Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

Marche “tipiche”, marchigiani “atipici”

Tra le innumerevoli bellezze naturali del Bel Paese, la differenza è spesso data dalle cose che i singoli riescono a fare, a conservare, a promuovere. È il caso di Fermo, nella provincia ascolana, dove si esalta la “tipicità”

Colli di Servigliano
Colli di Servigliano

Sono un signore (ma fortunatamente non ricco, perché oggi non è più di moda girare in Suv, ce l’hanno tutti) che può vantare una curiosa caratteristica. Infatti, come un tempo si diceva delle persone prive di senno “Gli manca un venerdì”, a me “Manca un weekend”, nel senso che ogni anno, in marzo, non posso disporre di un fine settimana, più esattamente quello dedicato alla celebrazione di “Tipicità” (www.tipicita.it) nella marchigiana Fermo, una balda manifestazione alla quale il suo Patron Angelo Serri non si stufa di invitarmi né io mi stufo di accettare l’invito.
Datosi però che (fatta eccezione per la mia adorata Spagna e la tenera Romagna del mio babbo) raramente torno per la seconda volta in un posto se non mi è piaciuto oltre misura, mi viene spontaneo chiedermi perché mai nutro tanta inossidabile aficiòn nei confronti delle Marche.
Oddìo, all’avvicinarsi di “Tipicità”, qualche dubbio “se vale la pena andarci”, lo confesso, mi assale. Ma alla fine la passione prevale sulla ragione (ma non hai ormai visto abbastanza? mi chiedo criticamente) dopodichè rieccomi a Fermo e dintorni (dolci e riposanti verdi colline, senso di pace, ma sulla bellezza dei collinosi paesaggi glisso, sennò porto via il posto al Leopardi).

Competizione “ad personam” sulla bellezza

Tipicità marchigiane
Tipicità marchigiane

Il fatto è che le Marche (per parafrasare un’antica ‘rèclame’, quando ancora erano permesse,  sull’autostrada Torino – Milano segnalante un ristorante sulla collina torinese) “valgono il viaggio”, e qualcosa di più.
Più ci vado e più me ne convinco. E dirò di più: non certo per lo stolido piacere di andare controcorrente parlando male dei rituali mostri sacri del nostrano turismo, bensì per intima convinzione, arriverei a commentare che (fatta salva beninteso l’inattaccabile magnificenza di Firenze) “le Marche sono più belle della Toscana”. E già che ci sono (fosse solo per rendere la pariglia all’allenatore balompedico Renzo Ulivieri che commentando le gesta del “mio” allenatore nerazzurro Roberto Mancini, nativo di Jesi, ha sentenziato “mai visto un marchigiano intelligente”) dichiaro pure pubblicamente che "mi piacciono di più quelli nati tra Pesaro e Ascoli Piceno rispetto a quei polemicacci dei toscani” (che oltretutto, se la mettiamo calcisticamente, per vedere “andar bene” la Fiorentina han dovuto aspettare che arrivasse un calzolaio marchigiano a metterci i soldi).

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Esaltazione di sapori e profumi…

Ciauscolo
Ciauscolo

Tutto ciò premesso, vorrei chiosare brevemente, non tanto sul termine, sulla parola “Tipicità” (ahi quel sapido Ciauscolo, i prosciutti di Visso, le mai eccessivamente assaporate Olive all’ascolana, sul  tutto quella sferzante sinfonia per il palato orchestrata dal Mistrà Varnelli), quanto sull’aggettivo che ne deriva, “tipico”. Per concludere che se i prodotti della loro terra sono, sì, “tipici”, i mè amìs marchigiani sono invece “atipici” (leggasi diversi, speciali) rispetto a chi vive nelle regioni limitrofe e più in generale all’attuale normotipo italiano. Soprattutto per due caratteristiche peculiari che continuano a colpirmi, a intrigarmi: il lavoro (fatica e applicazione non disgiunte dall’estro, inventività, produttività) e la cultura.

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