Ultimato il “Seminario Spaghettato” (ho cucinato spaghetti per poco meno di 50 partecipanti) eccomi libero turista-fai-da-te. Nel senso che dovevo solo scegliere cosa fare nei 3 giorni precedenti il volo di ritorno. Non preciso ‘in patria’ datosi, breve inciso, che dopo tante gite mi considero un cittadino del mondo. Penso infatti che se non esistessero confini e bandiere da sventolare – e ci aggiungo pure qualche religione da predicare – la storia dell’umanità potrebbe annoverare qualche morto (violento) in meno.
Ma cosa fare, dove andare, mi chiedevo dando un occhio alla carta geografica di Cuba? Un bel busillis, premesso che dell’isola conoscevo la parte centrale. Belle Trinidad e Cienfuegos ammirate in occasione di un mio precedente viaggio. Ma anche Varadero simpaticamente alcolica da quando gli hotels locali concedono quel simpatico trattamento definito ‘all inclusive’ (tradotto: Daiquirì, Mojito, Rum, Margaritas), descritta una puntata fa.
Cosa visitare della terra di Fidel
Premesso che la Terra di Fidel (110.000 kmq, più di un terzo del Belpaese) è anche chiamata Caiman per la coccodrillesca forma. Si distende infatti orizzontalmente nel mar dei Caraibi. Si evince che le distanze non sono poca cosa. Accade inoltre che La Habana si trova nel nordovest dell’isola laddove di belle cose da vedere, a ragionevoli distanze, ne esistono pochine.
A oriente di Cuba, invece, le chicche abbondano. Ma le distanze da La Habana non sono poca cosa: 534 km a Camaguey, 861 alla a me cara Santiago de Cuba, la capitale del Rum/Ron. E poi 905 alla non amata, per i cubani, (fin che sarà Yanqui/Usa) Guantanamo; per non parlare (nemmeno voglio contare i km) del mio sognato pallino, Baracoa, all’estremo est dell’isola, bella non meno che storica .È stato il primo insediamento spagnolo, 1512 , quindi la città più antica di Cuba.
La vita nel Barrio Chino/Habanero
Per descrivere il Barrio Chino (dietro il Capitolio) basterebbe il nome, non differendo gran che, nel mondo. Questi posti dimostrano che quei balossi dei cinesi san davvero come sfangarla (da non confondere con quelle che i milanesi d’antan chiamavano ‘Corea’, incasinate abitazioni ripiene di umanità).
Nel Barrio Chino/Habanero, oltre allo smercio di magiche pozioni e l’esercizio della prostituzione tentano di appiopparti (ma accade anche nel resto della città) sigari farlocchi: i soliti Cohiba, Partagas, Montecristi ‘sottocosto’. Meglio affidarsi agli umili ‘puros’ locali. Vendutimi ‘sottobanco’ perché solo per gli ‘indigeni’ risultano invece gradevoli (si fumino sorseggiando il buon Ron La Muleta) ancorché vantino un soprannome inquietante Mataratas, ammazza topi, che non rasserena l’utente che si appresta ad accenderlo.
A Cuba fare il “sciur” costa caruccio
Poi come muovermi? Mi informo. Ma per quanto concerne viaggi individuali, ‘su misura’, i tour operators incoming per un pacchetto “aereo + albergo” sono carucci (trattandosi di turismo da ‘sciuri’). Sono forse più generosi con i forfaits: albergo, transfers, escursioni, per i gruppi balneari di turisti charter trasportati, ma ahimè non è il caso mio. E vieppiù caro (nonché complicato e difficile, senza contare un eccessivo minimo di durata) è il noleggio auto. Costo mitigabile, ma sempre caro, se si dorme ‘a la buena de dios’, nelle camere in affitto delle Casas Particulares.
Ma si guiderebbe su strade mica tanto confortevoli. Cuba di impervie e selvaggione montagne ne possiede tante. Non solo la leggendaria Sierra Maestra da cui Fidel cominciò ha sfidare Fulgencio Batista. Il famoso dittatore nonché amico di qualche siculo gangster made in Usa, tutti viziosamente domiciliati al Nacional. Un gran bel deluxe hotel con inebriante Sabor de Caribe, chi passa da quelle parti lo visiti, e, se di sera, non male lo spettacolo al Casino Parisien.
Visita a L’Avana con i trasporti pubblici
Fatti due conti (e valutate le risorse psicofisiche dopo aver ammannito Spaghettate e compiuto esagitate esibizioni danzerecce nel dopo show del Tropicana, ‘premio all’età’) resto a La Habana. Laddove, se si parla di scarpinate infinite, per di più in quel bel clima caldo umido preannunciante la torrida stagione degli uragani, di fatiche ne ho per certo affrontate. Ma è stato bello non meno che intrigante e istruttivo. Perché tra la Ciudad Vieja, il Malecòn e il Vedado (un tempo riservato ai bianchi e vietato ai negri, questo il significato del nome), ho almeno tentato di appagare quella che considero la prima regola di un accorto viaggiatore: conoscere la gente del posto che visiti, frequentarla, in poche parole ‘viverla’.
In primo luogo (invece dei soliti taxi e/o riksciò biciclettati) ho sperimentato i trasporti pubblici, investendo quasi un intero pomeriggio, tra attese, errori di percorso, saliscendi, colloqui vari. E che casino a bordo (forse ho goduto il divertimento meno caro al mondo: pagando ovviamente in Cub, soldi locali cubani, ho speso l’equivalente di 2 centesimi di euro per corsa)! Variopinta gente di ogni tipo e colore (modestamente vestita, mai sporca o stracciona) vociava animatamente, itinerario ovviamente più caribeño che svizzero (se c’era qualcuno da raccattare o attendere nei pressi della fermata, no problem), giovani soldatesse o poliziotte (non conosco le Forze Armate di Fidel) cantavano approfittando della fracassante musica afrocubana scelta dall’autista.
Le variopinte auto americane
E La Habana delle celeberrime, vecchissime e pure variopinte auto americane (anni ’50? va a sapere, quel che è certo è che Fidel cominciò a rusàa con gli Yanquis nel ’59)? Beh, si tratta di un fenomeno curioso nonché divertente (almeno per il turista).
E dopo un’accurata indagine nelle strade della capitale cubana posso solo precisare che: 1. tutti i motori di ‘sti macchinoni sono stati convertiti in diesel (e ce credo, benzina carissima).
2. I padroni e/o i meccanici di Cuba sono dei mostri dell’ingegneria, non meno che eroi dell’arte di arrangiarsi. (4 puntata – fine)
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