Sarebbe proprio il caso di tirare le orecchie (non senza provvedere contestualmente a colmarne la lacuna) al lettore – specialmente se del sud Italia – che parafrasando don Abbondio si domandasse: “Dov’è? Cos’è Saragozza?”.
Perché Saragozza non può essere ignorata, dimenticata, soprattutto da chi coltiva un sia pur minimo interesse sulle vicende del Belpaese. Due sono infatti i momenti storici che legano profondamente la bella capitale dell’Aragona alla storia italiana.
In primo luogo le sue stesse origini, nel senso che Saragozza fu fondata dall’impero di Roma.
Città romana, dalla venuta del Cristo
Lo dimostra anche il nome, non molto cambiato da “Caesar Augusta”, denominazione della colonia sorta nel 14 a.C., all’attuale Zaragoza (ed essere stata l’araba Saraqusta durante i quattro secoli di dominazione musulmana, dal 714 al 1118). Allestito un attrezzato porto sull’Ebro (il maggior corso d’acqua spagnolo con foce nel Mediterraneo, a quel tempo eccellente autostrada per traffici e trasporti) e costruiti monumentali edifici (il Foro, il Teatro, le Terme, all’interno dell’abitato disegnato dal solito Cardo e Decumano) Caesar Augusta divenne rapidamente una fiorente città imperiale. Soprattutto per la felice posizione geografica che nell’epoca romana la vedeva al centro dei collegamenti stradali tra l’importante, mediterranea Tarraco (l’odierna Tarragona) e i confini occidentali, atlantici dell’impero (Augusta Emerita oggi Merida, la Lusitania (Portogallo) Asturica l’odierna Astorga, la Finis Terrae). Parimenti l’odierna Saragozza può vantare una pressoché perfetta equidistanza tra le città basche e Valencia, nonché tra Barcellona e Madrid (trecentoventi chilometri percorsi in un’ora e mezza con il treno Ave).
Capitale del Regno d’Aragona
Il secondo momento storico che collega Saragozza e il regno di cui fu capitale con le vicende occorse nello Stivale, si sviluppò dal XIII secolo alla scoperta dell’America. Dopo aver esteso la sovranità alla Catalogna e alla regione di Valencia, e successivamente alle Baleari, il regno di Aragona giunse a dominare il Mediterraneo occidentale. Da cui una presenza nel sud Italia (inizialmente in Sicilia, vedi i famosi Vespri, poi a Napoli) durata circa tre secoli se si parla di dinastia regnante aragonese e va oltre nel tempo se si fa riferimento alla Spagna unificata dai Re Cattolici (Isabella di Castiglia e Fernando di Aragona, gli “sponsors” di Colombo).
Il catalano che oggidì fa parte del patrimonio culturale di Alghero e di parte della Sardegna, altro non è che la lingua parlata nel regno di Aragona, dettaglio abbastanza importante perché evidenzia che per alcuni secoli le (allora già) potenti Valencia e Barcelona, erano politicamente e quindi storicamente inferiori alla “capitale” Saragozza.
“Sempre eroica e immortale”
Retrocessa da sede di un regno a capoluogo di una regione del nuovo Stato, nei secoli Saragozza e l’Aragona sono rimaste fedeli alla Spagna, senza rivendicazioni di autonomie e tanto meno rigurgiti di secessioni (la regione, è l’unica in cui si parli lo spagnolo o “castellano” a sud dei Pirenei, tra il basco a ovest e il catalano a est). Decisa e orgogliosa gente contadina, gli aragonesi (in Spagna detti “Maños”) si ribellarono così fieramente ai francesi di Napoleone (invero abbastanza feroci in due tragici assedi) da procurare a Saragozza il titolo di “Sempre Eroica ed Immortale”.
Ora è tempo di “Expo 2008”
Negli ultimi anni la città, divenuta dopo Franco capitale della “Comunidad Autonoma” aragonese, ha dato sempre maggior impulso allo sviluppo industriale e commerciale (importante la sua Fiera) pur non perdendo le forti connotazioni culturali (vanta il non disprezzabile privilegio di aver ospitato quattro culture: romana, ebraica, musulmana, cristiana). Ultimo importante successo di Saragozza, l’assegnazione dell’ “Expo Internazionale Zaragoza2008” (dal 14 giugno al 14 settembre 2008).
Inserita tra le Esposizioni di Aichi, Giappone (2005 “Saggezza della Natura”) e di Shanghai (2010 “Miglior Città, Miglior Vita”) la manifestazione di Saragozza assume una estrema importanza (secondo gli organizzatori ha rappresentato la carta vincente nella sfida con le concorrenti Trieste e Salonicco) per il tema proposto: “L’Acqua e lo Sviluppo Sostenibile”.
