Nigeria
– Petrolio à gogò eppoi nient’altro. O meglio, tanti numeri un filino impressionanti: è infatti grande più di tre volte l’Italia per 130 milioni di esseri catalogati Yoruba, Hausa, Ibo, Fulani, Ibibo (ecc. ecc., ma quante etnie ci sono!?)
che ogni tanto non vanno poi così d’accordo (qualche attento nonché anziano lettore alzerà le orecchie leggendo Biafra, di cui una tentata sanguinosa secessione con ovvia partecipazione mercenaria). Machete e kalashnikov ad libitum per periodici festival dello sgozzamento. Turismo? Un po’ le poche simpatie interetniche (forse il British Empire esagerò un filino a mettere insieme tanta gente diversa) un po’ l’orrida posizione (Golfo di Guinea, poco sopra l’Equatore coste lagunose nel delta del fiume Niger), morale: anche chi resta a Busto Arsizio non sbaglia.
Norvegia – Dalla Nigeria alla Norvegia, ma solo per motivi alfabetici. Perché non solo cambia la temperatura (che però in Norvegia non è mai tragica grazie alla benefica Corrente del Golfo, ma varia pure (e di molto) l’appeal turistico. E visto che tutti (si spera) sanno “dov’è e quant’è grande”, lo spazio previsto per il Paese scandinavo sia dedicato ai (raccomandati, meglio se in giugno e luglio) viaggi.
Il primo lo compì il veneziano Querini a metà del Quattrocento, la sua vicenda, robb de matt: all’altezza del Portogallo si ruppe il timone della nave e si ritrovò alle isole Lofoti, e lì, oltre a svernare, imparò la intrigante faccenda del Merluzzo alias Baccalà alias Stoccafisso. E fu così che dopo quasi sei secoli a Sandrigo e dintorni (Festival a metà settembre) si mangia un Baccalà alla Vicentina da inginocchiatoio (procuri il lettore di vedere un eccellente documentario sulla vicenda di Querini, forse il Turismo Norvegese lo possiede). Baccalà a parte, Norvegesi sono oltretutto gente assai per bene (e un popolo serio, mica quaquaraquà).
Nuova Zelanda – Agli antipodi (quindi lontani dalle polveri sottili di via Juvara a Milano) in due isole (magnifica quella Meridionale che per il ribaltone australe è nordica e quindi piena di bei ghiacciai tra fantastiche montagne) grandi quasi come l’Italia e soltanto in poco più di quattro milioni: da ciò si evince che i Neozelandesi non possono non spassarsela alla grande (e difatti misurano l’immigrazione con il contagocce, mica scemi). E sono pure brava gente contrariamente alla “logica delle distanze” (se i già lontani Australiani discendono dai galeotti, chissà di chi sono figli gli ancor più lontani Neozelandesi). Invece no: sembrano bellicosi (vedi la danza degli All Blacks) ma lo fanno solo per gioco, nel senso del Rugby.
Altri luoghi comuni, i Maori e il Kiwi (sia uccello che frutto). Buona la cinematografia (chi non ricorda Lezione di Piano, Jane Campion, 1993, film sporcato soltanto dalla tragica volgare battuta, quasi un sottotitolo “Lei suona il piano, lui la tromba”?). Per ora poco noti ma con grande avvenire, i vini. Nuova Zelanda: vale la pena farci un salto.
Oman – Sbaglia chi fa di ogni erba un fascio sbattendo questo sultanato sul Mare Arabico con gli emirati del Golfo Persico. L’Oman è bello grande, con una variatissima morfologia che fa godere un’infinità di panorami. Enormi investimenti (solito petrolio) fanno ritenere che come destinazione turistica l’Oman diventerà di moda. Ma fortunatamente sarà difficile rovinarlo con cemento e Villaggi di cartapesta all inclusive (più grande dell’Italia, solo due milioni e mezzo gli abitanti, coste à gogò, hai voglia a sparare dodici allineate e coperte file di ombrelloni come piace ai nostrani ricchi vacanzanti al versiliano “Forte”).
Paesi Bassi – E vabbè, diciamolo subito, Tulipani. Poi la Klm (il cui fallimento non ha insegnato niente all’Alitalia; ma ad Amsterdam è il loro mestiere far di conto mentre a Roma sperano ancora nel sacrestano che fa il giro dell’elemosina durante la messa) indi gli zoccoli di legno, il formaggio a palla e quanto a pallone (per i milanisti) Gullit, Rijkard, Van Basten (meglio non citare anche Van Gogh sennò il patron del Milan Galliani chiederebbe quanto costa). Grandissimi turisti, gli Olandesi. Potete capitare nel più inaccessibile buco del sedere del mondo e – statene sicuri – vi troverete un’auto con la targa arancione. Non per niente (altro luogo comune) vige la vicenda dell’Olandese Volante. Meglio comunque che facciano i turisti piuttosto che i pirati (quanto oro hanno fottuto, arrembando i galeoni dell’Impero spagnolo).
Pakistan – Islami Jamhuriya-e-Pakistan 800.000 chilometri quadri e 150 milioni di abitanti. Sì, proprio il Paese della (povera) Benazir Bhutto e del (tristino) generale Musharraf. Posto incasinato. Andarci? Turismo zero (o uno, nel senso di un turista, Bin Laden, che però non si sa in che residence del Pakistan soggiorni).
Palau –
In Micronesia (ce n’è anche una in Sardegna) l’arcipelago più
occidentale delle Caroline (in onore di Carlo II di Spagna, 1686) da
non confondere con le Marianne (Guam e Saipan, più a nord, in onore di
Mariana d’Austria vedova di Filippo IV di Spagna). Palau, repubblica
indipendente, in realtà protettorato Usa, è piccolina (meno di
cinquecento chilometri quadrati per 21.000 abitanti) ed è pure bella
assai (parola dello scrivente). Fantastiche le Rock Islands (valgono il
viaggio) verdi rocciose semisfere, ricoperte di vegetazione, affioranti
sul mare turchese. Per i sub (e non) meravigliosa la Blue Hole (fossa
d’acqua dagli impensabili riflessi).
Il mitico Cousteau definì il
mare di Palau “il più bello del mondo” (ma se è per questo lo disse di
altri cinquanta o sessanta posti). Per i matusa, fans dei films di John
Wayne, in circa mezz’ora di volo si va a Peleliu (sbarco dei Marines e
tante tracce della battaglia con i Japs).
(Puntata numero diciassette, segue…)