente dai propri interessi specifici.
Così, ad esempio, l’appassionato di aviazione coglie le infinite similitudini tra il volo degli uccelli e quello egli aeroplani; il cultore del regno animale coglie le mille astuzie evolutive che hanno fatto di insetti ed uccelli i padroni del cielo, mentre chi poco mastica di tecnologia e scienze può soffermarsi sugli aspetti antropologici che in ogni cultura hanno affidato al volare un significato simbolico.

Dai rettili volanti agli uccelli

Fossile di un uccello
Fossile di un uccello

Se gli insetti conquistarono il cielo trecento milioni di anni fa, i rettili vi provarono cento milioni di anni dopo. Delle membrane sorsero tra loro le dita, fino a trasformarsi in ali, simili per struttura a quelle dei pipistrelli.
I primi piccoli rettili volanti andarono via via trasformandosi in giganti preistorici di oltre dieci metri di apertura alare; animali capaci sia di volo battuto che di volo planato che si nutrivano prevalentemente di pesci catturati sulla superficie dell’acqua.
Quando sessantacinque milioni di anni fa le condizioni ambientali del pianeta mutarono, i grandi rettili volanti si estinsero, ma intanto, centocinquanta milioni di anni fa, il cielo era stato conquistato dai principi del volo: gli uccelli.
Ad offrire loro lo strumento fondamentale per la vittoria sulla gravità era stata la nascita delle penne. Leggere, robuste e dalla struttura aerodinamica, le penne, con tutta probabilità, nacquero come sistema di protezione termica e poco per volta si adattarono a ricoprire le ali. Forse anche alcuni dinosauri pennuti furono in grado di volare, magari planando dall’alto degli alberi, ma tracce fossili attribuiscono all’Archaeopteryx lithographica, una sorta di gazza “vecchia” di centocinquanta  milioni di anni, la palma di primo uccello della storia.
Da allora, le abilità aeree di questi animali hanno conquistato il pianeta, affinando le più sofisticate strategie e tecniche di volo. Così come gli uccelli che volano prevalentemente tra gli alberi, hanno sviluppato ali tozze e dalla pianta arrotondata che consentono grande manovrabilità, i predatori hanno evoluto ali lunghe ed efficienti per volare molte ore in cerca di prede, sfruttando le correnti aeree come gli alianti; e i migratori hanno imparato a leggere i segnali delle stelle e del campo magnetico terrestre per orientarsi con precisione impressionante lungo rotte di migliaia di chilometri.

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Poco dopo i fratelli Wright, l’Ing. Caproni

Caproni Lo studio di progettazione
Lo studio di progettazione

Se l’esposizione sull’evoluzione del volo animale è temporanea, dal 1992 il museo, proprio a ridosso dell’aeroporto di Trento-Mattarello, ospita la collezione Caproni e costituisce uno dei più apprezzati musei aeronautici permanenti del mondo. Una vera chicca per gli appassionati degli anni pionieristici dell’aviazione.
Nel 1903 i fratelli Wright fecero volare il primo aeroplano della storia e sette anni dopo Gianni Caproni, laureatosi in ingegneria al Politecnico di Monaco nel 1907, portò in volo il suo primo velivolo. Dal 1913 iniziò gli studi per un bombardiere biplano, concetto che nella successiva prima guerra mondiale ebbe largo impiego nei modelli Ca33 e Ca36. Negli anni a cavallo delle due guerre l’ingegnere trentino realizzò numerosi velivoli, dal piccolo biplano da addestramento Ca100 del 1928 all’immenso bombardiere esamotore Ca9 del 1930. Nel 1938 un suo velivolo, il Ca161 bis, raggiunse la quota di 17.083 metri, record d’altezza tuttora imbattuto per aerei con motore a pistoni. Titolare di ben centosessanta brevetti tecnici, l’ingegner Caproni fu senz’altro il padre delle prime “ali” italiane e dell’industria aeronautica del nostro paese. Morì nel 1957 a settantun anni.
Oltre a quanto resta degli aerei di sua produzione, il museo espone numerose macchine volanti che hanno fatto da pietra miliare nella storia della conquista umana del cielo, per un totale di diciannove velivoli esposti, oltre ad una numerosa collezione di cimeli, documenti e fotografie.

Perfezione del “volo” animale

Il biplano Sva 5
Il biplano Sva 5

Quanto gli uccelli siano padroni del cielo è riflesso in ogni cultura e nell’ancestrale desiderio dell’uomo di dotarsi di ali.
Il mito di Icaro, gli esperimenti di Leonardo, e ancora in tempi recentissimi, i vari tentativi di conquistare il cielo munendo l’uomo di un paio di ali posticce da battere, mostrano quanto persistente sia l’idea di imitare il volo degli uccelli. Un desiderio irrealizzabile per impossibilità tecnologica e per inadeguatezza fisica dell’uomo al volo muscolare.
Le ali sono per gli uccelli l’evoluzione di quella parte del corpo che in noi ha dato origine a braccia e mani; la “finezza” di movimento dei pennuti non è riproducibile per alcuna macchina. Milioni di anni hanno plasmato per il volo il corpo degli uccelli, riducendo la dentatura a un becco molto più leggero, evolvendo ossa cave e robuste, (ma leggerissime) e fornendoli di grandi muscoli pettorali che in proporzione al peso mai nessun uomo potrà avere di uguale potenza.
Astuzie della natura, che nelle sale del museo si vedono riflesse nelle intuizioni costruttive del pioniere dell’aviazione. Le leggerissime strutture delle ali dell’aereo Ca6 sembrano quasi confondersi con le lai di farfalle o di libellule; le forme abbozzate ed elementari dei primi aeroplani, si trasformano in velivoli efficienti e moderni, proprio come le ricostruzioni grafiche dei primi esseri volanti si sono evolute negli uccelli che conosciamo.
Nel bel mezzo dell’esposizione, il modello di un goffo uccello preistorico guarda la sala delle macchine volanti, quasi muso a muso con un biplano SVA, partecipante al raid dannunziano su Vienna del 9 agosto 1918.
Macchina e animale sembrano dialogare, suggerendo al visitatore mille riflessioni, ognuna, forse, valida da sola a giustificare una visita a questo museo davvero unico.

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