Lunedì 25 Novembre 2024 - Anno XXII

Le “puntigliose” Guide di Vidari

Goethe "Viaggio in Italia"

Oggi ci sono quelle della Lonely Planet, Michelin, Touring. Tutte guide, la scelta è vastissima, pronte ad accompagnare il viaggiatore che decida di partire per un paese straniero. Ma quando il viaggio moderno era stato appena inventato, cosa c’era?

Vidari

Nel Settecento il trasferimento da un luogo a un altro ha smesso di essere esplorazione e commercio (pensiamo a Marco Polo e al suo Milione). Ma anche invasione bellica, fuga dalle persecuzioni religiose, pellegrinaggio mistico, emigrazione forzata.

Insomma la nobiltà europea scopre il “Grand Tour”. Quel lungo giro (non durava mai meno di un anno) che portava i tedeschi ad ammirare la nostra penisola. Un esempio? Viaggio in Italia di Goethe.

Oppure i francesi a incantarsi per le meraviglie del Rinascimento. Gli inglesi a cercare le dolcezze del Mediterraneo. Gli italiani ad affrontare l’unica vera metropoli allora esistente, quella Parigi che da sola contava già seicentomila abitanti. Basta leggere Monsieur Goldoni, di Alvise Zorzi. Nel libro si racconta come il commediografo quasi svenne di fronte al trambusto del traffico di carretti, carrozze, pedoni che affollavano le vie parigine.

Una guida veramente “pocket”
Vidari Guide Vidari il frontespizio
Il frontespizio

A quei tempi, come ci si regolava? Ebbene, anche allora c’erano le guide. Per giunta tascabili. Quella conservata nel settore “libri rari” della Biblioteca  Nazionale di Roma è alta 18 centimetri e larga 12. Dunque entrava comodamente nella tasca di un “milordino” (così veniva chiamata un’elegante giacca sportiva che i viaggiatori solevano portare per montare a cavallo o semplicemente salire in carrozza).
Il titolo è chiarissimo: “Il Viaggio in Pratica”, ossia “istruzione generale e ristretta per tutte quelle persone che volessero viaggiare per tutte le strade e le poste d’Europa”.

L’autore è tal Giovanni Maria Vidari, ex corriere della Serenissima Repubblica di Venezia, che sul frontespizio della sua opera, stampata nel 1753, segnala  d’essere già alla quarta edizione “opportunamente aggiornata”.
Un successo assolutamente meritato: sul libretto di Vidari, quattrocento pagine fitte, sono elencati tutti gli itinerari, le stazioni di posta, le coincidenze – anche con i battelli e i muli – necessari per arrivare senza troppi imprevisti, in qualsiasi città d’Europa.

Nei primi viaggi “guidati”, comodità zero
Vidari Pandolfo Reschi, Veduta di Firenze
Pandolfo Reschi, Veduta di Firenze

Già, perché nel ‘700 il viaggiare – benché ormai considerato indispensabile momento della formazione di un gentiluomo – era molto faticoso. Se non addirittura pericoloso. Un cronista dell’epoca lamenta “...quelle spelonche di alberghi, talora rovinosi, quei letti forse pestiferati, teneri come le pietre; le orde di insetti, la tavola da galeotti, il cattivo pane, il peggior vino, la pessima acqua, per non dire delle ladrerie dei camarieri, doganieri, postieri, postiglioni vetturali, facchini...”.

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Insomma, un inferno. Per rendersene conto basta dare un’occhiata ai diari di Casanova, che  per l’intera sua vita – a parte la prigionia nei Piombi di Venezia – fu un viaggiatore instancabile. Più che parlar di donne, Casanova racconta di carrozze dai sedili ora duri ora morbidi, di cavalli ora stracchi ora vivaci, di locande ora accoglienti ora fetide.

Il viaggiatore dell’epoca sapeva bene di non potersi fidare dei letti che gli venivano offerti. Sicché si portava dietro due pelli di cervo cucite insieme da posare sul materasso, prima di stendervi sopra le proprie lenzuola.  Evitando così insetti ed esalazioni nocive di quei letti sconosciuti e sporchi. I più raffinati non rinunciavano a una ciambella, detta “rotolo da viaggio”, di sottile pelle di pecora, riempita di piume d’oca, da sistemare attorno al collo, proprio come fanno i moderni viaggiatori che soffrono di cervicale.

Business Class ed Economy. In diligenza
Cambio dei cavalli alla stazione di posta
Cambio dei cavalli alla stazione di posta

Eppure si viaggiava. Instancabilmente, entusiasticamente. Difficile spostarsi con i propri cavalli, che si sarebbero schiantati per la fatica d’affrontare senza cambi un itinerario lungo da – poniamo – Venezia a  Parigi. Chi poteva permetterselo, viaggiava con la propria carrozza, fittando i cavalli di ricambio. Ma la maggior parte ricorreva alla carrozza di posta.

Vidari spiega con chiarezza che in carrozza esiste una ferrea gerarchia:  “… le persone che doveranno viaggiar con informazione del loro grado, rango e condizione, avranno il loro Compartimento, distribuendo chi in Carrozza, chi in Sedia”. La  “sedia”, cioè la  panca sistemata sul tetto della diligenza, era l’odierna seconda classe. E c’era anche chi, viaggiatore meno danaroso, s’accomodava a cavalcioni dei muli e dei cavalli da soma.

