Martedì 23 Aprile 2024 - Anno XXII

Gli antichi Re neri del Camerun

Camerun Crateri sul Monte Camerun

All’ombra del vulcano più alto dell’Africa, sui monti ai confini con la Nigeria, vivono piccole ma orgogliose monarchie, rette da dinastie plurisecolari, che l’epoca coloniale non è riuscita ad estirpare e che l’attuale repubblica indipendente riconosce

Camerun I pendii del Monte Camerun (Foto:Gary Cook/Alamy)
I pendii del Monte Camerun (Foto:Gary Cook/Alamy)

C’era una volta un re. Anzi ce n’erano diversi, a nord del Monte Camerun, il vulcano attivo più alto dell’Africa, che nessuno ha visto mai perché la sua cima sta sempre sopra le nuvole. Quei re avevano la pelle nera, sapevano leggere e scrivere, sposavano molte mogli e adoravano un Dio Ragno, che nessuno ha visto mai perché sta sempre sottoterra. Poi vennero degli uomini con la pelle chiara (tedeschi, quindi francesi e inglesi) che non sempre sapevano leggere e dissero ai sovrani locali: “Non regnerete più perché siete dei selvaggi”.

Tra i monti dei neri con laurea

Camerun Ragazza di un villaggio sulla via per Foumban (Foto:Gary Cook/Alamy)
Ragazza di un villaggio sulla via per Foumban (Foto:Gary Cook/Alamy)

Invece i re neri del Camerun sono ancora ai loro posti: sopravvissuti all’epoca coloniale, passando da un dominio straniero all’altro, sono poi entrati nell’attuale repubblica sovrana che ha per capitale Yaoundé, per bandiera un tricolore giallo-rosso-verde e per presidente a vita tale Paul Biya.
Sui monti al confine con la Nigeria, in realtà, comandano da sempre solo loro: vivono in corti murate, dette “chefferies”; amministrano tasse, anagrafe e giustizia; e se si mostrano ai sudditi, sono riveriti come il Papa all’udienza della domenica.
Li chiamano “sultans, fons, lamidos o chefs”, secondo i casi (ma la sostanza è identica) e sono tuttora decine, perché ogni città e ogni tribù ha il suo re. Di tedeschi, invece, ne rimane solo uno, che poi non è un tedesco ma una tedesca, moglie (unica) di Sua Maestà Ganyonga III, il “fon” di Bali, cittadina di montagna fuori dal mondo. Un re “selvaggio”, ovviamente; parla correntemente “solo” quattro lingue europee, ha preso “solo” una laurea a Heidelberg e vanta un albero genealogico lungo “solo” come quello della casa reale d’Inghilterra.
Il viaggio alla scoperta dei re neri del Camerun, “fossili viventi” che la storia ha lasciato in eredità all’Africa d’oggi, inizia da Douala, affollata città-porto alla foce del Whouri, alias Fiume dei Gamberi. Da lì, una strada va prima alla base del “vulcano che non c’è” e poi sale tra bananeti e piantagioni di caffè nelle terre di nobili e fiere etnìe, gelose della propria autonomia: la più ricca (e più tirchia, dicono) è quella dei Bameleké, sparsa intorno a Bafoussam; la più colta (e più autorevole) è quella dei Bamoun, che ha per “capitale” Foumban.

Il re vestito di piume

Camerun Monumento al Re Njoya
Monumento al Re Njoya

Non cercate sulle carte europee i nomi di queste città: probabilmente non li trovereste, perché ai nostri atlanti importano solo le località integrate nel mondo dei bianchi: come Douala, dove navi francesi vanno a fare il pieno di frutti tropicali; o come Kibri, dove petroliere americane caricano l’oro nero di un oleodotto che arriva dal lontano Ciad, tagliando le foreste. Ebbene: Foumban non ha mai avuto relazioni di questo tipo col mondo globalizzato; quindi per gli atlanti non esiste, anche se conta sessantamila abitanti ed è stracarica di storia.
Dove inizia quella storia? Da una leggenda, come accade presso ogni popolo del mondo. A Foumban non raccontano che in principio ci furono Adamo ed Eva o Romolo e Remo, bensì otto guerrieri, uno dei quali si chiamava Nchare Yén e aveva un vestito di piume. Un giorno costui si fermò sotto un albero e, su consiglio del Dio Ragno, distribuì una piuma del suo abito a ogni abitante del Paese. E tutti, vista la sua generosità, lo vollero re. I suoi sette amici, poi, diventarono pietre immortali, che oggi si possono vedere, ventidue chilometri fuori città.
Leggenda a parte, si sa che i Bamoun giunsero nei loro attuali territori sette secoli fa, quando in Europa il Medio Evo viveva la sua ultima stagione. Provenivano da nord, ma esattamente da dove non si sa. Certo è che, contrariamente a quanto sostenevano i colonialisti europei, i Bamoun non erano affatto selvaggi: nel 1902, quando i tedeschi arrivarono su questi monti, trovarono un popolo che aveva già una sua scrittura, con un alfabeto sillabico di cinquecentodieci segni e che tramandava puntualmente l’albero genealogico della sua casa reale.

