Mercoledì 9 Ottobre 2024 - Anno XXII

Ansonico del Giglio: vino degli Dei

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L’Isola del Giglio è uno dei gioielli incastonati nel mare dell’arcipelago toscano. Dai terrazzamenti a picco sul mare si produce il vino bianco Ansonico. Tra le piccole strade e le salite di Giglio Castello si incontrano le cantine e la storia di questo borgo fortificato

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Ansonico, vino dell”Isola del Giglio (Foto. N. Tondini)

L’Isola del Giglio è uno dei gioielli incastonati nel mare dell’arcipelago toscano. Dai terrazzamenti a picco sul mare si produce il vino bianco Ansonico. Tra le piccole strade e le salite di Giglio Castello si incontrano le cantine e la storia di questo borgo fortificato. Già il nome è un dilemma: Ansonico, come è scritto nelle etichette delle bottiglie in vendita nei negozi, o Ansonica (nome proprio del vitigno), o ancora Ansonaco, come viene pronunciato dai Gigliesi doc. Il risultato non cambia, l’importante è che questo antico vino bianco, prodotto nei terrazzamenti a picco sul mare dell’Isola del Giglio, continui a vivere. A far parlare di sé. E ad accompagnare, col suo profumo di macchia mediterranea e il suo gusto forte e deciso, i succulenti piatti di pesce grigliato, le tagliatelle all’astice, il polpo marinato.

Non è un vino da “signorine” come dicono da queste parti, è un nettare degli Dei di cui Bacco sarebbe orgoglioso. Dal corpo robusto, di gradazione elevata (13°-15°) dal bel colore ambrato carico, l’Ansonico ha sapore asciutto e leggermente asprigno. È prodotto con un 90% di uva autoctona Ansonica cui viene aggiunto un 10% di Biancone, Moscatello, Malvasia e Procanico. I sistemi di coltivazione sono gli stessi di duemila anni fa: zappa e fatica. E la vinificazione viene effettuata senza alcuna aggiunta: né conservanti chimici, né zucchero. In questa ambrosia isolana c’è solo uva, esclusivamente uva, che in alcune cantine viene ancora pigiata con i piedi!

Ansonico, una “storia” all’epilogo?
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Punta Faraglione (Foto. N. Tondini)

“C’era una volta l’Ansonico, un vino bianco, forte e coraggioso che da più di duemila anni viveva nei grappoli dorati d’uva baciati dal sole dell’Isola del Giglio. Il suo profumo riempiva la penombra delle cantine fresche di Giglio Castello e il suo sapore accompagnava i momenti più belli e felici degli uomini dell’isola. Tutti lo amavano, a lui erano stati dedicati sonetti, poesie, canzoni”. Sembra una favola per bambini, ma è storia vera e la fine di questa novella deve essere ancora scritta. Non è il pessimismo che ci fa prevedere una brutta conclusione per il destino del vino bianco Ansonico gigliese, ma i dati di fatto e le osservazioni sul campo.

L’Isola del Giglio è uno dei gioielli incastonati nel mare dell’arcipelago toscano. Forte e selvaggio, questo scoglio è stato fino agli anni quaranta un’oasi di vita bucolica, dove non esistevano auto e l’asino amiatino era il mezzo di trasporto più diffuso. Le rupi scoscese digradanti verso il mare erano giardini, coltivate e dipinte, a tinte tenui, come in un acquerello dell’ottocento, con i colori dei vigneti di Ansonica, con le macchie scure dei peschi e dei mandorli, con i cromatismi dei pomodori, dei ceci, della lattuga, dei fichi d’india. Poi, inesorabilmente, è arrivata la cosiddetta “civiltà” seguita da un turismo sempre più invadente; come una tromba d’aria portata dal vento di libeccio, sono state spazzate via tradizioni, vigne, cultura contadina, asini, cantine, e quel modo piacevole e rilassato di vivere la vita dell’isola.

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Ansonico, fra gli uomini dell’uva e del vino 
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Vigneto località Radice (Foto N. Tondini)

Sulla strada che sale verso le mura pisane di Giglio Castello, in località Fontuccia, c’è una delle ultime vigne di Ansonica. Danilo Bancalà ha settant’anni, un fisico ancora energico e un volto bonario cotto dal sole gigliese. Danilo ama questa sua vigna, scavata in mezzo alle rocce, contesa alla macchia mediterranea e custodita di generazione in generazione per secoli.

