Il convento di San Marco a Firenze ospita un chiostro delizioso e le più belle celle del mondo. Bianche, intrise di calma e di pace, impreziosite dalle opere di un frate di squisito talento, Fra’ Giovanni da Fiesole, più noto come Beato Angelico.
Non sembra vero che qui una manciata d’anni dopo avrebbe abitato quel bel soggetto di Girolamo Savonarola, la cui inquietante cella si può ancora visitare. Giovanni insegnò a dipingere ad altri fraticelli e fratoni, che presero a pitturare anche loro i muri della loro casa comune. Ma la sua mano moderna e delicata si riconosce subito.
Nella opere del Beato Angelico come la crocefissione che c’è in una cappella del chiostro principale, nell’annunciazione all’ingresso del secondo piano, nei volti dolci delle sue madonne. Ma l’opera più sorprendente, quella che lascia esterrefatti per bellezza ed estrema modernità è il Cristo deriso, in cui si vede Gesù bendato, con in testa la corona di spine, assiso in trono, con scettro e mondo, sistemato così dai suoi carnefici per prenderlo in giro. Lui è nel centro, seduto, e intorno sono rappresentati i simboli delle offese da lui subite: si vedono un bastone, la testa di uno che si toglie il cappello in finto segno di rispetto e intanto sputa in faccia al Signore, mani che lo picchiano.
Beato Angelico, “Tormento” pittorico del Cristo
Ma ci rendiamo conto che siamo nel Quattrocento e sembra che questo capolavoro sia stato realizzato cinque secoli dopo? Questo affresco è a dir poco illuminante. Fa pensare, fa capire come ci si sente quando, a occhi chiusi, si deve subire un’ingiustizia, si deve patire un’immane sofferenza. E anche come si può comunque conservare la propria dignità. Gesù è lì, fermo, che viene maltrattato. È in senso metaforico e letterale il vero Povero Cristo. Eppure, a dispetto della situazione in cui si trova, egli appare come un re in trono, in tutta la sua grandezza.
Si soffre per lui, ma nel medesimo istante ci si identifica e per osmosi si ottiene conforto, ci si sente meglio. E, proprio perché lui è lì solo con il suo dolore (ai suoi piedi ci sono la Madonna e San Domenico, presenti però solo in spirito e intenti una a riflettere e l’altro a leggere), non ci si sente più soli. Se lui ha potuto sopportare, allora forse ce la posso fare anch’io.
Tutta questa immensa riflessione è racchiusa in una stanzettina di pochi metri quadri, in cui dormiva un domenicano qualunque. Chissà se era la stanza del Beato Angelico, che voleva fare un esperimento pittorico, ma si dispiaceva che i suoi confratelli, nel vedere una cosa magari troppo inquietante, avessero gli incubi. Ma esiste un frate qualunque? Forse no e di certo l’Angelico non lo era.
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