Il Carnevale è una festa antichissima. Nasce con la voglia dell’uomo di celebrare la vita e il passaggio dall’inverno alla primavera. Un rito che si ripete ogni anno con coriandoli e sfilate di carri allegorici. Ma è anche nella memoria della tavola che si scopre l’essenza del Carnevale e della tradizione popolare.
Il 2021 è un anno particolare in cui a mascherarsi, o meglio a mimetizzarsi, sarà proprio il Carnevale. Invece di evocare i personaggi e le grandi sfilate con i carri allegorici, facciamo sfilare un altro corteo, quello dei dolci. Un carro ad alto tasso zuccherino diffuso in tutto il Paese. I dolci carnevaleschi più diffusi sono chiacchiere o galani, crostoli, lattughe, frappe, cenci, bugie; poi la frittella classica o tortelli. Dolci buoni tutto l’anno, però si mangiano solo a Carnevale, anche se rappresentano uno dei punti qualificanti della storia gastronomica del nostro paese.
Curiosità sulla storia dei dolci di Carnevale
Questi dolci e la loro preparazione hanno una storia legata ai ritmi contadini, all’uccisione in inverno e solo in inverno del maiale. Necessario per fare scorte di salumi e prosciutti da conservare e sfamare la famiglia nel corso dell’anno. Da bambino mi è capitato di assistere più volte all’uccisione del maiale e alla sua lavorazione e alla separazione della carne dal grasso. Col grasso, abbondante, si faceva lo strutto che serviva per conservare carni cotte e salami.
E siccome nel periodo di carnevale era abbondate veniva usato per friggere e quindi si facevano anche le frittelle nelle diverse declinazioni regionali.
Il termine Carnevale deriva dal latino “Carnem Levare” che tradotto nella lingua odierna diventa “eliminare la carne”, riferendosi al periodo che precede il digiuno della Quaresima.
Le frittelle risalgono a una antica ricetta del 1100 della tradizione pasticciera degli scaleteri (nome antico dei pasticcieri) che producevano queste delizie nel periodo di carnevale. Si trovano citazioni nei testi di storia e nelle commedie di Goldoni.
I tortelli, vuoti o ripieni, sono bigné fritti. Appartengono a questa famiglia di dolci le zeppole napoletane, tradizionali anche a San Giuseppe (19 marzo), per far fuori lo strutto rimasto.
I dolci di carnevale del Friuli Venezia Giulia
Salendo tra le montagne regionali di Alpi e Prealpi con un percorso a ritroso fino alla costiera di Trieste si incontrano isole culturali e linguistiche che presentano i dolci più originali del Friuli Venezia Giulia. Durante il periodo di Carnevale si possono gustare a Sappada i Mogn Kropfen e le Orecchiette di Coniglio. Ci sono anche i Krischkilan e i Muttn, varianti locali di crostoli e castagnole. I Mogn Kropfen sono deliziosi tortelli ripieni e fritti che vengono distribuiti dai Rollate – le maschere sappadine – durante le sfilate.
Queste frittelle nascondono un ripieno di semi di papavero e miele. Esiste anche una versione semplice di ravioli fritti senza ripieno che prende il nome di Hosenearlan, poiché la forma ricorda le orecchie (Earlan) di coniglio (Hosen).
Frittelle alle erbe, strucchi e frittole
A Sauris si preparano i Vledlan (frittelle con le erbe). Per la preparazione dei vledlan si utilizzano farina, zucchero, uova arricchiti da grappa ed erbe aromatiche, come la menta selvatica e la salvia, seccate e sminuzzate, che conferiscono alla frittella un aroma delicato e inconfondibile.
Nelle valli del Natisone troviamo gli strucchi e la gubana. Morbidi bocconcini fritti di pastafrolla, con un goloso ripieno di noci, nocciole, uvetta e pinoli. Nati come dolcetto del carnevale, in passato venivano anche serviti nelle occasioni più importanti al posto dei confetti.
A Trieste, dove furono inventati i coriandoli, troviamo le frittole. Sono “polpettine ” con uvetta e pinoli, fritte e in alcuni casi farcite con crema o cioccolato. Anche i crostoli hanno una posizione di rilievo. L’impasto dolce che viene fritto ricorda molto le più conosciute chiacchiere. Non mancano poi i krapfen, dolce di origine austriaca, ma qui sono più piccoli.
Poco distante da Trieste a Opicina, sull’altopiano carsico possiamo assaporare Le frittole con l’anima (Fancli z duso). Sono frittelle ripiene di acciughe sotto sale.
A Parma, un Insipido tra le chiacchiere
È buffo pensare che nel cuore pulsante dei sapori della Food Valley, la maschera tipica sia “Al Dsévod”, letteralmente “l’insipido”; un damerino con poco carattere che ha fatto la propria comparsa in città nel 1621. Ma il vero gusto del Carnevale a Parma lo danno i dolci.
In questo periodo di festa, le strade della città sono invase dal profumo inebriante delle leggendarie chiacchiere e dai tortelli dolci fritti o al forno, ripieni di marmellata o crema.
