Giovedì 25 Aprile 2024 - Anno XXII

Kilkenny: cavalli, giardini e scrittori. Orgoglio d’Irlanda

Kilkenny castle-park

Il più bell’arcobaleno della mia vita m’è apparso all’improvviso nel cielo irlandese di Kilkenny, a sud est di Dublino. E chissà che alla fine di quell’arco iridato non ci fosse davvero la pentola piena d’oro di cui parla la leggenda

Kilkenny Dublino (Foto:Doublin Tourism)
Dublino (Ph: Doublin Tourism)

Il più bell’arcobaleno della mia vita m’è apparso all’improvviso nel cielo irlandese di Kilkenny, a sud est di Dublino. E chissà che alla fine di quell’arco iridato non ci fosse davvero la pentola piena d’oro di cui parla la leggenda In verità, la sua pentola d’oro l’Irlanda l’ha trovata da più di un decennio: i pronipoti di quei Kennedy o di quei Kelly che furono costretti a emigrare negli States (la bellissima Grace era d’origine irlandese, e una volta divenuta principessa di Monaco tornò in pellegrinaggio al poverissimo cottage da cui suo padre era partito in cerca di fortuna) hanno spinto a fondo il pedale dello sviluppo. Per accorgersene basta passare mezza giornata a Dublino, dove si tocca con mano il fervore d’una città che attorno alla sua celebre, antica  università – il Trinity College – vede riflettersi le sagome dei palazzi di vetro del nuovo quartiere finanziario.
La Dublino di Joyce, del crepuscolare “The Dead” – il film che il grande regista statunitense John Huston ha tratto da uno dei suoi racconti più belli – è oggi una metropoli giovane, vitale, allegra, in grande crescita economica, di cui il turismo è una delle componenti essenziali. Ma San Patrizio, il patrono della cattolicissima Irlanda di cui sono omonima, non  m’ha  condotto a Kilkenny facendo leva sulla semplice curiosità di ogni viaggiatore, ma su tre mie grandi passioni, che in questo Paese hanno punte di assoluta eccellenza: i cavalli, i giardini, e gli scrittori, così tanti e così importanti che basteranno cinque nomi a darvene un’idea: Jonathan Swift, Oscar Wilde, Samuel Beckett, James Joyce e George Bernard Shaw, di cui quest’anno si festeggia il centocinquantenario della nascita.

Contea di Kilkenny, campioni d’equitazione

Kilkenny Passeggiata a cavallo (Ph: Nutan)
Passeggiata a cavallo (Ph: Nutan)

Sicché, per me che amo i cavalli tanto da dedicar loro molti dei miei romanzi, Kilkenny non è soltanto la cittadina del meraviglioso castello medioevale, ma è soprattutto la regione degli allevamenti di Hunter irlandesi, meravigliosi soggetti che hanno primeggiato sui campi di gara di tutto il mondo. L’equitazione italiana, e i suoi più grandi cavalieri – dai fratelli Piero e Raimondo D’Inzeo a Graziano Mancinelli – devono gran parte delle loro vittorie ai cavalli irlandesi: il grigio “Ambassador”,  medaglia d’oro alle Olimpiadi di Monaco; “the Rock”, medaglia d’argento ai Giochi di Roma e due volte primo al King George di Londra; “Balinool”, sul podio ai campionati europei che si svolsero a Parigi nel Cinquantotto, vengono tutti da questa terra. E non a caso: per ogni irlandese, anche il meno abbiente, il cavallo è un vero componente della famiglia, di cui è difficile fare a meno; dietro il cottage c’è sempre un recinto dove pascola una giumenta con il suo puledrino, e non c’è giornata che non sia accompagnata dallo scalpitio degli zoccoli. Tant’è che una quindicina d’anni fa, nei quartieri popolari di Dublino, scoppiò una vera rivolta quando per ragioni di igiene e di viabilità si vietò di tenere i cavalli nei cortili dei condomini intensivi.

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Contea di Kilkenny, cavalli “Irish DOC”

Kilkenny Tenuta di Mont Juliet
Kilkenny Tenuta di Mont Juliet

Petto ampio, zoccoli grandi, arti robusti, tempra fortissima, indole indomita: non c’è cavallo irlandese che non abbia queste doti, unite a un carattere sereno. E così, anche a un’amazzone amatoriale come me, può accadere di ritrovarsi in sella a un imponente grigio di nome Henry, in un bosco della tenuta di Mont Juliet. Le scuderie del “Mount Juliet Estate” sono all’altezza della fama di uno dei più eleganti hotel-resort d’Irlanda. Ma non c’è cittadina della zona – e dell’intero paese –  che non abbia un maneggio per ogni tipo di cavaliere: che voglia fare degli stage, godersi una passeggiata, o darsi all’avventura con escursioni lunghe anche una settimana. Non occorre salire in sella per capire come mai i cavalli e l’Irlanda  siano fatti l’uno per l’altra: ampi pascoli, buoni terreni dove gli zoccoli e i tendini non si risentono, un clima che non scende mai sotto lo zero e che non sale mai sopra i ventotto gradi, la verde Irlanda, che non a caso ha per simbolo un trifoglio, è il paradiso dei cavalli e dunque anche dei cavalieri.

Contea di Kilkenny, irlandesi dal “pollice verde”

Kilkenny (Ph: Nutan)
Kilkenny (Ph: Nutan)

Ma – seconda passione – è anche il paradiso dei giardini: si sa che in ogni giardino, anche il più modesto, abita l’idea di reinventare un mondo a misura della propria anima. “E l’errore più grande che può fare chi ne progetta uno, è quello di non intonarlo al panorama circostante” raccomanda Ippolito Pizzetti, il più grande paesaggista italiano. In Irlanda ciò non accade mai, nel fazzoletto di terra davanti al cottage di una famiglia operaia come nel meraviglioso giardino della storica Dower House, una magione settecentesca che si trova a Rossanagh, nella Contea di Wicklow, dove ha soggiornato persino Thomas Moore.
Mrs. Patricia Butler (la mia omonima irlandese è, ça va sans dire, rossa di capelli e piena di efelidi) mi scorta nel suo bellissimo giardino monocromatico, tutto virato sul bianco – e chissà che Vita Sackwille West non abbia preso proprio da qui ispirazione per il suo giardino a “stanze monocromatiche”, dove si rincorrono rododendri, magnolie, camelie japoniche. Se il candido garden di Dower House è assolutamente indimenticabile, che dire allora del meraviglioso e sconfinato giardino e del bosco di Woodstok House, che si trova nel villaggio di Inistioge, nella contea di Kilkenny? Della casa ottocentesca  non è rimasto che il rudere della facciata, ma il giardino, pubblico e curatissimo, sfoggia  un’esplosione di rododendri in fiore, così grandi da diventare vere e proprie sculture naturali, ed è scandito da viali di araucarie, arricchito da fontane, da angoli rocciosi gravidi di felci. Una sorta di enciclopedia dell’arte del giardino, con un piccolo angolo – il meno fascinoso in verità – dedicato anche alle ordinate e disegnate siepi di bosso del giardino all’italiana.

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Fiori da “rubare”…

Kilkenny Marfield House
Marfield House

Ma è nelle strade provinciali, nei piccoli villaggi, nelle casette con appesa la scritta “bed & breakfast” che la vocazione botanica degli irlandesi mostra tutto il suo splendore: io che m’affanno a far prosperare in un giardino dell’Italia centrale la rustica ma capricciosissima clematide montana, quando mi son trovata di fronte intere mura completamente coperte dai fiori rosa pallido di questa pianta, ho avuto una sorta di ubriacatura in cui si mescolavano in egual misura ammirazione e invidia. Tant’è che nel giardino di Marfield House, una bellissima dimora in stile “regency” divenuta un piccolo hotel de charme, non ho resistito: un fiore della “clematis” che avvolge in un roseo abbraccio l’antica serra in vetro e ferro battuto, ora dorme nella mia rubrica: ormai secca, con il suo disegno elegante e il suo colore lieve, mi ricorda che l’intera Irlanda – Paese con una bassa densità abitativa e così intelligente da privilegiare un’industria leggera che non alteri i paesaggi – è un magico luogo di  fiori, di boschi, di torrenti e di prati. Da percorrere, se si vuole, anche a piedi: con la sua faccia da montanaro, e la sua intrepida cagnetta Pixie, Christopher Stacey è una guida capace di condurvi in una serie di tour di uno o più giorni, graduati secondo il vostro grado di allenamento e la resistenza delle vostre gambe. Per quel che mi riguarda gli ho scarpinato dietro per mezzo pomeriggio sulle rive del fiume Little Arrighe, che costeggia i resti del millenario monastero di Glendalough, nella  campagna della contea di Wicklow.

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