Parigi ha tante anime e gli spunti per un viaggio nella capitale di Francia sono innumerevoli. Non solo arte, gastronomia, “vie en rose”. A Parigi si può assistere anche a questo: due spazzini orgogliosi della loro divisa verde (con la scritta “Propreté de Paris”) fermano il carrello sulla strada e traggono una scaletta per togliere un cartello. Mentre uno sale a lavare il cartello di divieto di sosta, l’altro passa lo straccio sul palo che lo sostiene. Da sempre, mattina e sera, sotto i cordoli dei marciapiedi viene fatta scorrere l’acqua dell’acquedotto, che pulisce e rinfresca.
Gli stessi marciapiedi vengono lavati regolarmente con un getto d’acqua a pressione. Le macchine di aspirazione dei rifiuti, nella grande passeggiata degli Champs Elisées, sono agili e soprattutto elettriche. Per non disturbare e non inquinare. Lo stesso concetto vale per la sicurezza. Nei grandi viali pedonali i poliziotti sfrecciano in bicicletta, con la quale hanno più probabilità di acciuffare uno scippatore che a piedi o sulla moto. La moto, tra l’altro, assorderebbe. Sembrano degli atleti, con il caschetto a barre di cuoio, pantaloni attillati, stivali.
I segni del benessere
Il benessere urbano è dato da una somma di elementi quasi impercettibili, subliminali, che però penetrano intimamente. Diverso è essere circondati da pulizia, ordine, senso di rispetto per le persone e per le cose. Oppure uscire di casa e imbattersi in strade dissestate, manifesti strappati, aiuole rinsecchite, striscioni penzolanti. In buona parte della città storica, a Parigi, le strade sono asfaltate mentre i marciapiedi sono lastronati di pietre; il risultato è che le auto scorrono senza vibrazioni, e le signore d’estate non affondano i tacchi nel catrame.
Quando qualche area pedonale è asfaltata, in un angolo viene impressa a fuoco la data del lavoro. Evidentemente perché la manutenzione è programmata a cadenze regolari. Le strade urbane sono suddivise in corsie per le auto e corsie per i mezzi pubblici, e queste ultime sono rispettate. Se si è fermi in prima fila a un semaforo rosso, non ci si deve sporgere sul volante col naso in su per veder apparire il verde: tutti i semafori sono replicati, in formato mignon, sul palo, ad altezza di parabrezza. La buona amministrazione genera qualità urbana e la qualità urbana genera benessere. Il concetto è esteso ed estensibile, varca i confini materiali e diventa cultura del vivere.
Metropolitana: cent’anni di efficienza
Il metrò di Parigi, il quarto più antico del mondo, nei suoi oltre cent’anni non è mai stato fermo, nel senso che è cresciuto, si è evoluto, continua a prolungarsi con totale naturalezza. E se si continua a scavare sotto terra, da qualche anno si stanno rivoluzionando anche le superfici delle periferie, perché si è riscoperto che un tram che corre su binari sottratti al traffico e immersi in praticelli verdi, è veloce, luminoso, non inquina e arreda.
++++++Detto per inciso: il metrò di Parigi è stato il secondo al mondo, dopo Budapest, alimentato a energia elettrica; in quello di Londra i treni andavano a vapore e la gente si riempiva i polmoni di polvere di carbone. I parigini, all’inizio, si opposero alla sua costruzione, convinti che lì sotto si sarebbe morti di asfissia; il progresso li ha zittiti.
Moderno e antico: insieme senza traumi
Parigi, periodicamente, non si sottrae alla voglia di sorprendere e innesta il nuovo nell’antico: l’intervento più sconvolgente, in anni recenti, è rappresentato dalla piramide di cristallo elevata nella corte del Louvre. Sfumate le polemiche si sono capite soprattutto due cose: che era il modo più funzionale per costruire il nuovo ingresso del museo e che ogni epoca deve avere il coraggio di lasciare il proprio segno: specie nell’ambito di un palazzo eretto, a porzioni, nel corso di centinaia d’anni. Da questo coraggio sono nate, tra l’altro, la nuova Opèra, la Défense, la Villette, la Très Grande Bibliotheque e anche quel meno conosciuto palazzo di cristallo, completamente trasparente, progettato da Ricardo Bofill in Place du Marché Saint Honoré.
