Venerdì 17 Maggio 2024 - Anno XXII

In quota lungo i passi alpini

passi Foscagno

In viaggio da Brescia ai Grigioni, via Mortirolo e Foscagno. Un tracciato che alla bellezza della natura, scandito dalle valli percorse, affianca la bontà della cucina tipica. Valichi che ricordano anche grandi sfide sportive

Dal Foscagno alla Val Livigno

passi Passo del Foscagno
Passo del Foscagno

A Edolo il passo è alle spalle, ma risalendo verso Bormio, nel susseguirsi delle frazioni (un nome per tutte: Incudine) il pensiero corre già al nuovo confine, quello invisibile che ci aspetta e che per secoli ha separato, ma in fondo ancora separa, l’anima “cittadina” dei bormini, da quella atavicamente montana delle propaggini estreme della valle, la Val di Dentro e, oltre il Foscagno, quella di Livigno.  Bormio, con la sua “allure” da piccola capitale valligiana, arriva infatti presentandosi sulla statale 38 come una tappa di arrivo. Là sopra, i trentasei tornanti dello Stelvio rinnovano il mito del ciclismo e segnano l’ennesima barriera psicologica e linguistica: quella con l’Alto Adige, il tedesco, la Val Venosta. Bresaola contro speck; Braulio contro Jägermeister. Di qua invece, più dimesso ma non meno arcigno, il Foscagno, il simbolo del gelo senza scampo, il passaggio a nord ovest verso terre considerate fino a cent’anni fa poco più che alpeggio, cinte da vette invalicabili. Chi vi si avventurava d’inverno lo faceva a suo rischio e pericolo. Code interminabili, pullman di incauti gitanti incastrati nelle curve, catene da neve, tormente. Nel 1952, l’anno delle valanghe, il passo rimase chiuso per una settimana e una spedizione di livignaschi in cerca di soccorsi ci impiegò tre giorni a piedi per superarlo. Ora è cambiato tutto. Di qua i sostanziosi fondi della Regione e di là quelli ancora più generosi del business dell’extra-doganalità hanno trasformato la strada in una passeggiata relativamente agevole.

Grigioni, meta finale

passi Veduta del Lago di Livigno
Veduta del Lago di Livigno

Eppure, giunti al valico e alla dogana (Livigno è in zona franca e quindi si è soggetti al controllo della Guardia di Finanza) spunta un brivido sottile.  La roccia brulla e la mancanza d’alberi rammentano a chi transita quella crudezza implacabile di cui la montagna è capace. Si risale ancora fino ai 2100 metri di Trepalle, sperduta frazione che è anche la sede parrocchiale più alta d’Europa e il luogo in cui, si dice, Giovannino Guareschi (che la soprannominò “Trebilie”) immaginò la figura di Don Camillo. Poi, nella sua moderna bellezza, la valle di Livigno si affaccia giù in fondo. Un paese lungo lungo, disteso per chilometri.  Un paesaggio da cartolina. Le baite di legno a mezza costa. Oggi è un paradiso dello sci e dello shopping. Ma fino a mezzo secolo fa, da novembre a maggio, in quelle baite ci mettevano le salme dei defunti: la terra era ghiacciata e non consentiva di scavare. Sembrano altri tempi, è appena l’altro ieri. Di là dalla montagna è ormai Svizzera. Grigioni ed Engadina. Altri passi. E altra storia.

LEGGI ANCHE  Pamplona, nella "sanguigna" Navarra

Passo del Mortirolo, mito dei ciclisti 

passi Passo del Mortirolo Giro d'Italia
Passo del Mortirolo Giro d’Italia

Chissà se nessuno si è mai preso la briga di contarne i tornanti. Ma forse non ce n’è bisogno per capire come mai il Mortirolo rappresenti uno spauracchio, e al tempo stesso un mito, per qualunque ciclista. Per tante volte “cima Coppi” del giro d’Italia, ogni volta ha segnato irreversibilmente la gara: ritiri a catena, distacchi abissali, concorrenti dispersi nella tormenta. Questo, anche aldilà delle pendenze medie e delle altitudini (comunque parecchio ragguardevoli) è davvero un passo all’antica, una striscia d’asfalto che s’inerpica su rampe impossibili, curve e controcurve a cadenza da viottolo e la sensazione che nulla vi sia intorno se non boschi e vallate. Nonostante la sua fama e la sua immensa bellezza, neppure il turismo ha qui attecchito fino in fondo. Almeno non quello di massa. Pochi cartelli, poche indicazioni. Un passo di periferia legato a un mondo per sempre trascorso.  Speriamo che duri

Enogastronomia, specialità di montagna

passi Pizzoccheri della Valtellina
Pizzoccheri della Valtellina

Chi ha da spendere almeno 60 euro, non può evitare una sosta a “Il
Volto” di Iseo, ristorante gourmet celebrato dalle guide e giustamente
celebre per la miscela di cucina creativa e prodotti del territorio,
come il pesce di lago. All’altro capo del lago, costa la metà e ha un’altra atmosfera, più sanguigna, “La Scaletta di Pisogne” anche qui pesce di lago e piatti della tradizione.
A Bormio, “Al Filò” si assaggia la cucina tipica valtellinese, dagli “sciatt” ai “taroz”, dal salmì di capriolo alla classica “polenta taragna” e ai “pizzoccheri”.
A Livigno, fuori dall’ovvio e dal “troppo” tipico, l’eccellenza è da “Mattias” mentre l’esperienza
economica e verace si fa al “Rifugio Tridentina”, al Passo del Foscagno con polenta e finflerli
doc in un’atmosfera genuinamente alpina.

LEGGI ANCHE  Danzica, la "storia" in un nome
Condividi sui social: