Venerdì 17 Maggio 2024 - Anno XXII

Sicurezza fra le nuvole

L’agosto 2005 è stato uno dei più sfortunati nella storia recente dell’aviazione civile. Cinque eventi, in quattro settimane, hanno causato la morte di quasi cinquecento persone. Eppure, volare rimane “esercizio” sicuro. Vediamo perché

… ma dipende in quali “cieli” si vola

Rateo d'incidenti negli USA per milioni di voli all'anno
Rateo d’incidenti negli USA per milioni di voli all’anno

Tutto bene, allora? Se le statistiche ci tranquillizzano, sono proprio altre statistiche a presentarci alcuni aspetti problematici. Se si prendono i dati sui ratei d’incidente per area geografica, si scopre che il mondo della sicurezza del volo non è affatto tutto uguale.
Negli USA il rateo d’incidenti è di uno ogni dieci milioni di voli, ossia quattro volte meglio della media mondiale, ma in Africa le cose peggiorano drasticamente, con quasi un terzo degli incidenti che si concentra in un’area che raccoglie solo il tre per cento del traffico. Insomma, volare in Africa è dieci volte più rischioso della media mondiale e ben quaranta volte più degli USA (i dati sull’Europa sono sostanzialmente analoghi a quelli USA).
Questo è un primo problema da affrontare drasticamente. Il fatto è che l’attuale organizzazione dell’aviazione civile si basa sul reciproco riconoscimento dei paesi che aderiscono all’ICAO e che sono la quasi totalità del pianeta. Questo significa che gli aeromobili, gli equipaggi e le autorizzazioni di un paese aeronauticamente meno sviluppato, sono automaticamente riconosciuti negli altri paesi che non possono proibire loro il sorvolo e lo scalo nei propri aeroporti.
La cosa è di particolare rilievo in Europa, geograficamente contigua ad aree con maggiori ratei d’incidente, che può così ritrovarsi nei propri cieli e nei propri aeroporti velivoli e operatori provenienti da aree a maggior rischio.

Controlli: chi “molti” e chi “pochi”

Ispezioni SAFA
Ispezioni SAFA

Per giunta molti paesi, come gli USA e l’Europa, si sono dati norme molto più restrittive, quindi votate alla sicurezza, di quelle stabilite dall’ICAO; ma mentre è possibile imporre ai propri velivoli il rispetto di queste norme, ben più difficile è far si che paesi terzi si adeguino.
Negli USA anche gli aerei stranieri devono rispettare le norme tecniche federali (FAR, Federal Aviation Requirements) mentre in Europa le nostre norme (JAR, Joint Aviation Requirements) non possono essere imposte ai paesi stranieri.
Per far fronte a questi problemi, le autorità aeronautiche europeee dal 1999 hanno attivato il programma SAFA (Safety Assessment for Foreing Aircraft), che consiste in una serie di controlli sui velivoli stranieri in transito, finalizzati alla verifica delle condizioni tecniche e del possesso dei requisiti minimi ICAO.
Nel 2004 in Europa sono stati ispezionati oltre quattromila e cinquecento velivoli e il loro numero aumenta di anno in anno. Di fronte a carenze gravi, l’ispezione può anche comportare l’interdizione al volo dell’aeromobile.
Tuttavia, da più parti si sottolineano i limiti di questi controlli, condotti nel poco tempo che intercorre tra un volo e l’altro e senza la possibilità di andare fino in fondo con le verifiche tecniche.
Per giunta, i provvedimenti presi da un paese non sono automaticamente operanti negli altri; si può così assistere al paradosso di un aereo a cui è proibito il volo in Francia, ma che vola senza problemi in Germania.
Il riconoscimento dei risultati del programma SAFA è tutt’altro che in contraddizione con l’esigenza da più parti sentita di una sua integrazione. Rendere, in caso di gravi carenze, i provvedimenti presi da un paese automaticamente operativi in ogni paese europeo, sarebbe un primo risultato che andrebbe rafforzato, con la possibilità di imporre ai velivoli dei paesi extraeuropei in transito gli stessi standard JAR vigenti per noi europei.

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Maggiore cooperazione tra i vari Paesi

Pista troppo stretta?
Pista troppo stretta?

Soluzioni importanti che, però, non sono esaustive.
Un passo ulteriore potrebbe essere quello della cooperazione tra le autorità aeronautiche europee e quelle dei paesi aeronauticamente emergenti. In questo modo non solo le verifiche su aerei e compagnie straniere potrebbero essere più accurate, ma il trasferimento di “cultura aeronautica” comporterebbe un miglioramento complessivo delle condizioni di sicurezza nelle aree a rischio. Cosa che si tradurrebbe in una complessiva maggiore sicurezza del trasporto aereo mondiale.          
Un altro aspetto problematico, suggerito dalle statistiche, è legato al costante incremento del traffico aereo.
Gli analisti sono tutti d’accordo nel dire che il traffico commerciale aumenta in media del cinque per cento ogni anno e che a questi ritmi in capo a una quindicina di anni il volume dei voli raddoppierà.
Il che significa che, se i ratei d’incidente non si abbasseranno, il prezzo complessivo da pagare in termini di disastri e di vite umane dovrà necessariamente aumentare. Insomma, bisogna darsi da fare per migliorare ulteriormente le performance di sicurezza.

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