Mercoledì 24 Aprile 2024 - Anno XXII

Agrigento eletta Capitale della Cultura 2025

Agrigento Valle dei Templi, Tempio dei Dioscuri

La Città dei Templi ha squarciato il muro dei dubbi riuscendo a imporsi sulle altre nove concorrenti di indubbio fascino. La giuria ha scelto Agrigento la ‘più bella città dei mortali’, come la chiamò il poeta greco-siceliota Pindaro, 25 secoli fa.

Capitale cultura 2025 Agrigento Santuario Ellenistico Romano, Sullo sfondo la città
Il Santuario Ellenistico Romano. Sullo sfondo la città

La notizia insperata ma tanto attesa è alla fine arrivata: Agrigento è stata eletta Capitale Italiana della Cultura per il 2025. Un risultato apparso fino all’ultimo molto incerto viste le altre 9 autorevoli città concorrenti al titolo.
La Città dei Templi ha come squarciato il muro di dubbi alzato da quanti sostenevano fino all’ultimo che non avesse i numeri per aggiudicarselo. Critiche purtroppo incontestabili. È infatti annoso e problematico il panorama dei disservizi, delle insufficienze infrastrutturali e delle manifestazioni di inciviltà. Per esempio il malcostume di abbandonare rifiuti ai bordi delle strade, lungo i confini di quel vasto e ricchissimo contenitore di bellezza che è il suo Parco archeologico. Un Parco affacciato sul ‘mare africano’, come lo chiamava Luigi Pirandello, il cittadino più illustre dell’epoca moderna di Agrigento.

Una realtà, il Parco della Valle dei Templi, da un milione di visitatori all’anno. Agli occhi di turisti e residenti testimonia l’appropriatezza della definizione di ‘più bella città dei mortali’, coniata del poeta greco- siceliota Pindaro, 25 secoli fa. Ovvero, l’epoca in cui l’antica Akràgas, appena fondata da coloni greci provenienti dalle isole di Rodi e Creta, cominciò a brillare tra le potenze militari e culturali del Mediterraneo.

Agrigento terra di paradossi
Agrigento capitale cultura 2025 Tempio della Concordia
Valle dei Templi, Tempio della Concordia

Terra di paradossi, Agrigento. Come quelli sui quali Pirandello, incentrò la sua opera letteraria. Tocca, da adesso, rompere davvero il paradosso che ha accompagnato la candidatura di Agrigento. Realizzando bene i progetti che, al ministero della Cultura, sono prevalsi sulla concorrenza. Agrigento ha convinto la giuria presieduta da Davide Maria Desario a preferirla agli altri centri di indubbio fascino e potenzialità. Le città in corsa per aggiudicarsi la nomina a Capitale Italiana della Cultura 2025 erano: Assisi, Asti, Aosta, Bagnoregio (Viterbo), Monte Sant’Angelo (Foggia), Orvieto (Terni), Pescina (L’Aquila), Roccasecca (Frosinone) e Spoleto (Perugia).

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“È nelle città medio piccole che troviamo la più profonda autenticità dell’essere italiani”, ha dichiarato il ministro Gennaro Sangiuliano prima della proclamazione. Il ministro ha annunciato anche che dall’anno prossimo, oltre ai titoli di Capitale del libro e Capitale della cultura, sarà istituito il titolo di Capitale italiana dell’arte contemporanea. “Anche per le città che non saranno Capitale italiana della cultura 2025 – ha annunciato – troveremo il modo di realizzare progetti che esprimono i loro valori, identità e ricchezze”.

Una miscela di storia e bellezza artistica
Agrigento e il paesaggio mediterraneo
Agrigento e il paesaggio mediterraneo

Per un intero anno, Agrigento attirerà visitatori da ogni parte del mondo. Visitatori e turisti che si porranno al cospetto dei suoi monumenti dorici dedicati agli dei dell’Olimpo. Monumenti dominanti sul cosiddetto ‘arborato misto’ che caratterizza la Valle e il territorio circostante. Uno scenario agreste di uliveti e mandorleti, vigneti e campi di grano, magnificato da tanti viaggiatori del passato. Tra questi il geografo arabo Al-Idrisi, giunto a Girgenti (l’antico nome di Agrigento) nel 1138, o il pittore Jean Houel alla fine del 1700. Come pure Wolfgang Goethe, al termine del suo Grand Tour italiano nel 1787.

Una miscela di storia e bellezza artistica, mito, mistero che si respira anche nel centro storico, di matrice araba, di Agrigento. Il 19 luglio di 57 anni fa una frana spaventosa, provocata dallo sconsiderato boom edilizio degli anni ‘60, dissestò una parte della collina occidentale. Questo costrinse migliaia di cittadini a evacuare e trovare in fretta dimore alternative anche per le opere d’arte custodite nelle chiese coinvolte nel sinistro.

Goethe e il mito di Ippolito e Fedra
Sarcofago col bassorilievo del mito di Ippolito e Fedra
Sarcofago col bassorilievo del mito di Ippolito e Fedra

Un’emergenza che riguardò soprattutto il patrimonio di sculture, affreschi e intarsi custoditi nella Cattedrale di San Gerlando, straordinario edificio di stili amalgamati, posizionato sul punto più alto della città.
Nella chiesa madre di Agrigento si trovavano in particolare quattro splendidi sarcofagi di manifattura romana e greca. Tutti splendidi. Uno, in particolare quello dedicato al mito di Ippolito e Fedra, datato al II-III secolo dopo Cristo, sbalordì proprio Goethe. Al punto da fargli scrivere: “Credo di non aver mai veduto cosa più stupenda in fatto di bassorilievi, né più perfettamente conservata”.

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Gli altri tre manufatti sono quello delle “donne coronarie”, risalente allo stesso periodo del primo, chiamato così perché rappresenta due figure femminili impegnate nell’intreccio di corone d’alloro e due sarcofagi più semplici, di età greca, realizzati nel V secolo avanti Cristo, il periodo che precede di poco il massimo fulgore raggiunto dall’antica Akràgas.

Il sarcofago di fedra nella Chiesa di San Nicola
Parco archeologico Tempio di Giunone
Tempio di Giunone

Struggente la vicenda rappresentata nel sarcofago più famoso. Narra di Fedra, sposa del re Teseo, che s’innamorò follemente di Ippolito, figlio di un precedente matrimonio del marito. Il giovane però la respinse e lei, umiliata, si uccise. Quando Teseo scoprì il cadavere e un biglietto in cui la moglie accusava Ippolito di averla violentata, lanciò un anatema mortale nei confronti del figlio innocente, che si mise in fuga, ma inutilmente.

Dopo la frana, questi splendidi manufatti erano stati tutti trasferiti: quello di Ippolito e Fedra, nella Chiesa di San Nicola, all’ingresso del Parco della Valle dei Templi; gli altri in un’ala del Museo Archeologico Regionale accessibile solo agli studiosi. Da due anni i sarcofagi sono tornati a San Gerlando, a simboleggiare il rilancio del centro storico di Agrigento.

Valle dei Templi colonne doriche
Agrigento Valle dei Templi colonne doriche

Un titolo, questo di Capitale italiana della cultura, “motivato dall’attualità e dal valore del progetto che ha dato corpo alla candidatura di Agrigento”, ha detto il presidente della regione siciliana Renato Schifani. Soggetti centrali del programma di iniziative, anche di respiro internazionale, che si avvicenderanno per tutto il 2025 saranno il rapporto con l’altro e quello dell’uomo con la natura. Ma anche le relazioni tra culture diverse: tematiche ineludibili in un tempo di trasformazioni e di sfide culturali come l’attuale.

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