Martedì 30 Aprile 2024 - Anno XXII

Novara. Il “miracolo” dell’Antonelli

Finalmente si sale. Dopo mesi di attesa la visita alla cupola Antonelliana di San Gaudenzio è diventata realtà e la prenotazione è stata accettata. La salita alla cupola è abbinata alla visita dei principali monumenti ottocenteschi della città che, purtroppo, precede la salita

Una cupola pesantissima e “leggera”

Foto: marcovarro
Foto: marcovarro

Oltrepassata questa curiosità, si giunge alla base della cupola e qui lo stupore è grande: quattro grandi archi verticali si uniscono a quattro archi inclinati proprio alla sommità dei quattro pilastri che segnano l’incontro fra la navata centrale ed il transetto della croce latina della basilica sottostante. Quattro punti di contatto, gli unici fra la basilica del cinquecento e la cupola. La mirabile, elegante, imponente struttura sovrasta la volta della navata centrale senza toccarla. Tutta costruita con i famosi mattoni antonelliani, duri, compatti e di varie forme, modellati per ottenere un perfetto incastro con quelli vicini, nel raggiungimento della perfezione di una geometria così complessa e funzionale a sostenere l’ingente peso della cupola: 5.500 tonnellate. Si narra che Antonelli, dopo aver selezionato i mattoni, mettesse gli operai a levigare gli stessi, per ottenere dal materiale grezzo, il mattone levigato nella forma richiesta per la costruzione. Questo lavoro era un passaggio obbligato per gli apprendisti verso la carriera di muratori e necessario per ottenere un aumento di paga. Proprio a lato della base della cupola vi è una porticina sbarrata da una grata. Guardando attraverso le sbarre di ferro oggi si vede solo buio. Lì vi era la “sala del compasso” oggi chiusa per restauro. Un enorme compasso in legno con una apertura, dice la guida, di ben 22 metri, serviva ad Antonelli e al suo capomastro per tracciare in scala 1:1 le dime necessarie al corretto posizionamento dei mattoni.

Spettacolo affascinante e terrificante

Novara. Il "miracolo" dell'Antonelli

Qui inizia la vera salita di quel percorso ideale che Antonelli aveva immaginato per la nobiltà novarese, una passeggiata verticale per godersi lo spettacolo dell’interno della basilica e del paesaggio circostante la città, dalle risaie allagate, alla maestosa imponenza del monte Rosa che si vede nelle giornate serene sullo sfondo. Con un breve percorso si passa dall’ambiente grezzo del sottotetto a quello finemente decorato dell’interno della prima cupola, quella che Antonelli chiamava la “grande tazza”, abbellita con motivi floreali a tutto tondo in gesso. Ci si affaccia dal colonnato che guarda all’interno della basilica e verso l’alto all’apertura alla sommità della prima cupola, oggi miseramente coperta da un telone per evitare che il calore del riscaldamento ad aria si disperda verso l’alto.

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Cielo plumbeo, temporale in arrivo

Novara. Il "miracolo" dell'Antonelli

Lasciato questo suggestivo scorcio dell’interno, si prosegue la salita uscendo sul primo colonnato esterno composto da 24 colonne di granito del lago Maggiore, ognuna costituita da un blocco monolitico per evitare che linee orizzontali disturbino questo splendido senso di verticalità. Appena uscito dalla porta, una raffica di vento mi colpisce in piena faccia. Lo spettacolo è affascinante e terrificante: a nord, da un cielo coperto a tratti da nuvole bianche filtrano raggi di sole. A sud ovest il cielo è plumbeo, quasi nero. Il vento che raramente alberga nel cielo di Novara soffia sempre più intenso annunciando la tempesta in arrivo. Facciamo appena in tempo a precorrere il quarto di giro del colonnato e la scala che porta al livello superiore. Appena rientrati nell’ampio e spoglio volume fra la prima e la seconda “tazza”, attorniato da 24 spicchi di muro, un tuono assordante esplode nel cielo. I vetri delle ampie finestre che illuminano questa parte della cupola tremano leggermente e attraverso la loro trasparenza si vede la grandine che scende, quasi orizzontalmente, spinta dal forte vento. Squilla il cellulare della guida. E’ il custode, che ci impone di scendere.

(fine prima parte)

 

(23/05/2012)

 

 

* Foto di Gianni Delsignore

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