Il sogno: asparagi da gustare e da comprare
Sabato 7 maggio, ore 7, leggo sul Corriere (Lombardia, Feste e Sagre) che a Cilavegna nei giorni 6-7-8 (e così recita pure la “reclàm” all’ingresso dell’amena cittadina) ha luogo la Festa dell’Asparago. Ore 10: dato che di tanto Dop locale (l’asparago) ne sentivo parlare da più di 60 anni, convinco il sullodato notaro e un mio ‘vicino di tomba’ a compiere un blitz nella a me cara Lomellina (arrapato giovanetto partivo infatti da Novara e “andavo a mondine” nel mortarese, mai però che ci sia scappato uno straccio di bunga bunga). Ore 13.00: dopo aver ammirato all’ingresso della cittadina una sorta di Memorial all’Asparago (qui “Rosa”; la solita italica “differenza”) eccomi a Cilavegna. Laddove la mia forse eccessiva, fanciullesca fantasia di viaggiatore e di cronista (di Sagre, Feste, Fiere, Mercati ne avrò visti almeno 1000, e in tutto il mondo) mi faceva pensare (era l’una di un primaverile sabato, ormai considerato festivo o quasi) a bancarelle, vendite del prodotto festeggiato, negozi aperti e ristoranti (com’è ormai di moda dire) “presi d’assalto” (beninteso fornenti in pasto il pubblicizzato ‘magnare’ motivo dell’attrazione per il turista).
“Asparago Day” con uova in “cereghino” o uova sode (emulsionate!)
E per dar vita a un sano derby erano già sufficienti questi due ultimi tipi di asparago, anzi, la diatriba campanilistica potrebbe già iniziare con una discussione sulla “loro morte”, in che modo papparli: tradizione dice infatti che il verde va bollito eppoi coperto da un uovo al burro su cui depositare una bella grattata di parmigiano; mentre il bianco, post ebollizione, va intinto in una elaborata salsa, una sorta di maionese, composta da tuorlo d’uovo sodo emulsionato con olio, sale, pepe e pochissime gocce d’aceto. Ma, attenti! i “ovi” – solo il rosso! – “i gà de esser duri”, urlava perentorio il mio amico bassanese Francesco Bonaldi al pranzo di inaugurazione della agenzia viaggi, provvidenzialmente aperta a pochi metri dal celebre ponte sul Brenta e della Grappa. Fin qui le differenze ‘botaniche’ e quelle, non meno importanti, culinarie.
Dopodiché eccoci ai risvolti “turistici”, perché, come già suesposto, come si serve la Patria facendo la guardia a un bidone di benzina (così mi insegnarono in caserma, e non perché già antan il carburante fosse caro per colpa delle tasse governative) parimenti “si spinge” il Turismo Nazionale (fosse solo per la gioia della ministra Brambilla) anche organizzando una Festa dell’Asparago. Beninteso non quella (si fa per dire) organizzata a Cilavegna, un “Asparago Day” di cui alla seguente, telegrafica narrazione (beninteso con ‘ampia facoltà di prova’: nel mio seguito viaggiava un adepto a quella casta notarile che può perfino permettersi di non giocare al Superenalotto).
Cilavegna, no Asparagi, no People
Ore 13.02: invece niente, una bella fava (nel senso di nisba), il vuoto! Cilavegna center-downtown come le Ghost Towns degli Spaghetti Western di Sergio Leone. Il deserto, nessuno in giro. Chiuso il posto della Pro Loco in cui ‘a cena avrebbero dispensato’ gli Asparagi (mai visto una Festa o quel che l’è, durare così poco, la notte del sabato e – spero – la domenica?). “Scoperto” infine l’unico ristorante aperto, io e il mio seguito suscitiamo caos chiedendo se hanno gli asparagi (scuotono mestamente il capo); meno disagio sarebbe sorto se avessi chiesto un Ragù di Lingue di Pappagallo. No Asparagi, no fermiamoci. Da bravo inviato proseguo le indagini come un segugio. Altro posto dove mangiare? No problem, mi fa un documentato cilavegnese, a 2 chilometri c’è un posto mangereccio sulla strada per Mortara.
Ore 13.12: si corre (da ‘ste parti tiran giù la clèr alle 12 e fino alle 16 sembra di essere in Messico, il deserto). E il locale suggeritoci c’è! Ma non per fare i razzisti in Lomellina, però si chiama “Spaccanapoli”, alias solo pizza con vista su una maglia di Maradona. Asparagi (provi comunque a chiedere, “dovrebbe” esserci la Festa-Sagra di cui sopra)? Ma quando mai! Fuga.
Ore 13.21: disperati a Mortara, ristorante che se la tira (vuoto, avremmo poi pagato anche per i renitenti), arriva il solito (te pareva) petto d’Oca poi, però, ecco finalmente gli asparagi. Ma solo (era tutto già precotto) in un Risotto che per di più invece che ‘Rosa’ appare scarlatto in quanto “rivisitato” (si rivisitassero le sorelle loro, ‘sti moderni sciocchi chef che solo per scena mettono il pompelmo e le pastiglie Valda sull’uovo al burro) con ‘orrorosa’ aggiunta di barbabietole.
Ore 15.01: si torna a Cilavegna, tanto per (tentare di) comprare qualche asparago. Altre affannose ricerche. Poi però, colpo della madonna, ecco indicato un negozio che li vende. Ma il negozio, come tutti i suoi simili, è provvisto di vetrina. Sulla quale sta scritto: “Oggi niente asparagi”.
Ore 15.25: comincia a spuntare qualcuno in giro, un cireneo ci manda in campagna nella trattoria di un amico a comprare ‘sti strafottuti asparagi (quando mai ho letto il Corriere stamattina); nella trattoria ci fanno mangiare (vabbè, stavolta asparagi) per la seconda volta in un’ora, poi ci vendono gli asparagi (in cassetta, da Cartier, almeno, a quel prezzo, ti mettono la ‘merce’ in un cofanetto.
Ore 17.53: torno a Milano, ero partito con 112 euro, adesso ne ho 2. Mah. Turismo! Quante vaccate si commettono nel tuo nome (ovvìa, gli è tutto sbagliato, tutto da rifare, diceva il buon Bartali.
Cara sciura Brambilla… questa è materia per il suo ministero.
(19/05/2001)