Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

A Pamplona, una “Fiesta Peligrosa”

La festa in onore di San Firmino, resa celebre da Hemingway con il romanzo “Fiesta”, dal 1926 continua ad attrarre giovani e meno giovani. Oggi ci si lamenta della sua pericolosità, ma non per colpa dei tori. Psicodramma non taurino a puntate da parte di un veterano

La corsa con i tori
La corsa con i tori

Cominciai tanti anni fa (facciamo cinquanta) ad andare a Pamplona per i Sanfermines. Per quei tre o quattro esseri che ancora non lo sanno, si tratta della festa in onore di San Firmino; si celebra ogni anno dal 6 al 14 luglio e nel 1926 Hemingway l’ha resa celebre con il romanzo “Fiesta“.

Da allora (e proprio 50 anni fa il grande Ernest fece la sua ultima apparizione nella capitale della Navarra) qualche volta ho “bigiato” – peraltro perdonato da San Fermìn, uno dei soli tre santi nei quali credo: gli altri sono Sangiovese e San Siro, sponda nerazzurra – ma appena potevo, eccomi correre ai piedi dei Pirenei, agghindato di bianco e rosso (tutta Pamplona si veste con questi eleganti colori). E anche quest’anno, ammirando nel cassetto il rosso “pañuelo” (fazzoletto che si porta legato al collo durante la Fiesta) deposto tra altri suoi simili usati per sfogarvi gli invernali raffreddori padani, riecco la solita domanda: ce la farò ad andare a Pamplona?

“Compañeros” di difficile reperimento…

Il
Il “nostro” Bonomi vicino al busto di Hemingway

Laddove la problematica non traeva spunto da mancanza di voglia di andarci (figurarsi) né da incapacità finanziarie (beninteso, dormo in umili posti di campagna, per il desinare mi sono sempre arrangiato e se qualche problema mai sorse fu per il bere) e per quanto attiene presenza alle corride, fu sempre ovvio che si finiva in una “andanada” (piccionaia). No. Ultimamente la (in pratica unica) problematica, alias difficoltà, consisteva nel trovare chi sarebbe venuto con me a Pamplona “a correr los toros” (lo dicono tutti, poi, però, come ovvio non meno che ragionevole, nel famoso Encierro delle 8 del mattino ci vanno solo i veri e bravi “corredores” e gli ultramatti).

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Un bel problema, appunto, trovare alla mia veneranda età amici (pertanto più o meno miei coscritti) che mi seguissero nella trasferta pirenaica (per una seconda o ulteriore visita a San Fermìn, datosi che in passato quelli della mia “cuadrilla” a Pamplona li avevo portati tutti, o quasi). E non tanto per colpa dell’anagrafe (meglio i rischi di una ciucca o di una notte in bianco di quelli che ti possono capitare assumendo il Viagra) quanto per un disturbo psicologico noto come SSC (“Senescente Sudditanza Casalinga”) che ha trasformato tanti miei “compañeros” in sudditi, per non dire terrorizzati succubi, delle rispettive “mogliere” (non fanno più un passo senza la “kommandantur” al fianco. Mah!).

Per fortuna c’è “El Pana”, Sanfermino piemontese

Aficionados di Nizza Monferrato
Aficionados di Nizza Monferrato

Ma San Fermìn fa i miracoli. Ed ecco un bel dì giungermi una email da un mio aficionado di Nizza Monferrato. Ho visto il suo sito (mi fa) scoprendo con piacere (prosegue) che non solo lei è un mostro vivente con il corpo in Italia e la testa (sempre) in Spagna, ma pure che, oltre a essere un perfetto “itañol” (o se si vuole “espaliano”) può vantare un robusto numero di gettoni di presenza ai Sanfermines, Fiesta che quest’anno mi vedrà partecipare per la terza volta, da cui la proposta (conclude) di voler essere dei nostri. Bingo, ragazzi! Finalmente avevo trovato colleghi di zingarata (a Milano, colpo di vita con gli amici, e financo una volta alla settimana, cenetta leggera alle 21 e alle 22.05 tutti a casina).

E per di più una zingarata per andare a cantare “Siete de Julio San Fermìn”! Letta l’email non mi resta che approfondire la conoscenza del neoreperito Pamplonica (in spagnolo si dice Pamplonès ma in Navarra piace di più la desinenza “ica”) e apprendo che trattasi di un baldo panettiere (in spagnolo Panadero, talché l’ “apodo”(soprannome da lui canonicamente trascritto sulla maglietta taurina non poteva che risultare El Pana).

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