Sabato 27 Aprile 2024 - Anno XXII

Provenza: dall’Avignone dei Papi ai mostri di Tarascona

Prosegue il viaggio nella Francia mediterranea dove la tradizione taurina ha poco da invidiare a quella spagnola e messicana. Christian Montcouquiol il torero che con il nome di Nimeño II è la leggenda transalpina, ricordato in Francia e anche in Messico

Avignone, Palazzo dei Papi
Avignone, Palazzo dei Papi

Lasciata Les-Saintes-Maries-de-la-Mer (in cui, ça va sans dire, non mancano una civettuola Plaza de Toros vista-mare eppertanto periodiche corride nonché le altre già citate prove ‘camerguaises’) la gita provenzale prosegue – con meta finale la Feria des Vendanges di Nimes – via Tarascon e Beaucaire (due belle cittadine vis-à-vis sul Rodano) e Avignone. E a proposito di quest’ultima località, lasciatane la descrizione alle Guide specializzate (vedi la sempreverde, per la copertina e per la periodica freschezza nell’informazione, Michelin) chi redige queste righe, impenitente “patito” di Ucronìa (la storia fatta con i Se, detta anche Fantastoria o Allostoria o Storia alternativa) si limita a vaneggiare, fantasticare su quel che sarebbe accaduto se nel periodo finale della cosiddetta Cattività Avignonese (1309-1417, ma quest’ultima data è controversa datosi che da un ventina d’anni papi e contropapi si divertivano a scomunicarsi a vicenda) qualcuno avesse deciso che era più bello restare sul Rodano piuttosto che tornare sul Tevere.

Ma è meglio limitarsi al concreto, evitare Fanta o Allostorie che siano, quindi “tirare innanz”.

… ai mostri di Tarascona e Beaucaire

La Tarasque, il mostro anfibio di Tarascon
La Tarasque, il mostro anfibio di Tarascon

E giungere a  . Che non è (contrariamente a quanto creduto dal cronista, troppo entusiasmato dalle giovanili letture dell’opera del ‘nimois’ Alphonse Daudet) da conoscere soltanto per le p.r. generate dall’avventuroso ‘Tartarin’. Tarascon è anche (e soprattutto) l’imponente – e assai ben preservato, chi capita da quelle parti lo visiti – castello del re Renè e la collegiata di Sainte-Marthe (XII secolo). Secondo leggenda (ma vai a sapere cos’è storia e cos’è mito) approdata con le “Due Marie” sulle rive della Camargue  Marta proseguì per Tarascon e colà giunta rabbonì (‘dicunt’, facendogli il segno della croce) la Tarasque, un mostro anfibio infestante le acque del Rodano e uso a cibarsi di bambini (o in carenza di bestiame). Chi passa dalle parti di Tarascon dedichi – tra le tante sprecate durante un viaggio – una fotografia al monumento ipotizzante la Tarasque: davvero un bel mostro, una sorta di tartarugone iguaneggiante dal muso un po’ incazzato un po’ terrorizzante.

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Vista sul castello di Beaucaire
Vista sul castello di Beaucaire

Appena lasciata Tarascon, superando il ponte sul Rodano (ma perché le due località non si gemellano?) Beaucaire sorprende il viaggiatore poco informato sulle possibilità di ricavarvi uno stop interessante. Ancorché da considerarsi, come si usa dire, località minore, la cittadina vanta infatti un bel castello con cappella romanica, un pregevole centro storico con elegante Hotel de Ville, il canale navigabile che conduce a Sète, un importante mercato di origini medioevali e l’orrendo Drac. Un mostro che – secondo il racconto di tale Gervais de Tilbury datato 1214 – a differenza del più coraggioso “collega”, la tarasconiana Tarasque, invece di correre incontrando la bellicosa Santa Marta, andò sul sicuro vessando una povera lavandaia mediante soprusi conclusisi con il di lei accecamento nel bel mezzo del citato mercato di Beaucaire (che pertanto val bene una sosta).

