Mercoledì 24 Aprile 2024 - Anno XXII

Irsina e Melfi: natura e arte

Irsina - Castello di Melfi

Il nostro viaggio in provincia di Matera si conclude a nord della città dei Sassi. Ultime due tappe Irsina e Melfi. Attraversiamo un paesaggio scenografico ritrovabile nei dipinti di Monet e nelle chiese capolavori di artisti come Andrea Mantegna.

Colori del paesaggio lungo tra Matera e Irsina
Colori del paesaggio lungo tra Matera e Irsina (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

Il territorio tra Matera e Irsina offre uno spettacolo da non perdere in qualsiasi periodo dell’anno. Noi lo abbiamo attraversato nel caldo settembre, appena terminata la stagione dei raccolti; ora i campi sono stati messi a nudo e presentano le loro delicate nuances di colori che digradano tra marrone, giallo e rosa. Nel continuo alternarsi di tonalità si intravedono terreni che sono stati già “pettinati” per essere pronti alle nuove semine. Questo scenografico panorama che scorre sotto i nostri occhi ci induce a continue soste per immortalare scene che sanno tanto di Monet. Una tale bellezza non poteva certo sfuggire a Michele Placido che già, nel 1998, vi girò il film Del Perduto Amore.

Irsina racchiude capolavori della natura e dell’uomo
Irsina, Palazzo delle conchiglie
Irsina, Palazzo delle conchiglie (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

Una volta raggiunto il centro storico di Irsina, ai capolavori della natura si aggiungono anche quelli dell’uomo. Questa cittadina, infatti, nasconde preziose opere che le hanno consentito di essere inserita tra i Borghi più Belli d’Italia. Tra gli antichi palazzi nobiliari salta subito all’occhio, in via Santa Chiara 14, un’abitazione a due livelli che non ha molto di nobiliare. Si fa però notare per la sua originalità, un’opera naïf. Il proprietario, con infinita pazienza, ha rivestito facciate e balconi con gusci di piccole e bianche conchiglie di mare e minuscoli sassi variamente colorati. È il palazzo Policarpo oggi più conosciuto come il Palazzo delle Conchiglie.

Opera del giovane Andrea Mantegna
Cattedrale Santa Maria Assunta, statua di-Sant'Eufemia opera del Mantegna
Cattedrale Santa Maria Assunta, statua di Sant’Eufemia opera del Mantegna (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

Bisogna raggiungere ora due chiese per trovare gli altri tesori nascosti di questa cittadina. Siamo di fronte alla Cattedrale di Santa Maria Assunta, la cui costruzione risale al XIII secolo, affiancata dal campanile in stile romanico e gotico. Accanto all’altare maggiore, protetta da una vetrata, vi è la statua marmorea di Sant’Eufemia, protettrice di Irsina, ormai da quasi tutti i critici ritenuta un’opera giovanile di Andrea Mantegna. Ci raccontano che quest’opera era posizionata in una nicchia; solo quando venne rimossa per essere inviata ad una mostra si scoprì il prezioso lavoro scultoreo, rimasto sempre nascosto, realizzato sul retro della statua.

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Oggi è possibile osservare l’opera da ogni lato, nonostante sia protetta da una vetrata, poiché è montata su una pedana girevole. Una pregevole soluzione che permette di osservare la fluente chioma disciolta sulle spalle, il dolcissimo volto e la mano destra posta nella bocca di un leone, simbolo del suo martirio. Ma nella chiesa sono presenti anche opere non meno importanti come un crocifisso d’altare coperto da capelli veri; mentre all’ingresso, si trova una fonte battesimale scolpito in un blocco unico in pietra di Verona.

Affreschi di scuola giottesca
Irsina Convento di San Francesco, affreschi di scuola giottesca
Convento di San Francesco, affreschi di scuola giottesca (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

Diametralmente opposta alla Cattedrale è posta la chiesa del convento di San Francesco, nella piazza omonima. Il suo tesoro è ben nascosto in una cripta, situata al di sotto dell’abside, ricavata all’interno di una preesistente torre federiciana. La famiglia Del Balzo, signori del tempo, all’inizi del Trecento fecero affrescare la cripta, utilizzata nel frattempo dai frati come oratorio, per trasformarla in cappella di famiglia. Oggi si possono ammirare questi affreschi di scuola giottesca che ricoprono completamente pareti e volte.

fontana pubblica presso i Bottini
Fontana pubblica presso i Bottini (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

Appena fuori dall’abitato, in contrada Fontane sulla provinciale 96, si trova una monumentale fontana con tredici bocche. Un breve percorso permette di visitare le volte a botte dei cunicoli sotterranei e osservare il percorso dell’acqua captata dalla falda. Un ingegnoso sistema che ha permesso il rifornimento idrico all’intera città prima che questa fosse collegata all’Acquedotto lucano.

Nelle terre di Federico

Il trasferimento verso la prossima tappa ci porta ad attraversare distese di campi che d’estate sono ricolmi di grano: una scenografia nella quale Gabriele Salvatores girò il suo film Io non ho paura. Lungo il percorso, osservando il volteggiare di falchi sulle turrite costruzioni che dominano le assolate campagne lucane, sembra aleggi ancora oggi lo spirito di Federico II.

