Dopo il relax a Kinosaki sento il bisogno di ripartire e mettermi in movimento. Tagliando per il “lato stretto” l’isola di Honshū lascio le acque termali miracolose e mi dirigo verso sud alla volta di Himeji. Per raggiungere la cittadina mi ci vogliono circa 3 ore in treno. Himeji però si può raggiungere più comodamente da Kobe con lo Shinkansen in soli 40 minuti. Se siete in zona considerate di andarci, perché qui si trova una meraviglia dell’architettura medioevale giapponese davvero imperdibile.
Lascio i bagagli alla stazione di Himeji nei comodi ed economici armadietti e percorro a piedi la strada che conduce al castello. Questo fortezza è la vera attrattiva della cittadina. L’edificio è uno dei più belli e meglio conservati del Giappone. La sua forma si staglia bianca ed elegante nel cielo. Per questa ragione gli lo hanno soprannominato “airone bianco”: la fortezza appare così leggera che sembra si alzi in volo.
Castello di Himeji capolavoro e meraviglia di ingegneria
Alle porte del castello, la struttura vista da sotto è così imponente e maestosa che mi toglie il fiato. Il tutto è stato costruito con soli 4 materiali: legno, pietra, stucco per l’intonaco e terracotta per il tetto. Una meraviglia dell’ingegneria! È un capolavoro di incastri. Infatti si tratta di un complesso autoportante. Al centro si trova il mastio, il pilone di legno principale sui cui si reggono i 7 piani del castello; un unico tronco alto 25 metri e largo 1, sostiene l’edificio da oltre 400 anni! Attorno a esso un dedalo di scale, di sale e di finestre che si aprono all’orizzonte.
Nelle stanze più segrete si trova il “pavimento dell’usignolo”, un sistema di assi di legno che produce un suono se calpestato e che consentiva alle guardie di intercettare eventuali invasori ninja allenati a muoversi nel silenzio della notte.
A piedi nudi nella maestosità del castello
Resto colpito dalla bellezza del luogo e dalla cura con cui è conservato questo bene architettonico. Una curiosità: i pavimenti di legno sono percorribili solo senza scarpe e il suono felpato dei passi dei visitatori è suggestivo e quasi religioso. Dalle finestre si vedono i tetti con le guglie di terracotta, elegantissime ed elaborate, che raffigurano draghi, mostri e stemmi. Il tutto accentua la maestosa semplicità del castello.
Lascio Himeji e dopo un altro viaggio in treno di 3 ore arrivo a Ise, nella Prefettura di Mie, per raggiungere la mia amica giapponese Saya. Qui avrò l’opportunità di vivere una delle tappe più entusiasmanti del mio viaggio: abitare con una famiglia giapponese e respirarne l’autenticità. La serata a Ise comincia con una cena di benvenuto organizzata dalla mamma di Saya in uno dei ristoranti di sushi più eleganti della cittadina. Dopo la fantastica cena e un’affascinante lezione di furoshiki, la tecnica con cui annodare i fazzoletti per impacchettare e trasportare gli oggetti più vari, mi perdo in un sonno ristoratore nel comodo futon.
Rocce sacre nella penisola di Shima
Il giorno seguente si parte alla volta della Penisola di Shima. Ma prima facciamo tappa nella vicina Futami per ammirare le rocce sacre di Meoto Iwa, un’immagine davvero suggestiva. I due scogli che sbucano dal mare rappresentano l’unione tra le divinità maschile e femminile (Izanagi e Izanami). Divinità che hanno dato origine alle isole del Giappone e agli dei dello shintoismo. Una corda sacra unisce le due rocce, chiamate Marito e Moglie, a simboleggiare il legame tra il maschile e il femminile; ma anche la duplice natura di questa unione: terrena – sotto la fune – e divina – sopra la fune. Il vicino tempio shintoista è il luogo prediletto dalle coppie per benedire il proprio amore davanti alle rocce sacre, protettrici di tutte le relazioni e dell’atto della creazione.
La poesia delle rane al santuario di Futami Okitama
Lì vicino si trova il santuario di Futami Okitama, famoso per le sue rane, messaggere del dio Sarutahiko, che hanno il potere di esaudire i desideri dei fedeli. Questa credenza ha origine dall’assonanza della parola “rana” che in giapponese si dice Kaeru e che significa anche “ritorno di un oggetto al suo proprietario”. I fedeli versano l’acqua sacra sulla testa delle statue raffiguranti le rane per garantirsi la loro benevolenza e riavere indietro le cose perse nella vita.
Estasiato da tanta poesia e immaginazione, vorrei rimanere qui a contemplare il Marito e la Moglie di pietra uniti per l’eternità e le simpatiche ranocchie, ma bisogna partire per Shima: il papà di Saya ci aspetta. Dopo una traversata in auto arriviamo a una delle innumerevoli insenature della Ago Bay, dove il papà ha costruito una marina per il ricovero di barche e i servizi annessi. Il luogo è immerso nel verde e l’atmosfera del posto è semplice e conviviale.
