Mercoledì 9 Ottobre 2024 - Anno XXII

Feria di San Fermìn, ultimo atto

Continua lo psicodramma non taurino, pericoloso sì, ma non per colpa dei tori. Nelle due puntate precedenti: dopo quattro ore di treno da Milano, arrivo a Nizza Monferrato e da qui partenza con “El Pana” (dero) – in spagnolo panettiere – e la sua “cuadrilla” di giovani “aficionados” per raggiungere Pamplona (quattordici ore d’auto no stop) a godere la, a me cara, Fiesta di San Fermìn…

Feria di San Fermìn, ultimo atto

Rieccomi dunque a Pamplona (quante volte ci sono stato per i Sanfermines? chi lo sa) e tra le tante motivazioni che quest’anno mi hanno spinto a sud dei Pirenei annovero la voglia di ricordare Elio Garberi e Bernard Mahon.

Il primo, mitico “presi” del Club Taurino di Milano da poco trasferitosi nel cielo (beninteso con vista sulla “querida España”) a parlare di corride con qualche angelo taurino, bigiò la Fiesta una sola volta in cinquant’anni, a causa di un “fioretto” disperatamente deciso dopo l’ennesima bocciatura della figlia nel tremendo esame di Diritto Amministrativo. Ma salvo la suesposta, sciagurata assenza, per cinquanta-anni-cinquanta, Elio mai disertò una Feria de San Fermìn che fosse una, nemmeno quando, importante avvocato milanese, ai primi di luglio (e il 7 si festeggia il Patrono della Navarra) si ritrovò impegnato un importante processo (bastò una accorata richiesta di rinvio al presidente, e vai!) a Pamplona “a correr los toros”!

Da Bernard l’irlandese a El Pana monferrino

Feria di San Fermìn, ultimo atto

Bernard, invece, nel Club Taurino fu solo umile gregario nonché mia vittima sacrificale. Ma avevo ragione, perché, se distratto dal canonico “beverone” (dozzinale Brandy spagnolo da “señoritos”, tanto, con Ginger Ale, poco) adottato durante il soggiorno a Cordoba che precedette la sua venuta a Milano, e se opportunamente provocato, Bernard produceva il meglio del meglio di quel raffinato “humour” irlandese mutuato da gente tipo Wilde e Shaw. Oltre che per l’importanza delle loro esistenze, ho ritenuto necessario fornire gli identikit dei due sullodati amici scomparsi, per meglio evidenziare quanto abnorme e diverso, in sede di contenuti etici e umani, non poteva che rivelarsi questo mio ultimo soggiorno a Pamplona con “El Pana” e la sua scatenata “cuadrilla” di nizzardi monferrini (che, sia ben chiaro, full-immergendosi nel casino della madonna più avanti descritto, altro non facevano che il loro giusto dovere di giovani, e dio sa quanto li ho invidiati).

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Chupinazo, pronti: via!

Feria di San Fermìn, ultimo atto

Ma ecco i “momenti chiave” (che i turisti yankees chiamano Highlights) della mia tribolata “Vicenda Pamplonica” (o pamplonesa: pamplonica lo dicono i navarros, che amano ingentilire e aggiungere il diminutivo “ica” a molti sostantivi e aggettivi).

Ore 12 del 6 luglio. “Chupinazo” (sparo del minirazzo che dà il via alla Feria de San Fermìn). Da almeno tre ore nella Plaza Consistorial si accalcano (eufemismo: si schiacciano) migliaia di eccitati giovinastri fradici di vino, spumante (nel Vej Piemont licevasi antan “d’la balèta”), acqua, altri liquidi non meglio identificati, il tutto opportunamente mischiato con segatura, farina e quant’altro buttato o buttatisi loro addosso. In quel – diciamo – trambusto non potevano mancare i miei compagni di viaggio, che, non privi di sensibilità, mi avevano pateticamente invitato, senza successo, a essere dei loro.

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