Giovedì 21 Novembre 2024 - Anno XXII

Ucraina, il bello dell’ “arancio”: da Kiev alle dacie della Crimea

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L’Ucraina è la nazione più estesa d’Europa. Un popolo orgoglioso e ricco di storia. Ma in occidente sono in pochi a sapere dove sia l’Ucraina, parola di Josyf, studente di ingegneria, barista a Kiev per vivere

Ucraina Bambine
Bambine vestite per una festa

Questo viaggio è davvero strano. È come entrare in un mondo sconosciuto di cui si sa davvero poco. Sembra di aprire le porte di un’altra Europa, così lontana da noi, così diversa, così inaspettata. Eppure l’Ucraina è solo a due ore di volo dall’Italia. Che abbia ragione Josyf?
“Non esagero”, risponde lui. “Forse avrete sentito parlare di Gogol, di Pushkin, dei cosacchi, dei tartari, della corazzata Potemkin, di Yalta, di Odessa, delle dacie della Crimea. Ebbene tutto ciò è l’Ucraina, ma voi pensate che sia la Russia!”. C’è da stare a lezione da questo giovane barista che si infiamma di nazionalismo.

Kiev, cuore e anima dell’Ucraina
Ucraina Kiev, Khreshchatyk foto Levchuk Volodymyr
Kiev, Khreshchatyk (foto Levchuk Volodymyr)

Il nostro viaggio inizia a Kiev, la capitale ucraina con i suoi due milioni e mezzo di abitanti, terza città della ex Urss (Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste). La megalopoli ha tutti i numeri per competere con le grandi mete europee, ricca di monumenti e di storia. All’est solo Praga e Budapest le tengono testa. La via principale Khreshchatyk è un largo boulevard che taglia in due la città moderna costruita secondo i canoni di grandiosità dell’urbanistica sovietica. Difficile definire lo stile degli imponenti palazzi che vi si affacciano; qui lo chiamano “neoclassicismo sovietico”. C’è sempre un grande affollamento.

I negozi scimmiottano le vetrine occidentali. Giovani donne sono vestite all’ultima moda, di stampo ucraino ovviamente. Hanno tacchi alti, gonne cortissime, rossetti sgargianti e trucchi esagerati. Sono quasi tutte bionde e biondissime. Si incontrano anche giovani punk con tanto di catene e bretelle ciondolanti alle ginocchia. Soldati con la faccia da bambini si fotografano reciprocamente. Kiev è adagiata sui pendii di tre colline. Per noi occidentali non è facile orientarsi: tutte le indicazioni e le scritte sono solo in cirillico. Vi sono moltissimi parchi, puliti e ordinati.

Kiev un angolo di vecchia Europa
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Kiev, Cattedrale di Santa Sofia

Il centro storico è un susseguirsi di chiese, di conventi e di monumenti che fanno parte della millenaria cultura ucraina e di quella russa. L’Ucraina è considerata infatti la patria di tutto il popolo russo la cui storia prese le mosse dalla civiltà Rus’ di Kiev, che nacque proprio qui, sulle sponde del fiume Dnepr.
Purtroppo dell’antica civiltà non rimane nulla. I tratti autentici del passato sono pochi. Il furore delle invasioni che si sono succedute hanno travolto i segni della storia. L’ultima dominazione, quella nazista, durata due anni, è stata devastante. Hanno resistito la Porta d’oro a due torri, unica superstite dell’antica cinta muraria; la chiesa di Santa Sofia, meravigliosa isola di architettura bizantina; il monastero della caverna, chiamato Lavra, un incredibile edificio religioso, in parte sotterraneo, tra i più suggestivi dell’Ucraina.

La parte antica della città è quella più piacevole, completamente diversa da quella in stile neoclassico sovietico. Sembra un angolo di vecchia Europa con forti influenze tipiche dell’architettura russa del periodo dello zar Pietro il Grande. Ci si imbatte in palazzi color pastello, bianchi e celesti, come quelli di San Pietroburgo, oppure in edifici secessione e art nouveau. Alcuni viali alberati, come via Volodymyrska, sembrano tracciati da Georges Haussmann, il pianificatore della Parigi ottocentesca. Le grandi strade celano pittoresche stradine laterali. Via Andriyvski è un’esposizione di abitazioni negli stili più vari, con motivi eclettici, presi a prestito qua e là da mezza Europa. La via in ripida discesa porta fino alla riva del fiume Dnepr, ospitando sui marciapiedi i tavoli all’aperto di piccoli ristoranti e bar.

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L’isola del revival cosacco
Ucraina Isola di Khortytsy
Ucraina Isola di Khortytsy

Si lascia Kiev in direzione sud. Tutt’intorno il paesaggio è costantemente piatto. Coltivazioni di grano si perdono a vista d’occhio. Questa è la steppa, la terra dei cosacchi, degli uomini guerrieri dai larghi pantaloni (in cui ci stavano almeno diciotto meloni!) dai lunghi baffi e con i capelli raccolti in una treccia.

