Adesso è tempo di raccolta nei campi gialli intorno nel vercellese e le mondine di una volta ci sono ancora. Non più per la monda, quando per pulire le piantine di riso si dovevano tenere le mani a mollo per ore. Quella stagione è finita più di quarant’anni fa. Allora erano giovinette, ora sono tornate, signore ruspanti. Donne piene di energia da far invidia a una ventenne e hanno voglia di ricordare, di raccontarsi. Come allora hanno ripercorso in pullman lo stesso tragitto. Imboccata l’autostrada hanno cominciato a cantare e non hanno più smesso fino al ritorno a casa, la sera: versi di canzonette di una volta, quelle un po’ osé dei primi amori. E pure le altre: i canti di protesta, quando ci si batteva per ottenere le otto ore lavorative e un chilo di riso al dì.
Sono partite un sabato di fine settembre dalle province di Bologna e di Modena, da Bentivoglio, Nonantola, Budrio per arrivare tutte insieme a Trino. Un paesino della provincia vercellese, accompagnate stavolta da figlie e nipoti. Accolte dalle autorità cittadine: si festeggia per i 60 anni dalla prima proiezione in Italia del film “Riso Amaro” di De Santis, che girò alcune scene nella Cascina Veneria, a Lignana non molto lontano dal paese.
La febbre della risaia del vercellese
Le mondine emiliane non sono nuove alle “trasferte” piemontesi. Da qualche anno non ne possono fare a meno, vogliono tornare nelle risaie. È come una febbre, dicono. In effetti, a vederle e ad ascoltarle se ne capisce il perché.
Poco più che adolescenti facevano fagotto per la stagione, cappello a larghe tese sul capo e calzoncini corti da far fischiare i giovanotti e sparlare le malelingue. Le chiamavano “foreste”, forestiere, e per quaranta, cinquanta giorni d’estate stavano curve nei campi di riso allagati. Chine a togliere erbacce infestanti sotto il sole a picco, con le dita ferite e la pelle irritata dalle punture degli insetti.
Fatiche e sacrifici sì, ma anche tanto altro. Racconta una di loro: la risaia significava entusiasmo e spensieratezza, sorriso di giovani donne che lasciavano per un periodo dell’anno fratelli, padri o mariti per lavorare e ritrovare in qualche modo la propria indipendenza. La libertà dalle morse dei divieti delle famiglie d’origine. Ecco perché tornare dopo tanti anni qui è come sentire di nuovo l’energia di allora, quando si aveva la forza di superare tutto.
I “capillari” della piana vercellese
Prendendo l’ex Strada Statale 445 che da Vercelli prosegue verso sud-ovest in direzione di Crescentino, le voci di questa memoria contadina si materializzano. Ci si fa strada attraverso la piana vercellese che è tutta un brulicare di risaie. A seconda del periodo dell’anno in cui si capita da quelle parti il paesaggio muta in continuazione e radicalmente.
Terre d’acqua, mare a quadretti, sono le immagini più usate per descrivere i rettangoloni pianeggianti allagati dalla metà di aprile e per tutta l’estate, che lasciano il passo al giallo oro delle pannocchie mature e alle mietitrebbia in azione nei mesi di settembre e ottobre.
A osservare il reticolato dei campi il pensiero va alla geniale opera di irrigazione avviata a metà Ottocento da Cavour. Il canale fondato dallo statista piemontese parte dal fiume Po all’altezza di Chivasso e attraversa tutta la pianura fino al Ticino, a Galliate (Novara). Un intervento monumentale che alimenta i “capillari” irrigui che negli anni hanno trasformato Vercelli nella prima provincia europea del riso.
