Mercoledì 8 Maggio 2024 - Anno XXII

La Domus dei “Casti Amanti”

L’ultimo scavo effettuato nell’area archeologica di Pompei è stato trasformato in un cantiere aperto al pubblico. Una visita unica nel suo genere, che rappresenta un vero e proprio viaggio nel passato della città viva e pulsante, ignara della minaccia del vulcano e del proprio destino

Plinio, testimone degli eventi

Resti dei muli che azionavano le macine del panificio
Resti dei muli che azionavano le macine del panificio

Proprio in prossimità della strada, i locali terranei del fabbricato mostrano due stalle. All’interno i restauratori stanno ancora lavorando al recupero degli scheletri di sette muli uccisi dall’eruzione. Si tratta di animali impiegati alle macine del panificio e, probabilmente, impiegati anche per il trasporto del pane. “Le fosse settiche per decenni inagibili e gli animali vivi, erano incompatibili” spiega Varone “Immaginate il cattivo odore e i problemi igienici, proprio in prossimità di un panificio. Questo significa che i danni che si stavano riparando in strada riguardavano un evento sismico recente. Un’emergenza verificatasi da pochi giorni, alla quale si stava ponendo rimedio. Questo dimostra che i pompeiani non erano una popolazione indolente che ancora riparava i danni del 62 e, soprattutto, dimostra che l’eruzione fu preceduta da un forte evento tellurico”.

Un terremoto precursore, dovuto alla pressione del magma che spingeva sotto le pendici del vulcano. “Un evento” sottolinea Varone “dimostrato da questo scavo, ma, a ben leggere, già presente nella testimonianza di Plinio, che scrive: ‘Giorni prima si era sentita una scossa di terremoto’ ”. Così le parole di Plinio, come in una sorta di cronaca in diretta del disastro, trovano oggi evidenza concreta e lasciano immaginare al visitatore la tenace laboriosità di quella gente alle prese con una natura che doveva rivelarsi molto più crudele di quanto immaginavano.

Pittori al lavoro, per l’ultima volta

L'affresco che ha dato il nome alla Domus pompeiana
L’affresco che ha dato il nome alla Domus pompeiana

Scene che evocano il culto conviviale romano e mostrano la grande maestria degli artigiani che le hanno realizzate. Proprio questo scavo ha permesso ai ricercatori di conoscere in dettaglio come operavano i pittori di duemila anni fa. Nel cantiere dei Casti Amanti c’è quella che è conosciuta come la Casa dei Pittori al lavoro.

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Al momento dell’eruzione, una squadra di pittori stava decorando le pareti di un ampio salone che affacciava su un portico e su un giardino. Il loro lavoro è rimasto incompiuto, ma questo ha permesso di ricostruire le tecniche impiegate e la suddivisione dei compiti tra le maestranze. “Sulla parete troviamo tre pannelli dipinti in nero, rosso, e bianco” spiega Mattia Bondonno, una delle guide del cantiere “Il pannello bianco è quello che doveva essere ulteriormente dipinto, ma è rimasto incompiuto, con gli artigiani che si sono dati alla fuga spaventati dall’eruzione. Poiché la decorazione doveva essere eseguita prima che l’intonaco si asciugasse e poiché nella stanza sono presenti altri decori in corso di realizzazione, si deduce che alle opere stavano lavorando persone diverse”. Il visitatore scopre con i propri occhi le tracce geometriche che precedono la realizzazione delle cornici dei decori, le figure abbozzate che attendono di essere definite e colorate. Fasi di un procedimento a catena e ben organizzato che prevede diverse specializzazioni dei “pictores”: da quello più abile che esegue le figure più raffinate, a quello che stende i colori di fondo, all’apprendista che si limita a preparare la parete.

Vita semplice e laboriosa, prima dell’eruzione

Il forno del panettiere di Pompei
Il forno del panettiere di Pompei

È proprio la vita, quella scandita dalle faccende di tutti i giorni, a svelarsi al visitatore del cantiere della Domus dei Casti Amanti. Cosa c’è di più quotidiano e vitale che la preparazione e la cottura del pane? Il locale per la preparazione del pane si svela con la sua antica ed immutabile familiarità. Un forno non molto diverso da quelli usati ancora oggi per la pizza e il pane casereccio. Quattro macine in pietra lavica, che senza bisogno di guide o informazioni video, indicano la loro atavica funzione, ormai impressa nella memoria tecnologica della nostra specie.

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L’indaffarata quotidianità di chi operava nel panificio sembra ancora palpabile agli occhi del visitatore, che non può non volgere il pensiero alle storie anonime e minute che dovevano svolgersi nel circondario. Gente al lavoro in una giornata estiva come tutte le altre, che all’improvviso si oscurò sotto l’immenso ombrello di materiale vulcanico sputato dalla montagna.

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