Lunedì 6 Maggio 2024 - Anno XXII

Galizia, l’altra Spagna

Santiago de Compostela

La Galizia è profondamente diversa dal resto della penisola iberica. E’ terra di contrasti: fisici, umani, linguistici e spirituali. Per questi e altri motivi ancora è così amata e visitata

Sacralità del pellegrino

Chiesa immersa nel verde
Chiesa immersa nel verde

Alla fine del XII secolo, nel “Ritmo su S. Alessio” si parla del “pelegrinu” come di un viandante, specie di colui che viaggia per visitare luoghi santi o celebri. Anche per Brunetto Latini (anno 1294) “pellegrino” è colui che viaggia mentre Francesco Petrarca (anno 1374) dà alla parola il significato di “forestiero”, proprio come il termine latino “peregrinu(m)” indicava. Il verbo tardo latino “peregrinare” arriva in seguito a significare “viaggiare all’estero”, formato com’è dalla preposizione “per” (al di là) e “ager” “campo”.
“Andar per campi”, dunque, è espressione più che mai appropriata, considerata la penuria di strade praticabili di un tempo!
La Galizia, al pari della Terrasanta e di Roma, senza voler considerare altre mete europee celebri (Chartres, Loreto, Mont-Saint-Michel, Montserrat, Czestochowa, Bobbio, il Gargano ecc.) vanta una plurisecolare tradizione d’accoglienza nei confronti dei pellegrini. Agli inizi era gratuita e si differenziava non poco in funzione del censo di chi veniva ospitato: ovvio che sovrani, nobili e potenti ricevessero maggiori “attenzioni” rispetto a mercanti, cavalieri, chierici vagantes e semplici penitenti. Poi, dall’ospitalità gratuita senza vitto, si è passati all’ospitalità a pagamento ed è stato un tumultuoso fiorire di taverne e locande adatte allo scopo.

Monastero
Monastero

Nella tratta spagnola che dai Pirenei conduceva a Santiago de Compostela, fino all’XI secolo, l’ospitalità gravava quasi per intero sui pochi monasteri benedettini, i quali disponevano di appositi “ospizi” dislocati lungo l’itinerario principale. Dalla metà dell’XI secolo in poi, accanto agli ospedali dei monaci ne vengono creati altri, grazie ai lasciti di re, vescovi, nobili, ricchi, ordini religioso-cavallereschi e confraternite. La loro gestione era affidata ai membri di queste ultime o ai canonici agostiniani. Tra i più noti di tali ospedali, quelli di Somport e di Roncisvalle, fondati rispettivamente attorno al 1100 e al 1132.
Nel XII secolo, a fronte di una massa sempre crescente di devoti che si recano a visitare la tomba di San Giacomo, sorgono in Galizia appositi centri di accoglienza in prossimità dei centri abitati, come quelli di Puente de la Reina ed Estella. Gli ospizi, complessivamente, erano presenti in gran numero: da 100 a 300 circa. Fra l’incalcolabile numero di pellegrini che si sono avvicendati nel tempo lungo le strade europee e spagnole, lasciando testimonianza della loro avventura materiale e spirituale, troviamo le note, trascritte sotto forma di puntiglioso diario di viaggio, di un anonimo viaggiatore fiorentino che visita Santiago nel 1477. Così descrive il suo arrivo nella città del santo: “…la Sancta Mongioia (Monte del Gozo) sono quattro colonne di prieta. E qui si vede la ciptà di Champo stella (Compostela), una ciptà picchola et drento porcinosa, e qui è il perdono di chi va a Sancto Jacopo…”. Rimane colpito dalla grandiosità dell’edificio sacro, per poi concludere, con spirito tutto toscano “…in sagrestia ène (vi sono) molte belle reliquie; e lla chiesa è ufficiata da preti; bella chericheria, molti chalonachi”.
Oggi il pellegrino moderno arriva a Santiago de Compostela in mille modi: aereo, auto, treno, nave, moto, bici e, per fortuna, ancora e sempre a piedi, come avveniva normalmente nei primi anni della devozione.
E vengono alla mente, a differenza del giudizio espresso dall’anonimo visitatore fiorentino, le parole della “Guida del pellegrino” che recita: “…chi dovesse salire la basilica con l’animo triste – mentre avanza lungo la navata – diventa lieto e gioiosamente eccitato alla vista di questa casa di Dio eccezionalmente bella”.

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