Nelle due precedenti puntate, la “traduzione” del titolo “Cuba, spaghetti in Seminario“, i perché della mia gita (amore per il Caribe e quant’altro è o fu spagnolo) e infine alcune curiosità incontrate all’arrivo. Tra queste la vicenda delle due valute sull’isola,
il Cuc e il Cub mi hanno sottratto spazio da dedicare a descrizioni di fatterelli più futili e leggeri. Fatterelli non per questo meno utili per capire genti e vita di un posto. Rimedio subito ancorchè disordinatamente.
Varadero spiaggia, mare e divertimento assicurato
Comincio dal fondo, raccontando la fase finale del Seminario (de Periodismo Turistico) celebratasi con l’escursione a Varadero. Laddove sapevo già di trovare uno di quegli enormi “Divertimentifici Balneari” che pullulano ormai numerosi in tanti posti del mondo. La penisola, invero bella e ben tenuta, alberga ben 47 hotels lungo 25 km. Di cui 22km di altrettanto belle spiagge sabbiose. Tutte occupate (invasione in ‘sto caso benedetta dai cubani, mica quella yanqui – kennedyana della Baia dei Porci) da un esercito di villeggianti canadesi. Arrivati charter-trasportati.
Sono così tanti da costituire il 45% del turismo incoming. Il costo dei loro voli è scemato da quando gli Usa hanno annullato l’embargo antiFidel. Gli aerei canadesi diretti a Cuba possono sorvolare gli States senza dover compiere lunghe deviazioni sull’Atlantico. Non nascondendo (sarò elitario e snob ma non amo chi conferisce il cervello all’ammasso né chi te lo vuole ammassare) che mi trovo a disagio in questi peraltro servizievoli e ben organizzati MegaLager del turismo di massa. Non lamento più di tanto il mio soggiorno (comunque escludente bagni in piscina – tra cerotti post-vaccinazioni – e animazioni vestito da Superman) serenamente trascorso al bar dell’albergo in virtù di quella nobile istituzione (questa sì è una bella idea dei Divertimentifici) nota come All Inclusive.
Da giugno a novembre temporali e caldo umido
Non tutto, di Varadero, è da buttare, sembra ovvio. E vale davvero un sopralluogo (diciamocelo chiaramente, i Sciur sanno vivere bene non parliamo poi quelli d’antan) l’attuale Club House del Golf. Una splendida dimora (per la cronaca si chiama Xanadù Mansion, adesso hotel con sole 6 camere) costruita nel 1928 per Irenee Dupont, della franco-americana nonché arcimiliardaria dinastia (pressoché) padrona della chimica mondiale.
Lascio Varadero dopo aver avuto conferma dal cicerone (un solerte funzionario del ministero del turismo cubano) che la temporada dei cicloni (huracanes per gli scomparsi Caribes) va dal 1/6 al 30/11. Eppertanto chi viene da ‘ste parti (leggasi tutta l’area geografica tra il sud degli States e l’equatore) rischia di brutto i nuvoloni e per certo si becca un signor caldo umido.
La Habana dove si ammira la Spagna cubana
Molto più bella, ça va sans dire (almeno per i miei gusti, vedi sopra) La Habana, laddove mi diverto tremendamente. Il tempo non basta mai, alla ricerca di tre vicende che da sempre a Cuba mi intrigano: il glorioso passato spagnolo, il soggiorno del mio quasi-sosia Hemingway, e soprattutto la conoscenza della gente (divertente non soltanto perché mi capita sovente di trovarla nei bar).
La Habana ‘spagnola’ è molto di più della cattedrale, delle tre Plazas (de Armas, della cattedrale e quella Vecchia) e delle Fortalezas. Ma chi – come tutti i cultori della storia – sogna, fa un bel passo indietro nei secoli aggirandosi tra il Castillo de los Tres Reyes del Morro e quelli della Real Fuerza e di San Carlos.
La Cuba spagnola o se si preferisce la Spagna cubana si ammira nelle strade ottocentesche: il Prado, ad esempio, dal Malecòn al Capitolio, che fa tanto Washington); negli edifici costruiti a ‘colpi di sudore’ di gente in arrivo dalla povertà di una Spagna ormai alla frutta: l’impero un ricordo tra liti dinastiche e guerre civili. Tanti emigranti dalla Galizia han fatto sì che a Cuba per ‘gallego’ si intende uno spagnolo. Molti furono anche gli asturiani in cerca di fortuna. Chi visita il Principato nota molte ricche case degli Indianos, gli emigranti di ritorno che avevano fatto i soldi. E anche nel Vedado, quartiere più moderno della Habana vecchia, l’architettura del ‘900, di una Cuba già indipendente, profuma tanto di Spagna.
Cuba: sulle orme di Hemingway
Meno affaticante e complicato (e oltretutto più inebriante) il percorso “sulle orme” di Hemingway, non includente la Finca Vigìa, a 24 km da La Habana, dove fu scritto “Il vecchio e il mare”. Sosta al bar (e foto nella Lobby dell’hotel Ambos Mundos, nella camera 511 Ernest cominciò “Per chi suona la campana”). Proseguimento del pellegrinaggio alla Bodeguita del Medio (hemingwayano Mojito: rum, zucchero bianco di canna, succo di lime/limetta, menta/hierba buena, soda/seltz). E poi al più sussiegoso Floridita, che ahimè ‘se la tira’ un filino, a parte i quasi 6 euro per un altrettanto hemingwayano Daquiri (rum, succo di lime/limetta, sciroppo di canna da zucchero).
Non resterebbe che parlare degli Habaneros, la gente con cui ho chiacchierato durante i miei giri, ma temo di non avere abbastanza carta (almeno per questa puntata) per descrivere quante belle persone ho conosciuto. Alla prossima, quindi. (3 – continua)
P.S. A dimostrazione che non conto balle (tipo la Spaghettata al Seminario) ecco quanto scrisse la presidente della stampa turistica cubana a proposito della mia esibizione gastronomica (n.b. ancorché i lettori di Mondointasca siano gente di mondo traduco la parte finale, in cui si garantisce che dopo i miei spaghetti la Prensa turistica cubana “si leccherà de dita”) … “Le comenté a los colegas la magnífica idea de traer espaguetis y salsa para cocinarlos aqui. Y aunque aca los hay, hechos por ustedes, a lo italiano, deben quedar para chuparse los dedos”…
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