Tema dominante, il futuro dell’Umanità
Gli organizzatori dell’Expo si attendono un’enorme partecipazione, qualcosa come sette milioni e mezzo di visitatori affollanti i centoquarantacinque ettari di un meandro scelto sulla riva sinistra dell’Ebro, per la costruzione di imponenti manufatti. Su tutti svetta (settantasei metri di cristallo) la “Torre del Agua”, alla sua ombra otto padiglioni di due piani ospitanti i circa cento Paesi partecipanti (a cui si aggiunge un’altra quarantina di partecipazioni, tra Comunidades e Stato spagnolo, altre istituzioni, Ong, sponsor privati) in uno spazio coordinato secondo le grandi aree eco-geografiche del mondo: Isole e Coste, Oasi, Boschi Temperati, Foreste Tropicali, Montagne, Mediterraneo, Praterie, Steppe, Savane.
A tanti edifici si affianca l’enorme “El Parque del Agua”, centoventi ettari (l’equivalente di centoventicinque campi di calcio) che conterranno un Centro Termale, un imbarcadero, spiagge con sport acquatici, la Segreteria della “Decada del Agua 2005-2015” (di cui Saragozza sarà la “capitale”) un padiglione per incontri e manifestazioni, zone verdi ed ecologiche, alberghi, un centro equestre, spazi di ricreazione infantile, un minigolf “pitch & putt” e punti di ristorazione.
Tra i meandri dell’Ebro, il “trionfo” dell’Acqua
L’Expo è inoltre arricchita da uno slanciato ponte che contiene un vero e proprio Padiglione costruito sull’Ebro (duecentosessanta metri di lunghezza, settemila metri quadrati di superficie, piloni centrali profondi settantadue metri e mezzo, opera dell’architetto Zaha Hadid, prima donna vincitrice del premio Pritzker di Architettura) e infine completata da sei “Plazas Tematicas”, proponenti il rapporto con l’acqua delle differenti prospettive e dal “mas grande Acuario Fluvial del mundo”, con riferimento a flora e fauna dei più importanti fiumi dei continenti del nostro pianeta. Al termine della manifestazione l’Acquario resterà aperto a beneficio del patrimonio culturale della capitale aragonese (parimenti, a Expo chiusa, altre costruzioni saranno devolute a uso propedeutico, abitativo o sociale).
Una Expo particolarmente importante perché tratta il futuro dell’Umanità, attirando e dedicando la massima attenzione sul corretto e sostenibile uso dell’acqua.
Anche nelle più comuni manifestazioni pratiche (nelle quali eccellono gli abitanti di Saragozza, risparmiatori di acqua con un record di sessantaquattro ettometri a persona, a fronte dei centotrentaquattro consumati nel resto della Spagna).
Nella capitale e nel resto dell’Aragona ben settecento alberghi e ristoranti sono stati sensibilizzati in tema di risparmio e gestione del prezioso ma non inesauribile bene. Ancor più attente e severe sono le misure attuate nel recinto, negli uffici e nei cantieri dell’Expo, prima e durante la manifestazione. Un risparmio del sessanta per cento, ad esempio, è ottenuto da una cisterna ricevente acqua riciclata; sono “combattute” le bottiglie di vetro e di plastica (inquinanti, e sovente gettate dopo essere state usate solo parzialmente) mediante l’adozione di brocche: la stessa quantità di acqua sottratta all’Ebro è interamente restituita al fiume.
Città da visitare, anche dopo l’Expo
Come tutte le altre località che l’hanno preceduta nell’ospitare grandi manifestazioni di risonanza mondiale, anche Saragozza beneficerà – e ovviamente proseguirà a lungo dopo l’Expo come “onda lunga” della promozione riservata all’avvenimento – di un grande afflusso turistico (nel 2006 ebbe poco meno di ottocentomila visitatori, seicentotrentamila spagnoli e centosessantamila stranieri, di cui ventisettemila italiani).
E Saragozza “val bene una visita”, soprattutto dopo il grande lavoro di restauro, ricostruzione, abbellimento; in breve un eccellente “rilancio turistico” dedicato negli ultimi lustri alla città. Perché non è azzardato commentare – forse con eccessiva severità, ma per dovere di cronaca – che fino a qualche anno fa in una sommaria visita della Spagna non sarebbe stato un delitto “evitare” Saragozza.