Melfi vista dal castello
Melfi vista dal castello (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

In queste pianure, da lui definite luce dei miei occhi, l’imperatore amava rifugiarsi per praticare la caccia col falcone, sua grande passione, alla ricerca della selvaggina nei folti boschi che circondavano i numerosi castelli costruiti nel Mezzogiorno.
A Melfi, nel 1231 promulgò le Constitutiones Augustales che all’epoca rappresentarono una moderna svolta nella storia del diritto, ma queste turrite mura furono anche mute testimoni della sua storia d’amore con Bianca Lancia d’Agliano. In questa città, scomparsi i grandi e inaccessibili boschi, il paesaggio odierno, con i nuovi insediamenti umani, è naturalmente mutato. Anche il castello ha subito le incurie del tempo e degli uomini e oggi rivive una nuova pagina di storia in seguito alla ripristinata fruibilità dei suoi ambienti restaurati.

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Melfi: chiesa di Santa Caterina
Chiesa rupestre Santa Margherita Incontro dei tre vivi e dei tre morti
Chiesa rupestre Santa Margherita Incontro dei tre vivi e dei tre morti (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

Prima di raggiungere il centro cittadino di Melfi, ci fermiamo nei pressi del suo cimitero vicino al quale sorge la chiesa rupestre di Santa Caterina. Il suo interno è quasi interamente coperto da un ciclo di affreschi probabilmente iniziati nel XIV secolo. Ad incoronare l’altare maggiore è la raffigurazione della Santa circondata da icone di Santi martiri che occupano le cappelle laterali. Una scena che come soggetto si allontana dalle altre è quella chiamata l’Incontro dei tre vivi e dei tre morti; questi ultimi ricordano ai cavalieri, il primo dei quali sembrerebbe essere Federico II, la precarietà della vita con la frase: noi eravamo quel che voi siete, voi sarete quel che noi siamo.

Porta Venosina (XII XIII secolo)
Porta Venosina (XII XIII secolo) (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

Finalmente entriamo in città transitando dalla Porta Venosina, una delle quattro che un tempo consentiva l’accesso, contornata da resti di mura che racchiudevano l’abitato difeso da due torrioni circolari, ancora visibili. Percorriamo un lungo tratto del corso Garibaldi prima di raggiungere piazza Duomo caratterizzata dalla torre campanaria, voluta da Ruggero II, e dalla facciata in pietra di Trani che, ricostruita dopo il terremoto del 1694, ha in parte conservato il prospetto originale voluto da Roberto il Guiscardo.

Il Duomo, la Piazza e l’Episcopio
Episcopio Museo Diocesano affreschi Sala del Trono
Episcopio Museo Diocesano affreschi Sala del Trono (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

A destra del Duomo si apre l’ampia facciata dell’Episcopio all’interno del quale è possibile visitare gli appartamenti privati del vescovo e il ricchissimo museo diocesano allestito nelle ex sale di rappresentanza: ambienti arricchiti da decorazioni e affreschi che, come nella Sala del Trono, rivestono completamente le pareti. Infine si giunge al lungo ponte in pietra che immette nel grande cortile del Castello, su cui affaccia l’ingresso del Museo. Costruito nel 1043 dal normanno Guglielmo Braccio di Ferro, distrutto e ricostruito in epoche successive, l’attuale aspetto si deve al figliastro del principe Andrea Doria che operò l’ultima trasformazione tra il 1550 e il 1570.

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Museo Archeologico sarcofago romano rinvenuto a Rapolla nel 1856
Museo Archeologico Nazionale, sarcofago romano rinvenuto a Rapolla nel 1856 (ph. © 2022 emilio dati – mondointasca.it)

Oggi le sale castellane accolgono il Museo Archeologico Nazionale del Melfese con l’esposizione di reperti databili dal secolo VIII avanti Cristo. Un percorso cronologico testimonia la presenza delle popolazioni dei Dauni, i primi transfughi provenienti dalla Grecia, col ritrovamento di armi in bronzo, collane e anelli rivenienti dalle camere funerarie. Ma non mancano testimonianze di Appuli, Sanniti e Romani. Queste ultime testimoniate dall’imponente sarcofago rinvenuto nelle campagne di Rapolla nel 1856. Il candido mausoleo presenta le quattro pareti interamente scolpite con figure di divinità ed eroi mentre, sulla lastra di chiusura, è raffigurata una tenera figura di fanciulla assopita.
Il nostro viaggio trova la giusta conclusione presso l’Agriturismo Casale dell’Acqua Rossa, con l’ennesima degustazione di peperoni cruschi da consumare in vista dei laghi di Monticchio.

Info utili:

Irsina

  • Trattoria Nugent – piazza Garibaldi – cortile Nugent 6 – 0835-628180/338 3741780/338 7768591 – nugentsnc@hotmail.it

Melfi / Rionero in Vulture

  • Museo Nazionale del Melfese – c/o Castello – tel. 0972-238726 – aperto tutti i giorni, anche festivi, escluso lunedì mattina, Natale e Capodanno. Orario continuato dalle 9.00 alle 20.00
  • Pro Loco – Piazza Umberto I – tel. 0972-237016/238347
  • Agriturismo Casale dell’Acqua Rossa – Via Monticchio Sgarroni – Rionero in Vulture – 0972 731072 – casaleacquarossa.it

PHOTOGALLERY IRSINA E MELFI

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