Nel XV secolo il loro quartier generale era a Zaporizhzhia, sull’isola di Khortytsya che si fa largo nel bel mezzo delle acque del Dnepr. Da qui partivano le scorrerie verso il mar Nero e il cuore della Russia. Furono proprio i turchi, loro acerrimi nemici, a chiamarli cosacchi, che significa “uomini liberi”.  “Che Dio vi mandi fortuna in guerra! Che possiate battere i miscredenti, turchi e il tartarume; e se i polacchi cominciassero a fare cose contro la nostra religione, possiate battere anche i polacchi“, così raccomanda il cosacco Tarass Bul’ba ai due figli Ostap e Andrij nel romanzo omonimo di Nikolaj Gogol.

Il popolo cosacco dell’Ucraina
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Cosacchi dell’Ucraina durante un torneo

Il romanzo è una grottesca saga familiare. Storia di infinite praterie, di steppe sconfinate che i cavalli attraversavano al galoppo come fossero un mare ondeggiante. Gogol era nato in Ucraina nel 1809 nel governatorato di Poltava, poco lontano dal Zaporizhzhia. Si considerava figlio delle “canzoni della Piccola Russia, che sono: poesia, storia e tomba dei padri”.
I cosacchi furono sterminati da Stalin. Altrettanto avevano cercato di fare nei secoli precedenti gli eserciti stranieri invasori di questo estremo lembo d’Europa. Oggi, caduto il comunismo, i pochi cosacchi sopravvissuti sono usciti allo scoperto per gridare al mondo la loro identità di popolo.

L’isola cosacca di Khortytsya è un grande bosco dichiarato parco naturale. Nel bosco sono nascoste isolate fattorie dove gli abitanti coltivano una terra nerissima e fertile. Mezzo di trasporto principale, ovviamente, è il cavallo.

Le sorprese europee del Mar Nero
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Odessa, la famosa scalinata Potemkim

La città di Odessa è uno dei simboli dell’Ucraina. Dal cuore cittadino verso il porto sul mar Nero scende la famosa scalinata costruita nel 1837 dall’architetto Beaufort e ribattezzata Potemkin dopo il film del famoso regista Eisenstein. Scala celebre, di centonovantadue gradini, che il cinema ha trasformato in una tappa fondamentale della storia dell’Europa, raccontando i moti rivoluzionari.

Era il lontano 1905 quando gli operai si impadronirono del porto con l’aiuto (appunto) dell’incrociatore Potemkin e da dove spararono ripetutamente su Odessa. Resistettero così per diversi giorni prima di essere sconfitti dal fuoco dell’esercito dello zar. Oggi la scalinata è una meta frequentata dai turisti russi, i nuovi ricchi, che si “scatenano” con la macchina fotografica esibendo capi di vestiario occidentali, scarpe made in Italy e Rolex d’oro.

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Il centro di Odessa è una piccola Vienna ripensata da lontano, con bei palazzi e molto verde. Di storico c’è ben poco. La città tra il 1917 e il 1920 vide un susseguirsi di eserciti occupatori: cosacchi, austro-ungheresi, armate bianche e infine sovietici. Occupata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale e liberata dai russi nel 1944, fu quasi interamente ricostruita.

La grandiosità dell’urbanistica sovietica
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Odessa, Teatro dell’Opera

L’immediata periferia è stata disegnata con la solita grandiosità sovietica. La gente del posto descrive i successivi stadi urbanistici distinguendo tra lo stile Stalin, Lenin e Krusciov, secondo una serie di parametri: notevole altezza dei soffitti (stile Stalin), appartamenti modulari come celle (stile Lenin), piccole finestre (stile Krusciov). La via commerciale si chiama Derybasivska. Tutta pedonale, è un concentrato di “ucrainità”, una specie di sintesi di ogni genere di mercanzia che si può comprare da queste parti. Ci si siede all’aperto a bere il caffè tra venditori ambulanti, studenti e ritrattisti in cerca di un cliente.

La parte più bella della città è l’alberato Boulevard Primorskij, che si allunga alto sul porto, affiancato da palazzi ottocenteschi. Lo si imbocca proprio alla fine della scalinata Potemkin, dove è stata innalzata una statua in onore di un famoso ospite di Odessa: il cardinale Armand Jean du Plessis de Richelieu.

Lo statista francese arrivò come profugo durante la rivoluzione francese, per vent’anni fu al servizio della Russia e per dieci governatore di Odessa. Tra gli alberi c’è il busto di un altro grande: Aleksandr Sergeevic Pushkin. Il poeta venne mandato in esilio a Odessa nel 1823 dallo Zar a causa delle sue convinzioni politiche.

