Sabato 18 Maggio 2024 - Anno XXII

Leptis Magna, la Roma d’Africa

Quando, 2.000 anni fa, il Mediterraneo era veramente il Mare Nostrum, dall’Africa giungevano le merci più pregiate. La libica Leptis Magna era il porto di partenza

La potenza dei Severi

La testa riccioluta di una Gorgone nel Foro Severiano
La testa riccioluta di una Gorgone nel Foro Severiano

Verso la fine della strada un’apertura nelle mura introduceva al Foro Severiano, una piazza grande più o meno come un campo di rugby (100×60), l’edificio pubblico più importane di Leptis. Doveva essere il “documento programmatico” della famiglia imperiale dei Severi e tutto era magnifico, dimensioni, decorazioni (le teste delle Gorgoni delle Nereidi sembrano parlarti con lo sguardo), l’ormai diroccato tempio dei Severi che chiude a sud-ovest il lato corto, la Basilica dal lato opposto… Se c’è un monumento che può dare l’idea dell’ideologia sottesa a Leptis Magna è proprio la Basilica. Le sue dimensioni sono immense, sicuramente c’erano almeno due ordini di colonne che formavano tre navate e si pensa che la sua altezza potesse essere di almeno una quarantina di metri. Nel 216 d.C.! Le decorazioni in altorilievo raccontano i miti di Ercole e Dioniso/Bacco. Fu luogo sacro, Giustiniano la trasformò in chiesa bizantina, una parte fu adibita a sinagoga. Poi venne il declino. Quello che resta ora, però, basta e avanza per intuire la bellezza della costruzione.

Funzionalità senza tralasciare il gusto estetico

Il mercato annonario
Il mercato annonario

Veramente, approfondendo lo studio della civiltà romana ci si rende conto dell’incredibile grado di civiltà. Visitando il mercato annonario mi veniva in mente per una strana associazione d’idee il famoso cartone animato di Hanna & Barbera “I Flintstones”, dove i simpatici antenati vivevano in un mondo fatto a immagine e somiglianza del nostro con il giornale inciso su una tavola di pietra, il mammut come aspirapolvere e il dinosauro come animaletto di casa… A Leptis non c’era la plastica e nemmeno l’elettronica ma si misurava la correttezza delle misure e delle quantità delle merci con delle unità di misura ufficiali, incise nella pietra o grazie a un banchetto con dei fori imbuto per le granaglie o i liquidi. Ci sono ancora i chioschi ottagonali, i banchi dove si vendeva carne e pesce, questi ultimi, potenza della pubblicità, poggiavano su sostegni a forma di delfino. L’eleganza delle forme e l’accuratezza della costruzione dimostrano che le opere pubbliche possono (e direi, devono) essere fatte al meglio e che funzionalità ed estetica possono tranquillamente convivere.

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Il teatro e il mimo di Mediolanvm in trasferta

Veduta del teatro
Veduta del teatro

Annibal Tapapio Rufus. Un nome cartaginese e uno romano! Questo ricchissimo mercante donò a Leptis Magna e a noi il mercato e anche il teatro. Uno dei primi in muratura dell’Impero Romano. Dall’alto della cavea, dietro le quinte ornate di colonne corinzie, si vede il mare, azzurrissimo ma, soprattutto, si sente tutto quello che viene detto sul palcoscenico. L’acustica è perfetta, come sempre, visto che allora non esistevano i microfoni; c’è anche un tempietto dedicato a Cerere da Sophonibal, la figlia di Annibal. Bisogna immaginarsi il teatro ornato di molte statue, ora conservate nei vari musei, con i posti per i vip d’allora, oggi la chiameremmo “tribuna d’onore”, in marmo separati da una balaustra dalla gradinata dove sedeva la gente normale. Una curiosità, c’è rimasto il piedistallo di una statua dedicata a Marcvs Septimvs Aurelivs Agrippa, famoso mimo e attore, fatta erigere da un ammiratore. Nell’iscrizione si legge che proveniva da Mediolanvm. Italia.

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