La città (circa settecentomila abitanti) forse perché impegnata in un deciso sviluppo industriale, offriva un aspetto non eccessivamente curato, in pratica possedeva come unico (o quasi) richiamo turistico –
peraltro reso più importante e influenzato da forti motivazioni religiose – la barocca Basilica del Pilar e la storica piazza che la ospita (abbellita dai palazzi della “Lonja”, dell’Ayuntamiento, daresti romani e da una statua dedicata a Francisco Goya y Lucientes, mito e leggenda dell’Aragona).
Solo ultimamente, per le fortune turistiche cittadine (e quasi presentendo o già con la prospettiva di
ospitare una manifestazione) Saragozza ha proceduto a un eccellente “restyling” di palazzi, chiese, monumenti; ha allestito nuovi musei o rimodernato quelli esistenti e soprattutto ha riaperto dopo un
ventennio la Seo Catedral, splendidamente restaurata e ha restituito nuova vita, con una perfetta ricostruzione, alla Alfajerìa.
Meraviglie Mudèjar e Barocche
Da ammirare la Seo, sorta sullo spazio in precedenza occupato da un tempio romano e da una moschea: pregevole il prevalente stile gotico all’interno (magnifico il “Retablo”) all’esterno si gode una policroma parete in ottimo “Mudèjar”. La parola, in arabo “quelli che hanno avuto il permesso di restare”, diede il nome allo stile dei musulmani che – rimasti nelle terre riconquistate dai cristiani e incapaci di disegnare personaggi religiosi perché in precedenza impediti dall’Islam – decoravano chiese ed edifici civili con disegni e figure geometriche ricavate dall’uso di stucco e mattone. Tante eccellenti presenze del Mudèjar – ulteriore esempio la chiesa di San Pablo – sono valse a Saragozza il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco.
Perla dell’architettura ispano-musulmano dell’XI secolo, la Alfajerìa – residenza reale appartenuta nei secoli ai re “moros”, aragonesi e di Spagna, oggi sede delle “Cortes de Aragòn” – attira già dall’esterno per le possenti mura (indicando una torre denominata “del Trovatore”, le guide precisano compiaciute ai turisti italiani che ispirò Verdi nel comporre l’omonima opera).
Tante e piacevoli le sensazioni durante il sopralluogo. Si passa da angoli evocanti gli splendori della granadina Alhambra alle policrome decorazioni rinascimentali (magnifici i soffitti “artesonados”) dei saloni voluti dai Reyes Catolicos per udienze e ricevimenti.
Chi visita la Alfajerìa, da poco restituita al primitivo e leggendario splendore, compie una interessante carrellata nella storia spagnola e non solo.
Completano la conoscenza di Saragozza alcune belle chiese (mudèjar, barocche, neoclassiche) eleganti palazzi (molti risalenti al cosiddetto “Renascimento Aragonès”) e validi musei, di cui ben quattro dedicati alle vicende dell’imperiale Caesar Augusta (del Foro, del Teatro, del Porto, delle Terme Pubbliche) e due (il museo “de Zaragoza” e l’ “Ibercaja-Camòn Aznar”) con alcune opere di Goya.
Aragona, regione autenticamente “rurale”
Visitata Saragozza “capital” è un peccato non estendere il viaggio nella variopinta Aragona (comunidad, regione, vasta quasi cinquantamila chilometri quadrati, circa seicentomila abitanti: a nord la Francia, a ovest la Navarra e la Castilla y Leòn, a sud la Castilla-La Mancha, a est la regione Valenciana e la Catalogna).
Ovunque paesaggi agricoli, campi, greggi; le visioni non risultano mai monotone.
Si spazia dalla natura incontaminata dei Pirenei (gioiello il Parco Nazionale di Ordesa) agli aridi calanchi dei Monegros; dalle steppe di Belchite (le cui distruzioni della Guerra Civile sono conservate a monito del visitatore) alle aspre montagne del Maestrazgo. Un immenso patrimonio rurale dispensante gli ottimi prodotti della terra che esaltano l’Aragona a tavola: il “jamòn”, prosciutto di Teruel, il “ternasco”, agnello doc aragonese, le pesche giganti di Calanda (città natale di Buñuel e nota anche per le processioni pasquali, con ossessionante accompagnamento di tamburi) e i quattro vini – per corpo e struttura – che più “maños” non si può: Campo de Borja, Calatayud, Cariñena e Somontano.
Chi visiterà l’Expo di Saragozza nell’estate 2008 otterrà quindi due risultati con un solo viaggio. Conoscerà una città dalla rinata, intrigante bellezza.
E visiterà una Expo che oltre a scenografie e meraviglie estetiche bada al sodo, con progetti e proposte. Importanti per il nostro futuro.