Venerdì 3 Maggio 2024 - Anno XXII

Las Vegas, I Love You

Capitale del gioco d’azzardo e dei matrimoni veloci, la città del Nevada, sorta per scommessa nel bel mezzo di un deserto, è anche la capitale dell’inverosimile. L’esperienza personale di chi ha scritto questo articolo lo testimonia

La febbre del gioco, dappertutto

Slot machines all'aeroporto
Slot machines all’aeroporto

L’unico comune denominatore di questi alberghi è la presenza dell’elemento gioco. Possono essere gli enormi tavoli da roulette e baccarat e gli sconfinati “filari” di slot machines; più avveniristiche nei saloni dei grandi alberghi, oppure come le dieci macchinette un po’ obsolete, che affollano la micro hall del motel da trenta dollari a notte.
Il gioco qui è ovunque. Dà il benvenuto con migliaia di slot machines all’aeroporto, accoglie chi entra nella hall dei centri commerciali. Accompagna i visitatori nei corridoi degli hotel e fino ai saloni con gli “all-you-can-eat-buffet”, ricchi tavoli imbanditi dove ci si abbuffa ai limiti dell’impossibile con dieci dollari. Distrae chi è in coda al Mc Donald, ai Kentucky Fried Chicken, fino ai distributori di benzina e alle toilette pubbliche.
E per chi non ama il gioco? Non andare a Las Vegas sembra la risposta ovvia. Ma non lo è. Si può fare come ho fatto io (e non sono stata la prima) che trovandomi in viaggio con un signore con cui già condividevo molte cose, fra cui la non passione per il gioco, ho deciso di buttarmi sull’altra attrattiva. Ed è stato così che mi sono sposata nel Nevada.

“Romantici” preparativi

Uno dei tanti Elvis con due novelli sposi fuori da una cappella
Uno dei tanti Elvis con due novelli sposi fuori da una cappella

Il primo passo è la scelta della cappella o chiesa, qualcosa di molto più vicino alla casetta della Barbie che a un luogo religioso. Un’operazione complessa dato che a Downtown, in fondo allo Strip, si susseguono numerose con insegne ammiccanti, cuori e profusione di rosa, buttadentro in costume e banditori con proposte “all included”. Un campionario di kitsch così oltraggioso, da dissuadere dal matrimonio anche la “nozze-fondaia” più integralista.
Optiamo per la Candlelight Wedding Chapel, la prima dello Strip con facciata di legno giallo, quasi minimalista. Un distinto Mr. Douglas ci comunica dove ottenere i documenti e ci prenota il primo matrimonio disponibile: alle 23 e 30. Ci informa sui costi e su quelli degli eventuali optional: foto, musica, fiori, giarrettiera per la sposa da lanciare. Diciamo no a tutto. Dato che non abbiamo testimoni, lo farà lui.
Abbiamo poco tempo e con un taxi raggiungiamo il simil-municipio aperto fino alle 23. A uno sportello una signora ottantenne con abitino a fiori e treccine da dodicenne ci consegna dei fogli da compilare. Dobbiamo scrivere nome, indirizzo, data e luogo di nascita e matrimoni precedenti. C’è posto per sette, e io, con un solo matrimonio alle spalle, mi sento un po’ imbarazzata e molto provinciale.
Dato che non chiedono documenti (tipo passaporto) propongo di inserire nomi di amici a caso, per salvare le apparenze, ma il mio futuro sposo, che ha preso troppo sul serio la faccenda, me lo impedisce.

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Marcia nuziale

Candlelight Wedding Chapel
Candlelight Wedding Chapel

Dopo un salto veloce in albergo per mettersi un’altra T-shirt e un altro paio di pantaloni siamo di ritorno alla Candlelight, dove il portinaio-gestore e futuro nostro testimone ci comunica che il reverendo che ci sposerà ha qualche minuto di ritardo. Forse un disguido sulla sua tabella di marcia di venticinque matrimoni giornalieri, pensiamo. Intanto Mr. Douglas ci intrattiene con la storia della cappella che lui sostiene la più ambita di Las Vegas. Qui sono convolati a nozze Tony Curtis, Michael Caine, Barry White.
Arriva il reverendo, alto, americanissimo, tutto vestito di rosa: abito, camicia, cravatta, scarpe. Pronuncia i soliti discorsi compreso il “se qualcuno ha qualcosa da dire parli ora o taccia per sempre” che suona un po’ strano in quel consesso di quattro persone, per cui a stento riesco a trattenere una risata. Pronunciamo i “si, lo voglio” fatidici e siamo marito a moglie.
Il nostro testimone, ora in veste di portinaio-gestore, ci chiede un’offerta per il reverendo. Non capiamo perché ma ci adeguiamo. Uscendo sullo Strip la gente che passa applaude, gridando “Viva gli Sposi”, mentre una nuova coppia entra nella cappella. Avanti il prossimo!

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