Lunedì 25 Novembre 2024 - Anno XXII

Liguria di frontiera

Il verde di giardini segreti, le tracce dei primi insediamenti umani, l’amore per il territorio e per la vita all’aria aperta. Tutto questo, dalle parti di Ventimiglia

Ventimiglia
Ventimiglia

Non tutti sanno che a Ventimiglia ,nella Liguria di frontiera  nel cuore della città medievale alle spalle di quella via Garibaldi che la taglia da porta Nizza alla cattedrale costituendone il principale asse viario, i palazzi gentilizi d’impianto cinquecentesco custodiscono un segreto: i giardini pensili aperti sul retro all’altezza del piano nobile sul modello di quelli analoghi genovesi.
Mandarini, aranci, limoni, palme, gelsomini, araucarie, agavi, aloe, yucche che hanno scavato nella roccia come fosse un vaso. Un’esuberanza insospettabile che si deve in parte ai doni che le famiglie più prestigiose della città come i Galeani, i Biancheri, gli Orengo ricevettero dagli Hanbury creatori dell’omonimo, sfavillante giardino botanico sul vicino promontorio della Mortola. Giardini nascosti che chi passeggia sulla pedonale via Lascaris, sulla quale si affacciano collegati da ponticelli (che oltrepassano via Collabassa) alle dimore patrizie, scorge appena. Un’esuberanza che testimonia la ricchezza che fino almeno al Cinquecento aveva Ventimiglia.

Un centro storico da ristrutturare e vestigia romane
Chiesa di S. Michele
Chiesa di S. Michele

Oggi, all’interno delle mura genovesi cinquecentesche che cingono il nucleo medievale arroccato su un’altura, Ventimiglia ha almeno un problema da risolvere: la ristrutturazione di un centro storico che vale, con i suoi vicoli, i passaggi coperti, gli slarghi improvvisi dei diversi sestieri (quartieri), le case-torri, i palazzi gentilizi affrescati, ma è degradato. Sulla via Garibaldi si concentrano gli edifici più significativi: la quattrocentesca loggia del Parlamento, il Vescovado, la più antica biblioteca ligure – la Civica Biblioteca Aprosiana del 1648 – il barocco oratorio dei Neri e, in fondo dove la strada si prolunga in via al Capo, la cattedrale, iniziata sul sito di una chiesa carolingia nell’XI secolo ma più volte rimaneggiata. Chiusa (visitabile con le visite guidate della cooperativa Omnia, tel/fax 0184-229507, info@cooperativa-omnia.com, www.omnia.it ) ma bella la romanica chiesa di S. Michele in piazza Colletta, con nella cripta colonne di reimpiego provenienti dalla città romana. Che conserva un teatro della fine del II secolo d.C. facilmente apprezzabile nella periferia orientale del moderno abitato accanto a corso Genova. I resti delle terme, delle botteghe, delle abitazioni e di diversi mosaici della romana Albintimilium sono purtroppo assai poco valorizzati. Un castrum romano sorgeva anche a Castel d’Appio – sarebbe legato al nome del console Appio Claudio – ricostruito dai genovesi nel 1200. Poco sotto la fortificazione medievale, a due chilometri e mezzo da Ventimiglia in splendida posizione su un colle si trova l’albergo La Riserva di Castel d’Appio (tel. 0184-229533, www.lariserva.it, e-mail: info@lariserva.it. Superbo il panorama – che nelle giornate limpide spazia fino a Bordighera da un lato e St. Raphael dall’altro – che gode questo tre stelle di una ventina di (belle) camere con ristorante, giardino, piscina, fresco la sera anche d’estate.
Per informazioni sull’area di Ventimiglia, APT Riviera dei Fiori, tel. 0184-59059, fax 0184-507649, www.rivieradeifiori.org, e-mail: aptfiori@rivieradeifiori.org.