Birra, saké, pesce alla brace e gita in barca a Ago Bay
Ad accoglierci un gruppo di clienti ormai amici. Ci aspettano birra, sakè e prelibatezze alla brace: la rinomata Matsusaka beef e poi molluschi come orecchie e lumache di mare giganti. In Italia le orecchie di mare e gli opercoli delle lumache di mare, noti come “occhio di Santa Lucia”, sono utilizzati più con finalità artistiche e di gioielleria. E mangiandole ne capisco il perché: sono i cibi più gommosi che si possa immaginare! Nascondo con un sorriso la sensazione di gomma e mando giù, notando l’entusiasmo dei commensali per gli “abalone” (orecchie di mare)!
Dopo il pranzo luculliano e le risate dovute alle differenze culturali tra i rispettivi Paesi, facciamo una fantastica gita in barca nell’affascinante Ago Bay, un’area protetta dalle onde del Pacifico e quindi piuttosto tranquilla. Il vento si fa comunque sentire e decidiamo di issare le vele. La vegetazione intorno è meravigliosa e le insenature aprono continuamente nuovi scorci inattesi. Alla fine di questa giornata così familiare, realizzo che per quanto diversissime sotto tanti aspetti l’infanzia e l’adolescenza mie e di Saya non debbano esser state così diverse: entrambi abbiamo avuto la gioia di crescere in un ambiente fatto di gite in barca, di semplicità e condivisione. Mi sfiora il pensiero che forse giapponesi e italiani siano più simili di quanto si possa immaginare. A parte il gusto per i molluschi gommosi, che noi usiamo solo come ornamento!
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IL PARCO NAZIONALE DI ISE-SHIMA
La Penisola di Shima è uno dei luoghi naturali più interessanti del Giappone; qui si snoda il parco nazionale di Ise-Shima, con le innumerevoli insenature ancora oggi utilizzate per la pesca e l’allevamento ittico: pesci, granchi e conchiglie che da secoli finiscono sulle tavole della corte imperiale. E la presenza a Ise del più sacro santuario shintoista del Giappone, unita alle bellezze naturalistiche, fanno di questo parco un’area da non perdere.
La corrente oceanica Kuroshio porta acque calde che assieme alle insenature, alle spiagge e alle grotte hanno consentito a cormorani, falchi pescatori e tartarughe di scegliere questi luoghi come la loro casa. Non mancano isole e isolotti costellati di aree destinate all’allevamento delle perle, che si alternano a villaggi di pescatori.
Il parco è anche zeppo di sentieri che conducono a vari punti di osservazione: dal Monte Asama, il punto più alto (555 m) da cui si può vedere il Monte Fuji, alla Strada delle Perle, dagli osservatori di Toba e Miharashi, per tornare verso il mare con i fari di Anorisaki e Daiosaki. È possibile scendere verso Matoya Bay per raggiungere Osatsu, dove si possono incontrare le Ama, una comunità di donne pescatrici che immergendosi in apnea praticano un’antica arte di pesca tradizionale che preserva il letto marino e mantiene il bio-equilibrio ittico.
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IL FASCINO DI HIMEJI E LE SUE LEGGENDE
La fortezza bianca di Himeji è dal 1993 bene Unesco patrimonio dell’umanità. Il castello più visitato del Giappone affonda le sue radici nel 1300, dopo che Himeji fu fondata dal clan Akamatsu nel 1333. Ma è nel ‘500 e nel ‘600 che il castello viene ampliato e fortificato, raggiungendo la forma attuale. Il suo ruolo di difesa militare è rimasto intatto fino al 1871, quando fu abolito il sistema feudale. E anche il suo fascino è intatto.
L’imponente base di pietra su cui poggiano le torri si staglia nel labirinto di vialetti costruiti per essere delle trappole mortali: i nemici che cercavano di raggiungere il castello si perdevano nel percorso a spirale che corre tra gli 83 edifici che lo formano, finendo per essere uccisi dagli arcieri nei vicoli ciechi.
Le tegole decorative raffigurano stemmi degli shogunati e dei clan che hanno retto il castello e sono dominate da figure di mostri guardiani, mentre le grate alle finestre proteggevano l’interno dalle frecce infuocate poiché coperte di lacca nera e d’oro per evitare incendi. E poi armerie e camere nascoste per le guardie degli shogun, pronte a muoversi super silenziose nei vari passaggi segreti del complesso.
Lo spirito di Okiku si aggira nella fortezza
Ma non mancano le leggende: si narra che il luogo sia infestato dallo spirito di Okiku, una donna accusata ingiustamente e giustiziata che si aggirerebbe ancora senza trovare pace; e che le tegole di ceramica siano magiche, in quanto proteggono il castello, rimasto inespugnato, da spiriti malvagi e orchi.
La bellezza di Himeji si ritrova anche nell’adiacente parco di Kōko-en, costituito da 9 giardini tematici in stile Edo: il giardino della Residenza, costruito attorno al laghetto delle carpe Koi, quello delle piante, il giardino della cerimonia del tè, quello della vegetazione bassa, il giardino degli alberi d’estate, quello dei pini, il giardino dei fiori, quello dei bambù, per finire con il giardino della collina e del lago, ispirati a paesaggi naturali giapponesi.
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