Le viti sono basse, quasi dei bonsai se paragonate a quelle coltivate in continente. I minuscoli terrazzamenti in discesa contengono a malapena un unico filare, dove i primi e vigorosi grappoli di uva ansonica cominciano a fare capolino. Bancalà lega i tralci con il “serracchio”, un’erba elastica che cresce da queste parti e cura la sua vigna come un figlio.

“I pochi vigneti del Giglio sono tutti in mano a gente della mia età. Scomparsi noi vecchi, addio vino Ansonaco!” dice Danilo senza smettere di lavorare tra i muri a secco delle sue “greppe”, i terrazzamenti dei vigneti.
La profezia di Danilo ha un suo drammatico fondo di verità. L’Isola del Giglio ha solo millecinquecento abitanti, l’esodo in direzione della terraferma e verso un lavoro sicuro ha impoverito questo scoglio. Non ci sono più contadini e oggi sono solo i pensionati che mantengono viva la tradizione del robusto vino Ansonico.

I coltivatori superstiti
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Cantina scavata nella roccia (Foto N. Tondini)

Sul futuro di questo nettare di Bacco si addensano nubi nere e tirano forti venti di maestrale. Gli ultimi aedi di questa antica spremuta d’uva, i coltivatori superstiti di vite Ansonica si chiamano Biagio Stagno, Giovacchino Lubrani, Domenico Danei, Biagio Brizzi, Giovanni Centurioni. Gli ultimi “vignerons” gigliesi hanno piccoli appezzamenti a Pietrabona, alla Cala del Corvo, in località Radice, a Verdello. Posseggono piccole cantine scavate nella roccia tra i dedali delle stradine di Giglio Castello.

La sera si ritrovano con gli amici sotto le volte fresche e tra le loro amate botti di vino bianco. Parlano della vita isolana, mangiano sardine e fette di pecorino per accompagnare i generosi bicchieri dell’ultimo Ansonico. Dopo le cinque del pomeriggio inizia la “vita di cantina”, e se sarete fortunati riuscirete a comprare da loro una o due bottiglie di questo vino forte e amarognolo che sta, purtroppo, scomparendo.

La battaglia del mosto 
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Isola del Giglio, Porto (Foto N. Tondini)

Tra le piccole strade e le salite di Giglio Castello non ci sono solo cantine, ci accompagna anche la storia di questo borgo fortificato, con le sue poderose mura pisane e le feritoie che videro arrivare nel 1799 le inquietanti vele triangolari dei Saraceni; mura che fecero da baluardo all’ultimo assalto dei “Turchi-Tunisini”. Attacco respinto e battaglia vinta grazie all’ardimento degli assediati, come ricorda una lapide murata sopra la porta del comune.
Le malelingue del Giglio raccontano che anche in questo caso il vino Ansonico prese parte alla tenzone. Come può un vino aver cambiato l’esito di una battaglia?

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Presto detto: le piccole casette di pietra disseminate per tutta l’isola, alcune ancora ben conservate, che si vedono spuntare tra la vegetazione o in mezzo ai vigneti, altro non sono che i “palmenti”. Qui i contadini del tempo portavano l’uva raccolta che veniva subito pigiata e trasformata, in vasche di granito, in mosto.

Quando arrivarono i terribili tunisini assetati di sangue e di razzie, le vasche dei palmenti erano colme di mosto ribollente e altamente alcolico. Durante la salita al castello i pirati smorzarono la loro sete con questa strana e gustosa bevanda. Finirono spossati, addirittura ubriachi fradici e quindi respinti in mare dagli “eroici” assediati. Fu una vittoria sull’infedele non sotto la bandiera del Giglio, ma sotto quella di Bacco!