Tra le grange, antichi mulini e set di film
Il territorio del vercellese ha riscoperto negli ultimi anni una vocazione inedita, quella turistica. È stato istituito l’EcoMuseo delle Terre d’Acqua. Un circuito diffuso, nel senso che comprende varie aree del territorio e intende salvaguardare le tradizioni e la cultura contadina della piana risicola. Si organizzano attività didattiche, visite guidate e itinerari (info ecomuseo.schole.it). Dell’Ecomuseo fa parte l’Antico Mulino San Giovanni a Fontanetto Po, un esempio incredibile di archeologia industriale. La riseria infatti è alimentata solamente dalla forza dell’acqua e gli ingranaggi e le cinghie di trasmissione ancora oggi si muovono e funzionano alla perfezione.
Lungo la strada che porta a Crescentino si incrociano poi le indicazioni delle tipiche cascine padane, bassi edifici a corte chiusa disseminati tra una grangia e l’altra. Le grange, letteralmente i “granai”, erano le grandi tenute agricole tracciate dopo la bonifica dai Cistercensi che in età medioevale introdussero la coltura del riso in queste zone. Molti casolari sono ancora produttivi e disponibili ad accogliere i visitatori (per l’elenco completo visitare www.atlvalsesiavercelli.it).
Storica è la cascina Veneria di Lignana, una tenuta di origine seicentesca che nel 1948, si diceva, fu set delle riprese di De Santis. Non è rimasto molto del fascino del film, semmai la suggestione dovuta al fatto di sapere che qui recitarono la Mangano e Gassman; oggi la Veneria, con i suoi 700 ettari, è praticamente l’azienda risicola più grande della zona e vale la pena visitarla per vedere come funzionano dall’interno le varie fasi di lavorazione del cereale.
Il vercellese tra riso e ricordi
Riserva ben altre emozioni la visita alla Colombara, un’altra cascina cinquecentesca vicino a Livorno Ferraris. Nei momenti di massima espansione il casolare ha accolto nella sua corte fino a 35 famiglie, per un totale di 300 persone impiegate nei campi e nelle stalle. Dopo un lungo periodo di abbandono, da qualche anno l’azienda agricola ha ripreso a coltivare e a lavorare il riso, e a tramandare la sua memoria contadina e popolare.
Qualche anno fa, nel 2004, Mario Donato, un grintoso e appassionato ex-inquilino della cascina, oggi responsabile culturale della Proloco, ha pensato bene di non disperdere quel patrimonio. È palpabile l’entusiasmo con cui racconta la sua avventura. Il primo passo fu chiedere al proprietario il permesso di risistemare i vani dell’edificio. A cominciare dall’officina del fabbro ha ridato gradualmente vita anche al “laboratorio” del sellaio, all’aula scolastica in cui nei primi decenni del secolo i piccoli abitanti del casolare seguivano le lezioni con pallottoliere, pennino e carte geografiche ricollocati al posto giusto.
Il museo della gente
Mario ha rimesso anche mano a due abitazioni di braccianti e con l’aiuto della gente che conosce, nonne e anziani del posto, ha ricreato i due ambienti così come dovevano apparire a inizio Novecento e negli anni ’40.
La dedizione di Mario ha portato anche alla risistemazione del vecchio dormitorio delle mondine, che ha accolto le ultime lavoranti non molto tempo fa, nel 1965. Nello stanzone si susseguono due lunghe file di brandine con gli abiti logori, le riviste, le foto degli innamorati lontani appese sulla testa dei giacigli di ferro e paglia. E la mente ritorna alle giovani mondine emiliane, venete o lombarde che qui si ristoravano dopo le fatiche del giorno, e cantavano e sognavano.
Forse i sogni di allora non si sono realizzati ma la voce e la voglia di vivere rimane ancora sui pullman che oggi scaricano le ex-ragazze delle risaie del vercellese per il loro viaggio annuale nella nostalgia.
Informazioni turistiche Atl Valsesia Vercelli www.atlvalsesiavercelli.it/
Associazione Ricreativa Culturale “La Clessidra”: www.laclessidra-nonantola.it
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