Venerdì 22 Novembre 2024 - Anno XXII

Non c’è pace tra gli ulivi ma c’è voglia di riscatto

Caprarica di Lecce Uliveto secolare nel Salento

Viaggio in Salento nella città dell’Olio. Caprarica di Lecce vuole recuperare storia, memoria e autenticità del territorio. Costruire un percorso per mostrare ai visitatori una città sotterranea attraverso i frantoi ipogei

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Caprarica di Lecce, panorama

Il nostro viaggio appena compiuto nel Salento ci ha lasciati esterrefatti. Passando per queste terre si ha un senso di desolazione. Sembra di attraversare paesaggi lunari. Alberi scheletriti che rivolgo le braccia al cielo. Potremmo dire che non c’è pace tra gli ulivi. Siamo andati a Caprarica di Lecce, circa 2.500 abitanti a 12 km dal capoluogo, tra canti di disperazione e luci di speranza. Rappresentazioni sceniche dedicate al mondo della olivicoltura salentina, oggi penalizzata, mortificata e relegata a rango di Cenerentola. Ma c’è ancora tanta speranza e fiducia per un futuro migliore.

Caprarica di Lecce è erede di un passato magico. Un trascorso di storie contadine legate agli ulivi secolari, alle foglie di tabacco, a quelle dei pampini verdeggianti. Ma anche alle colonne di quella sacra archeologia sparsa e diffusa, che fa del Salento una terra nobile. Una terra abitata dagli dei, soprattutto da Atena, che oggi, viene invocata quale possibile salvatrice contro il flagello biblico chiamato xylella. Il Salento sta vivendo un drammatico momento. La generosa terra del Salento è diventata d’un tratto debole, fragile, vulnerabile. Aggredita da un virus killer, spogliata della sua ricchezza: l’olio.

Caprarica di Lecce città dell’Olio

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Palazzo Baronale

A Caprarica di Lecce passeggiando nel deserto del presente, tra origini di oliveti secolari ormai estinti, estirpati e la nuova generazione di impianti e reimpianti. Un innesto tra antiche e nuove generazioni, nella speranza che il settore si riprenda. Caprarica di Lecce è Città dell’Olio dal 2000  e vanta un paesaggio per l’80% caratterizzato da oliveti. Qui c’è una lunga tradizione olivicola testimoniata dagli olivi millenari, dalle tante masserie e dalla presenza di circa 10 frantoi ipogei.

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Frantoio ipogeo all’interno del Palazzo baronale

Il frantoio ipogeo ubicato nei sotterranei del Palazzo Baronale di proprietà Greco, recentemente restaurato, è tra i più suggestivi. Il profumo di storia che si percepisce all’interno è straordinario. Un profumo accompagnato dai fasci di luce che penetrano quasi con discrezione dalle piccole aperture delle volte. Il frantoio ipogeo dei Greco è del tipo “a grotta”, interamente scavato nel banco di roccia. Spicca tra le diverse decine di frantoi analoghi, conosciuti del territorio salentino, sia per originalità planimetrica che per dimensioni. Ha un’estensione di circa 400 mq ed è costituito da tre ampie sale.

Recuperare i frantoi ipogei

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Particolare di macina da frantoio

La sala centrale, oggetto dell’indagine archeologica, si sviluppa sotto l’ala sinistra del Palazzo. In corrispondenza della torre normanna che costituisce il nucleo più antico del vecchio maniero. Le altre due sale occupano, invece, un’area sottostante la strada che fiancheggia il palazzo e il cortile interno. Ogni sala presenta l’area destinata alla molitura delle olive (con vasca e macine), alla spremitura (con i plinti dei torchi del tipo “alla calabrese”, i pozzi per la raccolta dell’olio e della morchia, e le pile per la conservazione).

Una serie di piccoli ambienti scavati nel banco roccioso si affacciano nell’area della vasca. Tra questi vi sono la stalla con le varie mangiatoie destinata al riposo degli animali; le sciave (ambienti con camini nella volta e canalette di scolo sul pavimento) per stipare le olive in attesa della molitura; la zona cucina destinata al riposo e alla consumazione del pasto da parte dei frantoiani e del loro capo (lu nachiru).

In cerca delle identità perduta

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Vecchio frantoio ipogeo di Caprarica

Sulle pareti, visibili le tracce lasciate sulle pareti dagli “zoccatori”, inconsapevoli creatori di un’identità territoriale ancora oggi forte. Le linee orizzontali e parallele che percorrono intere superfici murarie, sembrano avvolgere gli ambienti in un’atmosfera surreale. Sussurrano di fatiche e di silenzi, di quotidianità e di sofferenze. Sono i segni del tempo e della memoria che riemergono dall’oscurità. Raccontano di uomini e donne, di storie vissute. Da qui la città vuole ripartire, riorganizzarsi. E lo vuole fare attraverso opere di recupero e di ristrutturazione di altri frantoi caduti in disuso, situati in altrettanti ipogei. L’idea è di costituire una città sotterranea da scoprire, proponendola nei circuiti turistici. Un modo per mostrare ai visitatori la bellezza della natura e quel mondo rurale e contadino, fatto di genuina autenticità.

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