Venerdì 3 Maggio 2024 - Anno XXII

Monza, regina di Brianza

Quattro passi nella nuova provincia lombarda, legata a Milano dalla storia ma profondamente ‘indipendente’, alla scoperta di splendidi monumenti e del suo celebre Parco. Per non parlare del mito di Teodolinda e della manzoniana Monaca di Monza

Parco e Villa Reale, gemme del Canonica e del Piermarini

Lo Scrittore, scultura di Giancarlo Neri
Lo Scrittore, scultura di Giancarlo Neri

E’ merito di Eugène de Beauharnais, viceré d’Italia, se oggi Monza gode il privilegio di avere il più grande parco recintato d’Europa (il muro di recinzione è lungo quattordici chilometri) Verso i primi anni del 1800, infatti, su modello dei giardini francesi come quello di Versailles, viene avviato, con decreto imperiale, il progetto di costruire accanto alla Villa un immenso parco, con lo scopo di farne una tenuta agricola modello e una riserva di caccia. Tuttavia, per non rischiare di infastidire la popolazione locale con un’opera sfacciatamente aristocratica – già allora vigeva il “politically correct” – decisero di inserire nella struttura i campi agricoli, le strade, le cascine, le ville e i giardini preesistenti, che ancora oggi fanno parte del complesso.
A prendersi carico di questa “straordinaria incombenza” fu Luigi Canonica, architetto “nazionale” della corte francese, già allievo del Piermarini. Con il passare degli anni il Parco – che nel 2005 ha festeggiato i suoi duecento anni – ha registrato come un sismografo i cambiamenti e le esigenze di una società in continuo mutamento, sottolineati  dalla costruzione di un autodromo, di un ippodromo e di un campo da golf. poi si è passati ad alcune opere d’arte contemporanea, che lasciano sbalorditi i brianzoli doc, increduli del fatto che i loro soldi di bravi contribuenti possano assumere le sembianze di una sedia gigante (il “cadregone”, così è chiamato la scultura “Lo Scrittore” di Giancarlo Neri) o di una voliera costruita apposta per gli umani (realizzata un anno fa dall’artista Giuliano Mauri).

Voliera per umani di Giuliano Mauri
Voliera per umani di Giuliano Mauri

Considerato addirittura un’opera massonica – questa la tesi di un recente volume edito da Vittone Editore “Il Parco di Monza. Storia del più grande Parco cintato d’Europa”  – il Parco è una palestra a cielo aperto, perfetta per camminare, rilassarsi, fare sport. Da tempo in attesa di ritornare “Reale”, la magnifica Villa del Piermarini – voluta nel 1776 dall’Arciduca Ferdinando d’Austria – è un perfetto esempio di come l’Italia non riesca a gestire il suo patrimonio artistico.
A distanza di tre anni, infatti, il recupero dell’edificio è solo sulla carta e i mille progetti ristagnano in un limbo di incertezze, tanto da temere che sia proprio il fantasma di Re Umberto (che a Monza venne assassinato nel 1900) a ostacolare il recupero della magnifica dimora.  
Diverse le sorti per La Cappella, il Teatrino, la Rotonda e il Serrone, ritornati splendidi dopo un ottimo restauro.

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Teodolinda, regina “super”

La Croce di Teodolinda
La Croce di Teodolinda

Nonostante la storia di Monza sia un veloce susseguirsi di eventi – dalle origini romane (Modicia) alle successive dominazioni ostrogote, longobarde, asburgiche – quando si pensa alla terza città lombarda per numero di abitanti, sono due i nomi (ed entrambi femminili) che balzano immediatamente alla mente: Teodolinda e Marianna De Leyva, meglio nota come la Monaca di Monza. Due donne, così sfacciatamente esuberanti, da impregnare la storia della loro affascinante presenza.
La prima, bella e ricca figlia di Garibaldo, duca di Baviera, nel 589 lascia Castra Regina (l’attuale Regensburg) per raggiunge l’Italia settentrionale, dove si sposa con Autari, il potente re dei Longobardi. Il marito, forse vittima di una delle tante congiure che rendevano tutto fuorché monotona la vita di palazzo, ben presto muore. Teodolinda, da vera dama di ferro (come recita il titolo di un recente  romanzo storico, scritto dalla giornalista Giovanna Ferrante) non si perde d’animo e dopo aver sposato Agilulfo, il cognato del defunto consorte, inizia a esercitare sul marito salito al trono una forte influenza. Cattolica intransigente, spingerà Agilulfo a siglare un trattato di pace col papato e influenzerà i Longobardi a convertirsi al cattolicesimo. Rimasta vedova di Agilulfo, regna fino al 625 insieme al figlio Adaloaldo, dando prova di non comuni doti di governo. Detronizzata da un colpo di stato nel 626, muore, dopo trentasette anni ininterrotti di potere (altro che quote rosa!) e un prestigio conquistato nel tempo.

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