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Quando un re muore, il dio Ragno designa il successore

Il re Ibrahim Mbombo Njoya
Il re Ibrahim Mbombo Njoya

A Foumban bisogna arrivare di venerdì, quando Ibrahim Mbombo Njoya, il re in carica (il diciannovesimo della dinastia) esce dalla sua chefferie e passa tra la folla dei sudditi, che lo attende e lo osanna, ricevendo in cambio gesti benedicenti.
Attorno a Ibrahim c’è sempre un piccolo corteo di servitori: uno regge un parasole giallo, steso sul capo del sovrano, altri due sventolano grandi ventagli verdi, mentre undici guardie agitano in aria sciabole e archibugi d’epoca. Una banda civica di sole trombe chiude la piccola processione. Dicono che il delirio di folla del venerdì è nulla in confronto alle cerimonie che scattano quando un re muore. Allora tutto il Paese Bamoun scandisce le ore invocando il suo primo re: “Nchare Yén, torna da noi”. Ma i cori del lutto cessano improvvisamente non appena qualcuno vede spuntare dal terreno un ragno: quello è il dio dei Bamoun che, dopo aver parlato con gli antenati sepolti, porta i loro consigli all’erede al trono. Solo allora il nuovo re può prendere il potere e nominare il suo governo. Tra Foumban e dintorni si fa così da sempre.

Molte piramidi sui tetti. E’ la casa dei potenti

Chefferie_Bamena-foto J.Nicolas KONDA YANS
Chefferie Bamena-foto J.Nicolas KONDA YANS

Basta “zam”. E’ arrivata la Coke!Di fronte a tradizioni tanto radicate si capisce perché il Camerun, caso unico al mondo per una repubblica, riconosca i re locali. Se non accettasse questo paradosso, forse il governo di Yaoundé dovrebbe fare i conti con rivolte etniche. Così invece tutto fila liscio: i fons delle chefferies, che spesso sono colti, sprovincializzati e preparatissimi (vedi Ganyonga III a Bali) svolgono egregiamente compiti equivalenti a quelli dei nostri prefetti o governatori regionali. In qualche caso anche di più: anni fa Ibrahim era ministro dell’Istruzione.
Foumban è il clou del viaggio, ma nei due giorni (al minimo) che servono per arrivare lassù da Douala, si incontrano altre cose curiose. Prima del fiume Noun, confine inter-etnico, nel territorio dei Bameleké, colpisce per esempio l’architettura delle case, che hanno sui tetti strane piramidi. Ci sono abitazioni con una piramide sola, altre con due-tre, fino a nove piramidi. Il numero dipende dall’importanza del proprietario: gli edifici con nove vertici appartengono ai fons, quelli che ne hanno da uno a otto sono di notabili di grado crescente. Già, dimenticavamo i notabili, che nella struttura sociale delle chefferies contano quasi come i re, talvolta di più. Sono loro, infatti, che prendono le decisioni importanti, nel corso di riunioni che si svolgono di notte e con un abbigliamento rituale obbligatorio. Il “pezzo” più caratteristico di questa “tenuta parlamentare” è una maschera di legno, da tenere rigorosamente sul viso, perché (almeno in teoria) le riunioni hanno carattere segreto e nessuno deve riconoscere i colleghi, che così sono più liberi di dire la loro su ogni argomento.