Verdi scatole cinesi
Villa Hanbury
Villa Hanbury

Ecco cosa sono i più vasti giardini di acclimatazione in Italia che dal promontorio della Mortola digradano verso il mare con spettacolari colpi d’occhio. La foresta australiana, le collezioni di succulente, il giardino giapponese, il palmeto, il viale delle Cycas, gli agrumeti esotici, il roseto, la terrazza dei profumi: giardini nel giardino voluti e creati da sir Thomas Hanbury con l’aiuto del fratello Daniel, botanico e farmacologo, e il lavoro di diverse generazioni. I Giardini botanici Hanbury (l’orario di visita varia secondo la stagione nell’arco compreso dalle 9 alle 18 con chiusura invernale il mercoledì) nascono nel 1867. Sir Thomas iniziava a realizzare allora il suo sogno: un parco di acclimatazione dove crescessero spontaneamente, protette da uno sperone roccioso che le ripara dalla tramontana, le piante che aveva raccolto in tutto il mondo. Dalla Nuova Zelanda all’America centrale e meridionale, dall’Australia all’Africa subtropicale oltre alle specie mediterranee – che occupano oggi metà dei 18 ettari del giardino – nel 1912 ne venivano catalogate 5800. Particolarmente forte è la presenza dell’Estremo Oriente, soprattutto della Cina, dove il baronetto inglese visse per anni, e del Giappone. Lo testimoniano tra l’altro una campana bronzea giapponese del 1600 proveniente da un tempio buddista, un drago giapponese al centro dell’omonima fontana, due leoni ai lati del portico d’ingresso sul modello di quelli usati in Cina con funzione apotropaica all’entrata dei templi, il mosaico, sopra il portone della villa, che raffigura Marco Polo.

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Scorcio del giardino di Villa Hanbory
Scorcio del giardino di Villa Hanbory

Amante della romanità, sir Hanbury riportò alla luce il tratto della via consolare romana Julia Augusta che attraversa i giardini, che ornò di reperti archeologici. Dopo la sua morte, il figlio Cecil e la moglie Dorothy privilegiarono il disegno del giardino creando viali, scalinate, fontane, tempietti e curando gli accostamenti cromatici. Gestito dagli anni Ottanta dall’Università di Genova e visitato ogni anno da 40.000 persone, il parco ospita oggi nella villa – il seicentesco palazzo Orengo rimaneggiato da sir Thomas – un centro di ricerca internazionale ed è sede del premio intitolato ai giardini che incoraggia la cultura del paesaggio.
Poco lontano, a Grimaldi Inferiore, un angolo tropicale in prima linea sul mare: palme, cactus, ibisco, strelitzie, buganvillea, gelsomino circondano i tavoli apparecchiati con cura del ristorante Baia Beniamin di Carlo Brunelli (tel. 0184-38002-027, www.baiabeniamin.it, e-mail: baiabeniamin@libero.it). La scena esotica conquista, il luogo è fresco anche alle due di un pomeriggio d’estate. I deliziosi piatti, soprattutto specialità marinare, vanno dal carpaccio di tonno fresco scottato alla griglia ai ravioli aperti ai crostacei, dai tagliolini al tuorlo d’uovo con scampi e gamberoni al rombo in foglia di lattuga con salsa allo zenzero, almeno 350 le etichette di vini. E per chi vuole rimanere a dormire ci sono sei camere sofisticate nell’edificio in legno alle spalle, anch’esso di gusto coloniale.

Eccezionali testimonianze del passato
Grotte a Balzi Rossi
Grotte a Balzi Rossi

Grotta del Principe, Barma Grande, grotta del Caviglione, grotta di Florestano, ai piedi di falesie calcaree rossastre (da cui derivano il nome) alte cento metri si aprono le caverne dei Balzi Rossi. Siamo a Grimaldi, al confine francese presso uno dei siti archeologici più importanti d’Europa per il Paleolitico. Qui trovava riparo già l’uomo del Paleolitico Inferiore, di cui si conserva un importante ritrovamento: un frammento di osso iliaco femminile di Homo erectus. Poi quello del Paleolitico Medio, ma solo l’Homo sapiens sapiens del Paleolitico Superiore utilizzò le grotte a scopo sepolcrale lasciando alcune testimonianze di grande rilevanza dell’epoca come la triplice sepoltura di un adulto alto quasi due metri e di due adolescenti con relativo corredo funerario custodita nella struttura museale più nuova. Il Museo Preistorico dei Balzi Rossi (che si visita da martedì a domenica dalle 9 alle 19) è oggi suddiviso in due edifici: il più recente testimonia le varie fasi delle ricerche archeologiche avviate a partire da metà Ottocento con i relativi materiali (sepolture, ornamenti, utensili, armi, resti fossili della fauna tipica dei climi caldi come elefanti, ippopotami, rinoceronti rinvenuti nei depositi più antichi, e dei climi freddi come renne e marmotte, oltre alle statuette antropomorfe note come Veneri), l’altro, fondato nel 1898 dal mecenate sir Thomas Hanbury e ristrutturato da non molti anni, conserva i risultati delle ricerche più recenti.

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Balzi Rossi vista dal confine italiano
Balzi Rossi vista dal confine italiano

A due passi dalle celebri grotte e dalle belle calette ai loro piedi, come la prua di una nave si protende con la sua terrazza sul mare il ristorante Balzi Rossi (tel. 0184-38132), uno dei più noti della regione. Eccellente la cucina ligure di Giuseppina Beglia, proprietaria e cuoca con quarantennale esperienza ai fornelli. Che ha un segreto: utilizzare i migliori ingredienti e non occultare i sapori. Nel menù cundiun, crostacei con pomodori, verdure di stagione e bottarga di tonno siciliana, tartare di tonno affumicato con capperi di Linosa, linguine di grano duro ai frutti di scoglio, baccalà con patate, olive taggiasche e vongole in guazzetto al verde. Già, perché più il pesce diviene di allevamento, più la cuoca prepara baccalà e stoccafisso e segue la tradizione. Una stella Michelin meritata.

