Tra i tanti modi di viaggiare preferisco l’automobile. Facilitante un turismo, sì, più costoso, che però ti permette di muoverti come quando dove vuoi. E di portare a casa con facilità ciò che più ti è piaciuto acquistare durante il viaggio. Oggetti e prodotti: artigianato, prosciutti, libri, vini, senza essere palpeggiato né subire l’onta di mostrare le tue parti intime ai voyeurs addetti ai nuovi e tanto chiacchierati marchingegni aeroportuali.
E dato che a Madrid, in auto, mi sarò recato almeno una trentina di volte, eccomi – mentre visito la Seu Vella, antica cattedrale di Lleida, capoluogo della provincia più occidentale della Catalogna – pervaso dalla voglia di flagellarmi per non avervi mai compiuto una deviazione. Oltretutto di tempo ne avrei perso assai poco, datosi che chi percorre l’Autopista Barcelona–Zaragoza non fatica più di tanto per scorgere il campanile del citato monumento.
Voli diretti Milano-Lleida con Ryanair
Ma l’assoluzione da questa colpa (un reato che un ‘codice turistico’ definirebbe ‘omissione di bei posti da vedere’) mi giunge prontamente. Nel prosieguo della gita-stampa nella Catalunya voluta e organizzata dalla balda Cristina Gargallo, plenipotenziaria del Turismo catalano nel Belpaese, in occasione dell’apertura dei voli Ryanair Milano–Lleida. (E a proposito della compagnia aerea irlandese, breve inciso, si dica pure tutto il male che si vuole ma sia nel contempo anche lodata perché con tutti quei voli che opera fa volare e quindi fa vedere il mondo a gente che fino a pochi anni fa si guardava bene dall’oltrepassare i confini della Val Seriana o dell’Oltrepò pavese).
I segni della storia
Ma la vera protagonista della Lleida ‘antica’, nonché massima attrazione vantata dal turismo locale, è la Seu (cattedrale) Vella (vecchia). Eretta su una collina in posizione tanto strategica (sul fiume Segre, vista completa sulla pianura circostante, a nord i Pirenei) da far pensare che l’uomo vi si insediò fin dalla sua comparsa. E se la preistoria nasconde sempre qualche momento oscuro, si sa di più sugli ultimi 25 secoli. La località, divenuto la celtibera Iltirda, poi la romana Ilerda, indi l’araba Larida (i Moros vi restarono 4 secoli) e infine l’attuale Lleida in catalano (e Lerida in spagnolo o ‘castellano’ che sia). E se proprio non si rischia l’incolumità (sto ovviamente scherzando), pronunciare la parola Lerida con un catalano doc può costare una miniperdita di simpatia.
Una forte identità nazionale
Perché in Catalogna (soprattutto in questa provincia e in quella di Girona/Gerona, più conservatrici della multietnica Barcellona quanto a cultura e tradizioni) l’identità nazionale è forte. In alcuni casi quasi esasperata. E l’uso di toponimi e nomi spagnoli non solo ‘sa di Madrid’ (vedi l’italica vicenda, Milano – Roma) in termini campanilistici. Nei più accesi ‘catalanisti’ ricorda pure i quasi quattro secoli vissuti inseguendo l’indipendenza (1640, rivolta antispagnola degli Els Segadors, i mietitori, titolo dell’inno della Generalitat catalana). In effetti le differenze tra Spagna e Catalogna sono nette. Basti pensare alla diversità tra le due lingue (il catalano più ‘latino’, lo spagnolo o castigliano presenta molti sostantivi di origine araba). Alle differenti culture e comportamenti. Allo squilibrio economico (massiccia presenza industriale in Catalogna, molto inferiore nel resto della Spagna).
Facciate ripulite nella Cittadina rinata per il turismo
Scendendo dalla Seu verso il sottostante centro cittadino con Juli Alegre i Alcàzar e Angel Vidal Boldù, nostri anfitrioni ed entusiasti capi del Turisme de Lleida, sono infatti da loro informato, e ricevo pertanto confortante conferma, che se fino a pochi anni fa mi fossi sganciato dall’autostrada per dare un occhio alla loro città avrei visto ben poco, tanto da non valere la deviazione.
Molte delle belle cose che mi portano ad ammirare non c’erano (è il caso dell’interessante Museu de Lleida, Diocesà i Comarcal e della monumentale Lotjia, Palau de Congressos e Teatre). Oppure già esistevano ma andavano opportunamente rimesse in ordine. Intedo riparate, ripulite o addirittura ricostruite mediante scavi e lunghe operazioni di restauro. Ecco pertanto apparire (e stavolta sì, una visita la merita) una Lleida ‘vecchia’ con le ammirevoli facciate ‘ripittate’ delle eleganti case in stile modernista. E una Lleida ‘antica’, che lungo l’asse centrale costituito dalle strette strade medioevali, la Major e quella di Sant Antoni, propone il Palau de la Paeria (municipio, romanico civile su una facciata, neoclassico sull’altra, nell’interno intriganti scavi ben presentati) e l’Hospital de Santa Maria, dal bel gotico plateresco di fine XV secolo (pregevoli il cortile e la presentazione del soffitto nella sala di ingresso).
Luogo da visitare per vedere e meditare
Le suesposte, innegabili dissomiglianze dimostrano anche la possibile esistenza di differenti “motivazioni turistiche” tra chi viaggia a sud dei Pirenei. E invece, quanti turisti in partenza per la Catalogna si aspettano di vivere assolate Tardes de Toros (ormai del tutto scomparsi, quando mai vi furono) e passeggiare in rumorose non meno che variopinte e infiorate Calles animate da Flamencos e Sevillanas? Molti, o più di quanto si pensi. E forse forse gli addetti ai lavori turistici farebbero bene a rimarcarlo, perché c’è chi viaggia per vivere sensazioni e chi fa la valigia per andare a meditare.A Lleida, ad esempio, si va ad ammirare la bella, risorta Seu Vella, a godere le facciate delle eleganti case moderniste, a provare la sapida cucina catalana (con ovvie e chiare influenze ‘gabachas’, termine spagnolo poco esaltante per definire tutto ciò che è francese).
Argomenti che tratterò nel prossimo servizio in uscita.