Felicità con poco, al Giglio 
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Ravioli al gambero (Foto N. Tondini)

Se volete portare a casa un bel ricordo del Giglio e del suo vino non perdetevi una sosta presso “La Cantina di Giovacchino” (Piazza dei Lombi a Giglio Castello), dove si gusta una selezione di salumi caserecci, del pecorino stagionato paradisiaco, crostini alla griglia; il tutto irrorato dal sempre più raro e “maschio” bianco Ansonico locale.
Dalla finestra di una villa, affacciata sulle rocce a picco sulle onde, arrivano le parole di una canzone gigliese: “Mi sento tanto felice, perché vivo in mezzo al mar, mi sorridono il cielo e le stelle, le cose più belle son tutte per me”. La canzoncina è la “summa” della filosofia isolana: essere felici con poco, accontentarsi del mare, del cielo e delle stelle e fare poesia cantando, con tre parole in rima, l’orgoglio di essere nato su questo scoglio di granito e un bicchiere di Ansonico in mano.

Specialità gigliesi per tutti i gusti 
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Specialità per tutti i gusti (Foto N. Tondini)

Ristorante “Da Maria”, Via della Casa Matta – Giglio Castello – Isola del Giglio, telefono 0564-806062. Ristorante storico del Giglio con un ambiente familiare e una cucina di consolidata fama. Si preparano pietanze antiche come il coniglio alla cacciatora o il pesce scavecciato, oltre a piatti innovativi come i maltagliati ai calamari e basilico, il filetto di orata in crosta di zucchine. Da provare la mousse di ricotta in salsa di fragole. Un bel mangiare tra le mura antiche di Castello.

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Ristorante “Il Grembo“, Via Verdi, 7 – Giglio Castello – Isola del Giglio.
Enrico Lubrani, patron e chef del locale, suggerisce i corretti abbinamenti per gustare il vero vino Ansonico di sua produzione: bruschetta del marinaio (pomodori, vongole, cozze e seppioline), ravioli “gnudi” con impasto di ricotta, spinaci e rombo conditi con sugo a base di gamberi, melanzane e pomodoro fresco. Il locale è piccolo, ma curatissimo e accogliente.

Ristorante “La vecchia Pergola”, Via Thaon de Revel, 31 – Giglio Porto – Isola del Giglio
Si mangia in veranda e già lo spettacolo della stupenda vista su Giglio Porto giustifica il conto. Gran cucina marinara alla Vecchia Pergola, con un menù nel quale spigole, orate, ricciole, astici e granchi la fanno da padrone.
Fatevi tentare dalla zuppa di pesce o dagli spaghetti alla polpa di riccio, dalle mazzancolle al vino bianco o dagli scampi fritti.

Is-Giglio-Vino-AnsonicoRistorante “Da Meino”, Via Umberto I – Giglio Porto – Isola del Giglio.
Fabio Màttera, il proprietario, accoglie i clienti col sorriso sulle labbra ed è prodigo di consigli per la scelta dei primi e dei secondi. Il menù è importante, dedicato esclusivamente al mare. Ampia la scelta dei vini, di provenienza internazionale.

Ristorante “La Marina di Brizzi”, Giglio Campese – Isola del Giglio.
Non lasciatevi ingannare dall’arredamento “easy”, qui si mangia bene e il mare è a venti metri. Piccanti moscardini alla diavola, tagliatelle all’ammiraglia, pesce di tramaglio in guazzetto e gelato fatto in casa, sono un menù di tutto rispetto.

La Cantina di Giovacchino, Piazza dei Lombi, Giglio Castello – Isola del Giglio.
Nella profumata cantina di Giovacchino e Tatiana (meta di tanti VIP) si fa uno spuntino o una cena vera e propria a base di prosciutto, salame, coppa, salsicce, pomodori secchi, crostini alla griglia, cipolline in agrodolce, pasta alla “gigliesa” e pecorino stagionato come mai si è assaggiato. Si beve rigorosamente vino bianco Ansonico locale.

E per le “golosità”… 

Pasticceria-Forno “Di Cristina”,

Via Provinciale, 23 – Campese – Isola del Giglio.
Antonio Di Cristina produce, oltre al pane e alla pizza, anche specialità dolciarie come gli Stinchi di Morto, i biscottini al sesamo e la superba torta di ricotta e cioccolato.

Pasticceria “Da Fausto”, Via Umberto I, 23, Giglio Porto, Isola del Giglio. Pietro Pellegrini è un grande chef pasticcere che ha recuperato ricette di antichi dolci gigliesi: il Panficato, gli Gnocchetti e il Tozzetto. Vale una sosta golosa.

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