Prove per un futuro sostenibile
Torri Superiore
Torri Superiore

Nella val Bevera a sette chilometri da Ventimiglia e qualche centinaia di metri da Torri Inferiore, tuttora abitato, Torri Superiore è una fortezza. Case alte come torri addossate le une alle altre a formare un blocco compatto di pietra che risale in parte al 1300: 162 vani articolati su cinque livelli collegati da passaggi, cunicoli, scale e terrazze dove nell’Ottocento abitavano duecento persone. Oggi, nella metà ristrutturata del paese ne vivono stabilmente quindici di diverse nazionalità più i visitatori che vi risiedono per le vacanze.
Ma facciamo un passo indietro. Era la fine degli anni Ottanta quando diversi giovani di buone speranze – ma anche alcuni professionisti pronti a cambiare vita – decisero di cimentarsi in un’impresa non facile: ristrutturare e ripopolare un borgo che stava morendo. Con un obiettivo: farne un ecovillaggio, l’unico, oggi, in Liguria. Cos’è un ecovillaggio? Una comunità che aspira a creare uno stile di vita in armonia con l’ambiente circostante. Alle spalle c’è un progetto di riqualificazione del territorio di ampio respiro che interessa tutti i continenti attraverso i villaggi ecologici, modelli di vita sostenibile collegati tra loro in un movimento (Global Ecovillage Network, www.gen.ecovillage.org, riconosciuto dalle Nazioni Unite) di cui fa parte Torri Superiore. Nel villaggio sulle pendici delle Alpi Marittime ci si dedica al restauro delle case, alle attività agricole e artigianali, alla ricerca e allo studio, al riposo e allo svago insieme ai numerosi ospiti che visitano il centro, dove si svolgono campi di volontariato internazionale con la collaborazione di Legambiente e del Servizio Civile Internazionale.

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La comunità di Torri Superiore
La comunità di Torri Superiore

Si mangia tutti insieme nella grande cucina comune e per la fine dell’anno aprirà un vero e proprio ristorante. Anzi, una Casa per ferie con quindici posti letto. A metà strada tra agriturismo e ostello, è destinata a chi vuole passare una vacanza condividendo lo spirito ambientalista che anima la comunità (si veda la guida Turisti responsabili, Editrice Berti, tel. 0523-321322, libri Terre di Mezzo www.terre.it), ma anche a chi viene per motivi di studio. Già perché da anni nel centro culturale di Torri Superiore si tengono corsi di permacultura (www.permacultura.it) e di progettazione di villaggi ecologici (quest’anno sono stati dal 17 al 24 luglio e dal 22 al 31 agosto: per iscrizioni e informazioni tel. 0184-215504, www.torri-superiore.org, e-mail: info@torri-superiore.org.

La cultura della “sostenibilità”
Corso di permacultura
Corso di permacultura

Cosa sia la permacultura l’abbiamo chiesto a Massimo Candela, uno dei soci fondatori residente con la moglie Lucilla a Torri Superiore da dieci anni: “nella natura nessun elemento svolge una sola funzione, ma svariate a un tempo: la permacultura fa tesoro di questo insegnamento.” A inventare questa disciplina di progettazione attenta a unire le leggi della natura alle regole tecniche di costruzione fu un australiano, Bill Mollison, che nel 1979 fondò il primo istituto di Permacultura sostenendo che una società può sopravvivere a lungo solo se si basa su un’agricoltura sostenibile, figlia di una cultura della sostenibililità. In pratica la permacultura utilizza discipline esistenti come la bioedilizia e l’agricoltura biologica e le mette in relazione. Molta fatica, tante difficoltà, scarse per ora le soddisfazioni economiche.
Perché avete fatto tutto questo, interrogo. Massimo risponde: “è una scelta di vita, impegnativa ma gratificante. E poi, chi si costruisce la casa nuova da queste parti deve andare a lavorare in Francia per ammortizzare i costi come tanti che fanno i pendolari tra Ventimiglia e Cannes. Chi invece si impegna a ristrutturare rispettando l’ambiente può vivere qui, magari organizzando un agriturismo. Come noi, che con l’apertura della Casa per ferie puntiamo a fare quadrare i conti oltre che dare voce ai nostri ideali di una cultura sostenibile”. Già emergente.

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