Viaggiare con la carrozza  pubblica dava però qualche vantaggio: le locande, che sorgevano accanto alle stazioni dove si cambiavano i cavalli (tutte connotate da nomi altisonanti: all’Aquila d’Oro, al Cigno, alla Testa Mora, all’Elefante) davano la precedenza ai servizi di posta e ai loro clienti, che garantivano continuità di lavoro.

Sicché al signore con la carrozza blasonata poteva capitare di doversi arrangiare nella più brutta delle stanze, senza finestra e senza stufa, perché le altre erano già tutte occupate. E poi, per chi amava la compagnia, c’era un certo svago in quel “... perpetuo chiacchierar coi compagni d’avventura sulla fatica di  partir, non dormir mai il suo bisogno, fare, disfare, rifare le valigie, l’andare a rompicollo colla posta, con cavalli sfrenati e viziosi, con tanti altri disastri quasi inevitabili”.

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Carrozze, barche, muli, slitte. Pur di viaggiare
Istruzione - Giovanni Maria Vidari - Google Libri (1)
Dalle pagine di Vidari

Qualche esempio degli itinerari che Vidari propone e spiega nel suo “Viaggio in Pratica”? Ecco fatto: “… nell’elenco delle strade e delle poste per andare da Venezia a Ginevra, passando per Vicenza, Brescia, Bergamo, Milano, Sempione, San Maurizio e Losanna negli Svizzeri, sono elencate tutte le fermate: Verona, Desenzano, Palazzolo, Cavenago, fino a Bergamo dove da quella Posta si va nello Stato di Milano, cioè alla Canonica, dove si paga mezzo ducatone di Milano per cavallo, ad ogni Posta”.

Con precisione assoluta Vidari avvisa che “…una volta arrivati al confine dello stato Veneto, si passa il fiume Adda in Barca. Giunti a San Secondo, ci si può imbarcare sopra il lago fino a Ginevra, pagando per la Barca a tre Remi due Luigi almeno, ma si allunga la Strada; onde è meglio, trovandoli gagliardi, andare con li Cavalli da San Secondo a Evian”.

Con altrettanto ammirevole puntiglio, Vidari allunga il suo occhio fino alla Francia (Viaggio da Venezia a Parigi, per la via di Sempione, Ginevra e Lione); alla Spagna (Viaggio da Venezia a Madrid, il più breve e spedito, per la strada di Milano, Savoja e Delfinato);  alla Germania (Viaggio da Venezia a Potsdam per Treviso, Conegliano, Codroipo, traversando il fiume Lissonzio, Lubiana, Graz, Vienna, dove si sale sui barconi dello spedizioniere Francesco Roch).

Bisaccia piena di differenti monete
 Il Brennero, per esempio, si  passava coi muli
Il Brennero, per esempio, si  passava coi muli

Ma Vidari non si limita agli itinerari che prendono il via da Venezia: indica le strade per muoversi all’interno di queste nazioni, per giungere sino a Costantinopoli, per traversare la Manica. Tutti itinerari – assicura nella prefazione – da lui stesso compiuti e verificati. Se si calcolano le ore di carrozza e di battello, o a dorso di mulo (l’impervio Brennero, per esempio, si  passava  “… coi Muli che si caricano delle robbe e delle persone che sono sopra li birrocci”) compiuti dall’infaticabile corriere, c’è da assegnargli  un posto d’onore nel Guinness dei primati.

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E non è tutto: per ogni nazione, Vidari dà istruzioni generali riguardo alla moneta e ai costi: “… per tutta l’Italia una Posta è calcolata su una distanza di circa dieci miglia, ma i prezzi cambiano a seconda che si sia nello stato Veneto, in quello Lombardo, nel regno del Papa, in Piemonte. Nella Spagna si contano Leghe e non Poste e si paga mezza Pezza da otto per cavallo per due Leghe, che viene ad essere una Posta italiana. In Germania, invece, si paga mezzo Talaro per Cavallo. L’Austria – avvisa Vidari – non chiede sovrapprezzi se a causa della neve si viaggia in slitta. In Polonia  non c’è un prezzario, sicché i postiglioni la fanno da padroni e così conviene trattare prima”.

Vidari, “travel consultant” ante litteram

Vidari

Giovanni Maria Vidari è uomo di terraferma: al massimo ha traversato la Manica, ha navigato il Danubio, la Loira, il fiume Tago, l’amato Brenta ed è “…andato per Barca per i diversi laghi Svizzeri”. Pur essendo Corriere di una delle quattro Repubbliche Marinare, il mare non sembra riguardarlo. Può sembrare una limitazione, ma è comprensibile sia così: Vidari è uomo del secolo dei Lumi, agisce negli anni in cui Diderot lavora forsennatamente alla sua Encyclopédie, guardando all’uomo e alla sua capacità di pensare, come all’unico, nuovo, laico motore dell’universo, capace di sostituirsi a Dio e al Fato.

Il mare, a quel tempo, non permetteva ai naviganti (e forse non lo permetterà mai, neanche quando ogni più piccolo battello potrà essere seguito da un satellite che ne identifichi la posizione) l’illusione di una centralità del genere. Il mare è per sua stessa definizione senza confini, senza altra lingua che quella dell’acqua, senza altra meta che il proprio orizzonte. Un’idea inaccettabile per il bravo Vidari, che del viaggio voleva sapere tutto in anticipo. Per poi spiegarlo ai propri lettori.

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