Sugli edifici il nome del progettista
Il moderno non manca mai di rispetto all’antico, nemmeno quando i palazzi vengono ristrutturati: la facciata è sacra, non si tocca. Capita di vederne alcune serrate da impalcature di qua e di là, come in una morsa, in cantieri che aspettano il getto delle nuove strutture; poi il palazzo rifiorirà, nella più perfetta tradizione hausmanniana, più efficiente all’interno, stilisticamente congruo nelle hall d’ingresso e più risplendente all’esterno.
Sugli edifici, antico gesto di sensibilità, è sempre incisa una scritta per ricordare progettista, impresa e anno di costruzione. Questa sensibilità per il passato non è un dato culturale occasionale, ma viene dalla naturale educazione alla bellezza di cui Parigi è sempre stata regina. Così l’amministrazione sa anche recuperare strade o aree decadute e riportarle a vita e a ruolo: esemplare è rue Montorgueil, tornata a essere un susseguirsi di botteghe, di brasserie, di latterie e pasticcerie; un vecchio mercato restaurato, pedonalizzato, con un raffinato tocco di modernismo dato dai disegni del pavé, in cubetti di porfido e di marmo di Carrara.
Stazioni “didattiche”
Nella maggior parte delle stazioni, vecchie e nuove, si coglie l’occasione per celebrare la città. Il sottosuolo si mette in sintonia con la superficie, la illustra e la valorizza. Qualche esempio: la fermata più bella è quella del museo del Louvre, dove le pareti sono rivestite di travertino, grandi nicchie ad arco ospitano statue greche e romane ed eleganti vetrine richiamano ai tesori conservati poco più sopra.
Sotto il vecchio quartiere dei giornali giganteggiano le prime pagine delle vecchie testate, sotto l’Hotel de Ville le riproduzioni di antiche stampe ripercorrono la storia del palazzo del municipio, sotto la Borsa è tutto un “gioco” di titoli azionari, sotto la Zecca, monete, banconote e matrici; alla Bastiglia, il racconto per immagini della rivoluzione.
Non ci si annoia durante le attese e c’è modo d’imparare qualcosa. Come in altrettante rappresentazioni di un’originale, ma intelligente interpretazione di museo per tutti. I musei, quelli veri, sono tanti – c’è anche il museo delle fogne – e quelli più importanti sono regolarmente aperti, una volta alla settimana, anche di sera, dopo cena. Le code sono spesso chilometriche, ma la tessera d’abbonamento multiplo, a più musei, dà anche l’accesso senza attese. Alcuni sono dei gioielli dove si respira un’aria domestica (Camondo, Jacquemart-André, Cognac); ma persino nel lussuoso e scintillante castello di Fontainbleau gli orologi a pendolo delle sale sono in funzione e segnano l’ora esatta.
Passato che vive, nel rispetto e nella continuità
Se l’ambiente urbano esteticamente lo richiede, non lo si turba con un arredo fuori stile: in mezza Parigi i lampioni sono quelli originali ottocenteschi o le loro riproduzioni moderne: identiche. Vengono tuttora riprodotte e utilizzate nella loro funzione le Colonne Morris, simili a degli stretti chioschi in ferro con la cupola, che sono supporti sui quali affiggere i manifesti degli spettacoli o delle mostre. Sullo stesso stile sono state progettate, pochi anni fa, le nuove edicole, che ridanno alle strade l’immagine che dovevano avere agli occhi di Emile Zola. La sensibilità per le “cose” si avverte anche nella quantità di brocantes, ovvero di rigattieri, diffusi anche nel più piccolo villaggio francese: perché qui si è convinti che le cose che testimoniano il passato, vanno rispettate e trasmesse esattamente come vanno rispettati gli avi e trasmessi i loro insegnamenti.
E la circolazione delle cose ha il suo perno anche negli hotel de ventes, diffusi ovunque e nel trasparente sistema di aste pubbliche che vi converge. Un sano spirito conservatore fa sì che le brasserie abbiano tutte, intatte da decenni, luci opaline e banchi in zinco, zucchero in zolle e cibo a tutte le ore; ambienti dove sembra di veder sbucare, da un momento all’altro, Georges Simenon o Jean Gabin.
Questo “benessere ambientale”, quasi invisibile ma penetrante, nasce anche da una giostra di cavalli sempre presente nel centro delle cittadine e della stessa capitale, e da un continuo, garrulo, cordiale, sorridente rincorrersi di “Bounjour! Merci!”, pronunciati a ogni contatto tra sconosciuti, per strada, nei negozi e pure – sembra incredibile – in qualunque casello autostradale.