Tra gli angoli più nascosti di Roma, vi è il suggestivo quartiere Coppedè, in grado di farci entrare nel mondo delle favole! Per visitarlo bisogna lasciare il centro storico, ma gli occhi verranno sicuramente appagati! Nel cuore del quartiere Trieste, all’inizio del secolo scorso, si decise di realizzare un nuovo quartiere per la nascente ricca borghesia di Roma Capitale. L’incarico di progettarlo e realizzarlo fu affidato a Gino Coppedè. Architetto tra i più estrosi e fantasiosi che la storia ricordi. Nato a Firenze nel 1866, iniziò in tenera età a lavorare nella bottega paterna come intagliatore, appassionandosi all’arte del dettaglio fin da piccolo. La sua formazione, interamente dedicata all’arte e all’architettura, continuò nelle scuole e nelle accademie più importanti.
Il quartiere Coppedè sorprende con opere raffinate
Fu così che all’età di soli 24 anni ottenne la sua prima importante committenza. Realizzare un vero e proprio castello per il banchiere Mackenzie nella città di Genova. Già in questa prima opera, Coppedè mostrò tutta la sua straordinaria abilità: un trionfo di forme, colori, materiali, citazioni architettoniche dal passato sapientemente modellate insieme per dare vita a un progetto che definire di stile Liberty è sicuramente riduttivo.
Dopo altri importanti lavori, venne chiamato a lavorare a Roma, per dare vita a un quartiere che stupì fin da subito i committenti e il pubblico. Una realizzazione iniziata nel 1915 ma che purtroppo è rimasta incompleta per la morte dell’architetto, avvenuta nel 1927. Ma nonostante questo, passeggiando oggi all’interno del quartiere, l’idea originaria del progetto è chiarissima: destare continue ed infinite sorprese. Ammirando infatti i palazzi e i villini portati a compimento, è impossibile non rimanere incantati davanti ad opere così raffinate, originali e stupefacenti.
I Palazzi degli Ambasciatori
Il Coppedè pensò a tutti i dettagli, compreso l’ingresso monumentale al quartiere posto su via Dora: un grande arco ornato da mascheroni, efebi ed affreschi con cavalieri medioevali accoglie il visitatore, oggi come ieri, per introdurlo nel “mondo delle favole”. L’arco collega due edifici, detti i Palazzi degli Ambasciatori, anch’essi con facciate interamente decorate da stucchi, stemmi, mosaici e personaggi che si riferiscono alla mitologia antica, come per esempio la Vittoria Alata – la dea Nike – circondata da possenti e forti aquile posta su una torre.
Di fronte, sull’altra torretta, il Coppedè decise di posizionare una delle più caratteristiche decorazioni romane: una Madonella, una piccola edicola con la Vergine e il Bambin Gesù. A Roma ce ne sono numerose, sia sulle facciate dei palazzi, sia agli angoli delle strade, ma ovviamente questa risalta per il gusto eccentrico, differenziandosi dalle versioni più classicheggianti presenti in città, a cui però certamente l’architetto si volle richiamare. A scanso di equivoci, il Coppedè decise di firmare la sua opera proprio sotto una delle colonne dell’arco monumentale.
Quartiere Coppedè La Fontana delle Rane
Superando l’arco e seguendo i Palazzi degli Ambasciatori, si raggiunge piazza Mincio, cuore del quartiere, dove il Coppedè realizzò le sue più riuscite costruzioni. Come la maggior parte delle piazze cittadine, è impreziosita da un grazioso gioco d’acqua. La Fontana delle Rane, così chiamata per la presenza, sul bordo della vasca superiore, di piccole sculture a forma di rane: un tributo alla ben più celebre Fontana delle Tartarughe in piazza Mattei (all’interno del Ghetto), impreziosita nel Seicento dalle tartarughe di Gian Lorenzo Bernini. È su piazza Mincio che si affacciano gli altri tre principali edifici del quartiere.
Il Palazzo del Ragno, così chiamato per la presenza in facciata di un mosaico a tessere bianche e nere raffigurante proprio l’animale, simbolo di laboriosità, è un chiaro riferimento alla fatica e al lavoro dello stesso Coppedè. Sul lato opposto, l’attenzione viene immediatamente catturata dallo straordinario e imponente portale d’ingresso del secondo palazzo, rimasto purtroppo senza nome ufficiale. Per la sua realizzazione, il Coppedè si ispirò alla scenografia del famoso film muto “Cabiria”, sceneggiato nel 1914 da Gabriele d’Annunzio. Tra loggette, balconcini dal gusto arabeggiante e mosaici in bianco nero, è questo il palazzo che più richiama l’Oriente e le architetture di una delle città italiane più importanti, Venezia.
Il Villino delle Fate
Il capolavoro assoluto del quartiere Coppedè è il Villino delle Fate. Qui l’estro creativo dell’architetto raggiunse i massimi livelli. La costruzione, che già nel nome palesa l’intenzione di riferirsi al mondo delle fiabe, è composta da tre villini con ingressi indipendenti. Presenta un divertente gioco di spazi alternati costituiti da torrette, cortili e logge. Un edificio di unica e rara bellezza. Coppedè volle inoltre omaggiare tre delle città italiane più importanti – Roma, Venezia e Firenze – attraverso le decorazioni che realizzò sulle facciate. Si riconoscono infatti le fiere figure dei sommi poeti Dante e Petrarca, ritratti accanto alla Chiesa di Santa Maria del Fiore con l’iscrizione Fiorenza Bella; poco più avanti si scorgono dei velieri accanto al leone di San Marco, tributo a Venezia; su un balconcino la Lupa insieme a Romolo e Remo come ovvio omaggio all’Urbe.
Tutto intorno si trovano poi altre decorazioni composite, come un trionfo di cavalieri, dame, antiche divinità romane, animaletti di ogni genere. Api, leoni alati e biscioni affondano le loro radici negli antichi stemmi araldici delle più note famiglie italiane. E ancora, vasi colmi di frutta, splendenti soli, meridiane e importanti simboli antichi come l’albero della vita.
Palazzetti e cavalieri a segnare il limite del quartiere
Addentrandosi nel quartiere Coppedè, accanto alle palazzine in semplice stile Liberty e a quelle più moderne, si potranno facilmente riconoscere gli altri palazzi realizzati dallo straordinario estro del Coppedè.
Tra questi la sede del Liceo Scientifico Statale “Amedeo Avogadro”, suddivisa in due livelli con in facciata una bella loggia, dal gusto medievaleggiante; il bel palazzetto che ospita l’Ambasciata della Repubblica del Congo, molto simile in architettura al Villino delle Fate; la dimora in Via Serchio in cui visse, fino alla morte, il tenore Beniamino Gigli; in via Clitunno, il villino dell’Ambasciata Russa, riconoscibile per il suo bugnato rustico policromo e le raffigurazioni di cavalieri, che doveva rappresentare il limite ultimo dell’intero quartiere.
Info: L’Asino d’Oro Associazione Culturale
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