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Camerun Il palazzo dei Bamoun
Il palazzo del Sultano Bamoun

Un’altra cosa da notare è la bevanda tipica camerunese: si chiama “zam”; è un liquore che si ricava dalla linfa delle palme. Che sia una bontà, è difficile giurarlo; però almeno due meriti li ha. Il primo è che lo zam ha arricchito il vocabolario locale con parole simil-francesi: vedi “zamer” (leggi “bere a volontà”), e “zamé” (leggi “ubriaco fradicio”). Il secondo merito è che l’alcol di palma favorisce la democrazia, perché quando i notabili dei “parlamenti segreti” ne bevono un po’ più del dovuto, poi sciolgono la lingua e non si auto-censurano. Da qualche tempo, però, lo zam ha un (anzi, una) rivale temibile: la Coca Cola, che è arrivata sui monti dei fons da pochi anni, ma già dilaga e sponsorizza tutto, con una pubblicità martellante. A Foumban non c’è cartello che non porti il marchio della bibita americana: lo trovate sulle insegne dei ristoranti, sulle frecce stradali, sulle magliette delle donne che vanno al mercato, persino sulla porta del carcere locale. Chi aveva detto che la capitale dei Bamoun non si trova sugli atlanti perché è estranea al nostro mondo globalizzato?

Ekon Nkam, le cascate di Tarzan

Camerun Una cascata in mezzo alla foresta
Una cascata in mezzo alla foresta

Un pezzo di Camerun l’hanno visto in molti, anche se non sono mai stati in Africa. Si tratta delle cascate di Ekon Nkam, nel territorio dei Bameleké, dove nel 1983 il regista inglese Hugh Hudson girò il film “Greystoke, la leggenda di Tarzan”, con Christopher Lambert: una riedizione in chiave ecologista della sfruttatissima storia dell’uomo-scimmia, che si guadagnò cinque nomination ad altrettanti Oscar. Le cascate (una o due, secondo la stagione e l’andamento delle piogge) sono alte ottanta metri e tagliano una fittissima foresta pluviale, tra nubi di vapori che creano un ambiente surreale. A Ekon Nkam si arriva deviando dalla strada Douala-Foumban, per una pista sterrata che inizia all’altezza di un villaggio chiamato Boyon.

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L’oleodotto, nemico dei Pigmei

La foresta pluviale (Foto:Gary Cook/Alamy)
La foresta pluviale (Foto:Gary Cook/Alamy)

Il Camerun è uno dei pochi Paesi africani dove la foresta ospita ancorcolta di frutti spontanei. I loro villaggi sono spesa tribù di pigmei che vivono solo di caccia e di racso raggiungibili esclusivamente via acqua. Due(Nguigui  e Mboungangombo, nei dintorni della città di Kibri, a est di Douala) possono essere visitati con relativa facilità, con un paio d’ore di navigazione fluviale su piroghe a motore. Questa situazione, però, non durerà a lungo, perché i pigmei stanno progressivamente abbandonando i loro villaggi per migrare nella periferia di Kibri. Motivo: nella foresta non c’è più selvaggina. A turbare il delicato equilibrio dell’ambiente è stato un oleodotto, finito nel 2003, che va dal Ciad al mare attraversando il territorio dei pigmei. La presenza pluriennale di cantieri e l’abbattimento di migliaia di alberi per creare un corridoio per la “pipeline”, hanno indotto alla fuga gli animali. E per conseguenza gli uomini.

Per recarsi nel Camerun

Occorre il Passaporto, valido per almeno sei mesi. Il visto si ottiene all’Ambasciata (via Siracusa 4/6, Roma, telefono 06 8555927).
Per quanto riguarda le norme sanitarie, è obbligatoria la vaccinazione contro la febbre gialla, mentre è consigliata la profilassi antimalarica.

Nel Camerun si parla francese e inglese, lingue entrambe di Stato. La stagione consigliata per recarvisi va da ottobre ad aprile, massimo maggio; poi ha inizio la stagione delle piogge.
Il fuso orario è quello dell’Italia; quindi nessuna variazione; con l’ora legale, al contrario, è necessario calcolare un’ora in meno.

La nostra sede diplomatica nel Paese è la seguente: Ambasciata d’Italia, Quartier Bastos, B.P. 827, Yaoundé  https://ambyaounde.esteri.it/ambasciata_yaounde/it/

Vengono organizzati viaggi organizzati dal tour-operator Kel12; www.kel12.com

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