Spiagge di Crimea

La repubblica di Ucraina si protende sul mar Nero con la penisola di Crimea, la faccia più vacanziera e turistica. Qui venivano a svernare gli zar e più tardi, l’oligarchia comunista russa. La Crimea è abitata in grande maggioranza da russi. Gli ucraini sono solo un quarto della popolazione. Questo dato etnico incendia gli animi e solleva pericolose dispute nazionalistiche per il controllo del potere. Per trovare una pacifica soluzione a questo conflitto la penisola è stata dichiarata regione autonoma con ampia autonomia legislativa.

Sevastopol, flotta sovietica del Mar Nero
Sevastopol, flotta sovietica del Mar Nero

Sevastopol, quattrocentomila abitanti, è il primo porto della Crimea. Per chi arriva in nave, l’entrata in rada è scenografica: la città disposta ad anfiteatro è tutta di pietra bianca in stile rigorosamente neoclassico sovietico. A causa della presenza della flotta sovietica, era stata sempre chiusa al turismo. Qui gli architetti inviati da Mosca si sono sbizzarriti a loro piacimento con piazze ariose, giardini, teatri, scalinate alberate e palazzi imponenti con tanto di colonne ioniche, capitelli e trabeazioni.

La città era stata rasa al suolo durante la guerra di Crimea combattuta dal 1853 al 1856 tra la Russia e la Turchia, con l’intervento di truppe francesi, inglesi e piemontesi a fianco dei turchi. Lo scontro finale si concentrò proprio a Sevastopol e si concluse con la sconfitta russa. La battaglia è stata tradotta dal pittore Roubaud di Monaco su una lunga tela circolare che si può vedere in uno speciale museo, chiamato Panorama, dove viene ricostruito l’assedio della città.

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Le ultime tracce dei tartari e la famosa Yalta
 Bakhchysarai, Palazzo del Khan foto Tiia Monto
Bakhchysarai, Palazzo del Khan foto Tiia Monto

Da Sevastopol in un paio d’ore d’auto si giunge al villaggio di Bakhchysarai che si trova tra fertili colline coltivate a vite. Questo modesto abitato agricolo è la patria dei tartari di Crimea. Il nome Bakhchysarai, nella lingua turca, significa “città giardino”. E uno stupendo giardino deve essere stata la reggia del Khan tartaro, erede della tradizione guerriera del famoso Gengis Khan, fondatore dell’impero mongolo che assoggettò tutta la Russia fino al Dnepr.

A partire dal XV secolo Bakhchysarai fu sede del Kanato di Krym. L’antico palazzo è stato conservato intatto, com’era un tempo. Si visitano gli appartamenti del Khan, della sua famiglia, delle concubine e del suo entourage.

La perla della Crimea
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Yalta, Palazzo Livadia dove si tenne la conferenza del 1945 che divise il mondo in due blocchi

Yalta, adagiata su un ampio e verdissimo golfo, è considerata la perla della Crimea. Ma una volta in centro si rimane delusi. È un cittadina cresciuta troppo in fretta. I palazzoni di cemento deturpano il paesaggio. In via Kirova, al numero 112, si visita la casa di Anton Cechov, drammaturgo e narratore, che qui visse gli ultimi anni della sua vita. Alle porte della cittadina si susseguono gli alberghi e le dacie, tra una vegetazione lussureggiante.

In un fitto bosco, circondato da giardini che traboccano di oleandri, si trova il castello Livadia costruito dagli zar alla fine dell’Ottocento. Espropriato dai comunisti fu teatro del famoso incontro avvenuto tra i tre grandi vincitori della seconda guerra mondiale, Stalin, Roosevelt, Churchill, e passato alla storia come conferenza di Yalta. Si visitano le stanze rimaste come erano allora, in quei giorni dell’1 e 2 novembre del 1945, quando venne ridisegnato il volto dell’Europa.

Piccola storia Ucraina
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Kiev, piazza Maidan

Kiev, già nel VII secolo, era un importante centro commerciale tra il mar Nero e la Russia centrale. In contatto fra popoli e culture diverse, la città attraversò periodi di grande splendore e profonda decadenza. Ma più che la politica, qui, palpitò il cuore della Russia culturale e religiosa. Fu sede del metropolita russo e quindi centro amministrativo della Chiesa ortodossa. E qui, a Kiev, nei secoli XIV e XVI nacque l’anima ucraina, la coscienza di identità etnica.
Poeti e scrittori suonarono le corde del nazionalismo e della specificità ucraina.

Il sogno si infranse con la conquista polacca che durò circa un secolo a partire dal 1569. Poi venne la volta di Pietro il Grande che iniziò l’opera di russificazione, proseguita senza soste fino allo scoppio del primo conflitto mondiale e poi con il regime comunista.

Ma il sentimento nazionale non era certo scomparso. Sul finire del conflitto mondiale gli indipendentisti giocarono il tutto per tutto scatenando una vera e propria guerra civile contro Mosca. Allora ne uscirono sconfitti. Finalmente il 24 agosto del 1991 l’Ucraina è riuscita a coronare il proprio sogno di indipendenza.

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