Nimes: nicotina, blue-jeans e, soprattutto, l’Arena…

Nimes, la Maison Carrèe
Nimes, la Maison Carrèe

Quanto a Nimes, non senza segnalare che la Maison Carrèe oltre a poter vantare una storia quanto mai contorta costituisce forse i meglio conservati monumenti della Romanità, lo scrivano (come detto non in trasferta per la redazione di seriose guide stile Baedeker) preferisce fornire dati forse vaghi e di scarso spessore ma pur sempre curiosi. Si informa pertanto che (oltre ad aver dato i natali a Monsieur Nicot, che importando il tabacco permise alla nicotina di avere un nome) Nimes è quotidianamente non meno che inconsapevolmente sulla bocca di milioni di bocche del nostro pianeta. Le braghe marinaresche (poi finite nel Far West) alias Blue (colore) Jeans (perché importate negli States da Genova, in inglese Genoa, da cui Jeans) erano infatti confezionate con un ruvido tessuto proveniente “de Nimes” da cui (in slang yankee) “Denim” parola presente sull’etichetta di ogni paio di “jeans” degni di questo nome.

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…nella terra di Asterix e Obelix

L'Arena di Nimes con la statua di Nimeño II
L’Arena di Nimes con la statua di Nimeño II

Pressoché identico a quello di Arles (ma all’apparenza più maestoso e imponente per una più ampia visuale concessa dai generosi spazi che lo circondano) l’anfiteatro di Nimes non è la più grande delle tante costruzioni ludiche volute da Roma nella terra di Asterix e Obelix. Ma, come la concittadina Maison Carrèe, risulta la più conservata delle “Arènes” grazie (altra analogia con Arles) al suo ininterrotto uso come fortificazione, prima, eppoi come agglomerato di abitazioni civili. E tra questi muri e archi bimillenari si consuma la passione taurina dei ‘Nimois’, gente allegra; sorridenti gallici sudisti assai meno seriosi dei mugugnanti parigini, i tanti caffè e ristorantini stradali ne sono una prova. Oltre alle già citate Ferias di Primavera e della Vendemmia, e ad altre corride, “Abrivados” e “Cocardes”, durante il resto dell’anno la locale “aficiòn” (di cui un Club Taurino gemellato con quello di Milano, i matti non restano mai soli) può vantare in un interessante Museo dedicato alla Tauromachia, nell’ex Monte di Pietà.

Nimeño un torero sfortunato

Christian Montcouquiol
Christian Montcouquiol

Nel piazzale prospiciente le “Arènes”, un bronzeo monumento al “Nimeño II”, al secolo Christian Montcouquiol. Una “figura del toreo” transalpino ricordata con intestazione di “arene” e istituzione di premi con il suo nome, targhe commemorative, in Francia, ad Arles, Mont-de-Marsan, Beziers, e financo in Messico, ad Aguascalientes. Testimonianze di una tragica esistenza.

Nato nel 1954, giovanissimo esordiente torero a Tarascon (‘67), nel ’77, “Nimeño II” (nel mondo taurino si assume sovente un soprannome, nom de plume: il primo con questo “apodo” fu suo fratello Alain) prende la “alternativa” (diventa ‘matador de toros’ professionista) a Nimes e la “conferma” due anni dopo nel Messico con successiva, obbligatoria, “riconferma” nella “università” della Plaza di Madrid. Ma il 10 settembre 1989, ad Arles, il toro “Pañolero” incorna “Nimeño” facendogli compiere quella “voltereta” (capriola) che sovente – e così ahinoi accadrà anche in questa vicenda – si conclude a testa in già con lo schiacciamento delle vertebre cervicali. Divenuto tetraplegico, dopo due anni Christian vede la paralisi circoscriversi al braccio sinistro, un’invalidità sopportabile per un comune mortale, non per chi vive nella libertà concessa a pochi tra paesaggi ed esseri voluti da madrenatura. E pertanto il 25 novembre ’91 il “Nimeño II” si suicida impiccandosi nel garage di casa.

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Ma la vita prevale sugli Inferi: Carpe Diem. Un suggerimento superfluo nella “terrona” Nimes, qui si sorride tutto l’anno. In un bar di Rue de la Fresque (che prosegue in Rue des Arènes, conducente all’anfiteastro) all’angolo con la ex Rue de Patins (dal 1990 ribattezzata Rue Camacho a ricordo di un torero copertosi di gloria nella Plaza ‘nimoise’) “bianchini” e Pastis presidiano i tavoli mentre la tivù proietta immagini di corride ispaniche. Poi viene l’ora delle “tapas”, beninteso a base di “brandade”. Si vive proprio bene nella Provenza. Olè! Mais oui.

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