Turtlitt ad Sant’Antoni e gonfietti a Piacenza
Per usare un gioco di parole, le chiacchiere le fanno anche a Piacenza. Solo che qui le chiamano Sprell. Gli esperti della storica Pasticceria Falicetto sono maestri del Turtlitt ad Sant’Antoni, frittelle ripiene di mostarda o crema di cioccolato, amaretto e castagne che nel 2007 hanno ottenuto il marchio De.C.O.
Anche in questo casi si tratta di un dolce di origine antica e umile, legato alla celebrazione (17 gennaio) del Santo ma poi il consumo è stato esteso al Carnevale.
Questi sono solo alcuni dei mille scherzi alla dieta – vedi i Gonfietti – che la provincia di Piacenza escogita nel periodo del Carnevale.
Castlein e intringoli a Reggio Emilia
Il “Castlein” è la maschera simbolo del Carnevale di Castelnovo di Sotto (RE). Scarpe grosse da contadino, berretta calata sulle orecchie e calzoni ascellari. Il suo compito insieme ai pagliacci e agli Sgruzzi, animatori sui trampoli, di animare di buonumore la festa.
Sul piano del dolci, Reggio Emilia non è seconda a nessuno. Carnevale qui significa vetrine di pasticcerie stipate di vassoi carichi di Intrigoni, Castagnole, Frittelle di mele, Ravioli dolci, Frittelle ripiene alla crema e Frittole.
Chiacchiere dalla Puglia
La Puglia è una regione ricca di gusto e dolcezza, così come la festa di carnevale i cui simboli sono i colori, le maschere, la felicità, che in regione non è mai troppo lontana dalla tavola di casa. Il carnevale nel meridione è avvolto da un profumo ancora più dolce.
Alcuni piatti in Puglia sono associati alla festività a cui ci si riferiscono. È automatico guardare una chiacchiera e associarla alla bellezza del carnevale. Qui si chiamano anche cenci o frappe quelle strisce dal bordo dentellato di pasta fritta e cosparsa di zucchero a velo. Una pietanza che si trova da Foggia a Lecce.
I Purcidduzzi, invece, sono tipici della zona salentina, tuttavia sono presenti anche in Basilicata e Campania. Sono molto dolci e ricchi di grassi.
Perfetti per prepararsi ad affrontare il periodo di Quaresima. Il nome gli deriva dalla forma. Assomigliano a minuscoli porcellini. Sono piccoli gnocchi realizzati con farina e acqua e arricchiti con zucchero miele e cannella.
Spostandosi a Foggia e nelle Capitanata una ricetta sostanziosa, godibile e bella anche solo da vedere, sono le Dita degli Apostoli. Questo dolce viene chiamate così per la sua forma allungata, un po’ come un cannolo. Si dice che siano state delle suore a dargli questo nome.
Il loro aspetto è paragonabile a quello di bianchi cannelloni ripieni di ricotta di vaccina e cioccolato, spezzettato o grattugiato, oppure cannella.
Leccornie di carnevale dalla Sicilia
Dalla Sicilia oltre alle tradizionali chiacchiere e castagnole c’è una leccornia unica: “testi i Turcu”, teste di turco. Si trovano in particolare a Castelbuono e nella zona di Palermo. Sono dolci al cucchiaio, composti da una delicata sfoglia ricoperta di crema al latte aromatizzata alla cannella e limone. Sono chiamati così perché secondo la leggenda vennero preparati, per la prima volta, per celebrare la sconfitta degli Arabi da parte dei Normanni.
I veri protagonisti dell’intera Sicilia, come nel resto d’Italia, restano comunque le croccanti chiacchiere. Fragranti striscette di pasta nate dall’impasto di farina, zucchero e uova e poi fatte friggere in olio bollente e poi cosparse di zucchero a velo. Le note chiacchiere discendono dai saturnali dell’antica Roma, festa in cui venivano preparate e distribuite alla folla.
Vi sono poi le sfingi di carnevale o di San Giuseppe e preparate anche per la festa del papà. Sono delle palline di pasta fritte in olio bollente e passate nello zucchero.
Nel messinese, invece, una tipica preparazione di questo periodo è la pignolata o pagnuccata, mpagnuccata, pignoccata o pignolata. Si tratta di un dolce conosciuto anche in Calabria che si presenta con delle piccole pigne ricoperte da miele. Da qualche tempo viene preparata anche una variante golosa definita come “bianca e nera”. La glassa in una parte è fatta con il limone e un’altra parte con il cacao.
Crespelle di riso e ravioli di ricotta
Un’altra proposta di dolci di carnevale sono le crespelle di riso catanesi, chiamate anche zeppole di riso. Un dolce dove il riso è la base delle crespelle che vengono fritte in olio caldo e poi coperte da una colata di miele caldo e zucchero a velo aromatizzato con cannella.
In Sicilia un’altra prelibatezza carnascialesche sono i ravioli di ricotta e i cannoli di ricotta. Per entrambi l’ingrediente principe è la ricotta. Nel primo caso, i ravioli sono fatti a mo’ di mezzelune, farcite con ricotta fresca e una spolverata di zucchero a velo. Mentre i cannoli – che oramai si mangiano tutto l’anno – vengono usati spesso per fare degli scherzi di Carnevale: ad esempio, si nasconde del cotone nella cialda e la vittima dello scherzo si ritrova così a mangiare un dolce che non è certo il vero cannolo siciliano.
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