Martedì 23 Aprile 2024 - Anno XXII

Inno alla Puglia e al Salento

Salento, Porto Selvaggio

Presentiamo il Salento per l’estate che torna. Una terra di sapori e di saperi, di religiosità e di cultura. Custode di tradizioni contadine e di civiltà delle genti che l’hanno abitata: Messapi, Greci, Bizantini

Salento prodotti tipici
I prodotti tipici del Salento

Della Puglia e del Salento abbiamo parlato e scritto molto. Oggi al Salento dedichiamo un scritto che è un appello e un gesto d’amore da parte di chi in quella terra ci è nato vissuto e a quella terra vuole bene. Proviamo a raccontare da dentro che cos’è il Salento.
Senza scimmiottare i cantori e i poeti possiamo dire che il Salento è una terra miracolata dal sole e dal mare. Conchiglia, casa e perla da cui poteva nascere Venere, così come nacque dalla stella della limpidezza e cristallinità del mare greco. Salento terra generosa,  ricca di ulivi e uliveti, che, oggi, l’uomo vuole distruggere, in nome di una purificazione discussa e molto discutibile; privilegiata terra di Bacco se il Salice e il Negramaro sono le pupille dei suoi occhi; dal sacro che resta tale e trova la sua immortalità, la sua continuità nei monumenti; nell’arte barocca alta, solenne ricca e maestosa.

Salento terra di sapori e di saperi

Salento Nardò
Piazza Salandra, Nardò, Lecce

Il Salento è anche religiosità e pietà popolare catapultati nella città di Copertino, dove  il volo del santo o il santo in volo chiamato Giuseppe, è fonte e  forma espressiva di freschezza di fede, tanto da essere invocato dai giovani.
Terra di sapori e di saperi. Di gusto raffinato e letterario per essere la patria di Carmelo Bene. Terra incontaminata, fresca e verde di natura che sfocia in quel nome particolare, forse, contraddittorio che è Porto Selvaggio, in quel di Nardò.
Non è una contraddizione se l’ambiente, il senso vero della tutela e della salvaguardia del verde restano brillanti nella loro naturale ed ancestrale, e perciò, selvaggia bellezza, diventando cuore e polmone di vita per il genere umano.
Rocce di mare che piombano sulla riva, sulle spiagge, che proteggono  lo splendore, lo specchio di quelle acque. È Porto Cesareo, città scalfita, scolpita da feritoie di storia classica, archeologica; elementi di torri e colonne romane; tra quegli anfratti di preesistenti civiltà greche che l’hanno abitata.

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Civiltà contadina dove si crea l’oro dalla vite

Salento uva negroamaro
L’Uva da cui si ricava il Negramaro

Guagnano, la città custode della sua antica civiltà contadina, delle sue memorie bucoliche, capace di  industrializzarsi e attrarre, attirare attenzioni industriali anche dal Nord Italia; con i suoi tesori racchiusi in quegli opifici enologici in cui si crea l’oro della vita: il vino. Il Negramaro. Conosciuto, esportato, valorizzato, gustato, apprezzato e conservato nelle botti del palato prima e della memoria, dopo.
Un Salento così fotografato non è l’album dei ricordi, non è una collezione di immagini, di riprese, di scatti. È la reale immagine di un territorio che vale, che c’è e che va difeso, tutelato, perché troppi sono gli agguati mortali in attesa e pronti per colpire; per sventrare, distruggere e annientare, in nome di uno sciagurato, insano e insensato progresso, l’intelligenza umana racchiusa in quegli scrigni chiamati amore e lavoro, passione e sacrifici, sangue, lotte, sudore.
Il Salento è terra d’arte con i suoi cartapestai, con i suoi cuochi familiari, domestici, disponibili a presentare i piatti della loro fantasia. La cucina leccese, in genere, è gustosa, piacevole, carezzevole. Dicono che appartiene alla Dieta mediterranea. Nel Salento non si va per fare diete ma per assaporare, per apprendere il mistero della terra e del mare coniugati; che si uniscono, che si incontrano nello sposalizio della fedeltà alla terra di appartenenza, alla propria terra d’origine. Nulla è lasciato al caso se i piatti vivi, fumanti, ardenti amoreggiano con lo stesso ardore di chi fa coppia con il suo partner.

Salento terra dei Messapi, Greci e Bizantini

Salento Copertino
Porta San Giuseppe, Copertino

Promuovere, incoraggiare, ingaggiare la competizione e la competitività, così come sta avvenendo, di recente, in questa terra di Messapi, Greci e Bizantini, è la prova della maturità di un popolo che ha saputo prelevare, dalle giuste e non ancora inquinate fonti, il nettare della propria esistenza, della propria identità. Certo, resta da fare molto. Aver colto e cogliere, comunque, gli attimi della storia che si presenta e si manifesta è lodevole. È la carta vincente del Tacco d’Italia. Si, Tacco, ovvero punta per restare alti e salire sempre di più i gradini del godimento, della piacevolezza, della originalità e verginità del creato. Nelle espressioni umane e naturali. Natura e uomini che si incontrano, che si fondono, che  convivono abbracciati per solcare il cammino futuro, per riscrivere i saggi della nuova storia, con la consapevolezza che il proprio villaggio, la propria terra, la propria casa siano i migliori non è di poco conto.
Il Salento resta terra da scoprire attraverso i suoi piccoli borghi; i suoi dialetti fonici ammanigliati dalla melodiosa consonanza di popoli tra popoli, che hanno convissuto e coesistono sul ponte dove le civiltà si costruiscono, si rinsaldano si intercettano e si fondono nel cuore della solidarietà. Il Salento è fiaba per adulti che vogliono sentirsi bambini, attratti da quella curiosità che è madre dell’intelligenza; da quella curiosità che è gusto per la scoperta di vivere e di aver vissuto.

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