Venerdì 3 Maggio 2024 - Anno XXII

A volo radente sui “disegni” dei Marziani

La costa desertica del Pacifico è segnata da enormi figure di uomini e animali, visibili solo dal cielo. Si è pensato agli extra terrestri, ma gli archeologi hanno concluso che i magici “segni” siano dovuti a un popolo vissuto da 2.500 a 1.500 anni fa

Le grandi mani nel deserto peruviano
Le grandi mani nel deserto peruviano

È possibile che un popolo preistorico, che non aveva inventato nemmeno la ruota (e quindi tanto meno l’aereo) abbia tracciato sul terreno enormi disegni di uomini e animali, il cui profilo è percepibile solo dal cielo?
Se lo sono chiesto in tanti, guardando la Pampa de San José, un deserto che si stende lungo la costa del Perù, nei dintorni di una città chiamata Nazca (in spagnolo) o Nasca (in quechua, antica lingua locale). E qualcuno ha risposto no, azzardando un’ipotesi intrigante e fantasiosa: gli autori di quei “disegni” potrebbero essere stati evoluti extra-terrestri, sbarcati in Perù con un’astronave in epoca imprecisata, quando i terrestri conoscevano a malapena il fuoco. Gli archeologi chiamano quei disegni “geoglifi”.
Chi percorre la Carretera Panamericana, l’interminabile strada che congiunge il Nord America alla Patagonia, ne può intravedere alcuni da una torre di osservazione costruita ad hoc in un punto strategico. Ma una buona visione d’insieme si può avere solo a due condizioni: la prima è appunto sorvolare la zona a bassa quota, in aereo o in pallone; la seconda è andare di buon mattino, quando la luce è radente.
Più tardi, a luce piena, non si vede più niente. Se a tracciare i disegni furono davvero degli alieni, erano marziani molto mattinieri. 

Con le ali di Xavier

A bassa quota sulla zona
A bassa quota sulla zona

Non sorridete. In effetti, dalle parti di Nasca, i “marziani” sono tanti. Un prototipo della specie è Xavier, il pilota che mi preleva a Ica, un piccolo aeroporto ottanta  chilometri a nord di Nasca e poi mi scarrozza fra le nuvole su un Chessna a tre posti targato OBTO-43. Per capire che Xavier è un extra-terrestre, dotato di poteri sovrumani, basta guardarlo: prima di partire fa il pieno di “cachina”, una specie di vino novello molto in voga da queste parti; poi decolla guardando all’indietro; infine vola gesticolando con entrambe le mani, lasciando la cloche in libera uscita.
Con un simile modo di guidare, se Xavier non fosse un extra-terrestre l’aereo precipiterebbe nel giro di dieci minuti. Invece si limita a una rotta stile otto volante, tutta cabrate, picchiate e colpi di coda. E comunque resta su, alla faccia della legge di gravità, con cui evidentemente i marziani hanno un rapporto diverso dal nostro.

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Foca sulla spiaggia Morro Quemado
Foca sulla spiaggia Morro Quemado

Va avanti così per una mezz’ora, mentre sotto di noi sfila il deserto peruviano; un’immensa distesa di ghiaia e sassi che scende dalle montagne e va a confondersi con la spiaggia del Pacifico. Ogni tanto la ghiaia si interrompe per far posto a colture di palme, di cotone, addirittura di asparagi.
Quando non è impegnato a guidare (cioè sempre), Xavier mi indica qualche località interessante. A destra c’è Morro Quemado, una spiaggia dove nella tarda primavera sbarcano le foche per partorire e dove, subito dopo, calano i condor per divorarne le placente. A sinistra ecco invece Huacachina, un lago fra le dune, che una leggenda dice nato per nascondere una ragazza. La quale, sorpresa nuda da un cacciatore mentre si lavava a una sorgente, pregò Dio di farla sparire. Detto e fatto: il suo specchio si trasformò in lago, il suo velo in una duna e lei in una sirena, che si tuffò in acqua e scomparve.

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