Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

A Montefalco lungo la strada del Sagrantino

Veduta di Montefalco

Viaggio in un’Italia “oltre”. Alla scoperta della provincia minore umbra, dove si può mangiare in un teatro romano, bere del fiero vino locale, ammirare affreschi del ‘400, scoprire la storia del Beato Pellegrino

La collina di Piero
Montefalco vista dalla torre del Comune
Montefalco vista dalla torre del Comune

Certe persone rendono migliori i luoghi. Se anche così non fosse sia chiaro che questi, per essenza e vocazione, non sono posti fatti per pontificare, ma per beatificare. Chiunque arrivi diventa presto un pellegrino beato. “Questa è la mia collina: da una parte gli ulivi, sull’altro versante le viti”. È il pezzetto d’Umbria di Piero, che egli lascerà al nipote Riccardo con il consiglio di non alienarla per denaro. Un piccolo agriturismo pionieristico, tessera numero sei degli ottocento che ci sono adesso.

Camiano Piccolo è una frazioncina dell’antica Coccorone, dal nome del suo presunto fondatore, il senatore romano Marco Curione. Con l’arrivo di Federico II, il paese eredita il più felice nome di Montefalco e mette nello stemma un volatile che nel baluardo comunale sembra un piccione, in alcuni affreschi un pavone sghembo e nei tombini finalmente ritrova il suo onore di falco. Il paese si riconosce da lontano per il fungo, una cisterna d’acqua che spadroneggia sull’abitato medievale. Un orrore mito-cementologico cui ci si abitua subito.

Montefalco. Valentino va veloce
Case fiorite per le vie di Montefalco
Case fiorite per le vie di Montefalco

“Se si poteva eliminare, Valentino l’avrebbe già fatto”. Valentino è il sindaco, ha trentaquattro anni, è al secondo mandato e prima era già stato assessore alla cultura. È una di quelle persone che fanno i luoghi, un po’ perché vi trasfondono il proprio spirito e un po’ perché li “terraformano”.
Dalla torre del comune vedi il borgo sgargiante di pietre soleggiate e i tetti in restauro, le gru che salvano case decrepite e non ne alzano di nuove. Nelle vie cespugli rampicanti fioriti, rose non si sa perché sempre rosse e impreviste viti cittadine, che sono solo leggermente più stressate di quelle campagnole. Intorno case di più di mezzo millennio d’età, con fiori rigogliosi e niente ansia.

La Madonna della Pia
Montefalco Madonna della Pia
Madonna della Pia

Fuori dalla Madonna della Pia, appiccicato alla vetrata, c’è un foglio con l’avviso di una funzione che sarà celebrata nel pomeriggio. La facciata di questa chiesina duecentesca è così minima che bastano due cipressi di stazza media per nasconderla.
Questa è la località Cantalupo, frazione di Bevagna, che non è New York, ma venti case, numero arrotondato per eccesso. Piero possiede qui ulteriori viti, allineate in fila spartana.
Non un’anima viva, ma qualcuna ce ne deve essere, altrimenti non si spiega il cartello della messa.

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Ritorno all’orto di Mevania
Montefalco Orto degli Angeli
Orto degli Angeli

“Hai mai visto un ristorante dentro un teatro romano? È a Bevagna.” Le mura di Bevagna – Mevania per gli antichi romani – sono così intere da girarci intorno. Nel bel mezzo c’è una piazza con palazzi messi di sguincio e assai popolata, forse troppo, rispetto alle aspettative.
Il nome, Redibis, è un verbo latino che significa “ritornerai”. Prima bisogna andarci. È un ristorante ricavato nelle curve gallerie di un teatro romano, con dentro la nobildonna Tiziana e suo marito il conte Francesco, che da aristocratici si sono riconvertiti in osti.

Con tutta la piacevole grazia di chi è grato alla vita per essere stato risparmiato dalla guerra tra poveri, aprono le stanze del loro gioiello di pietra a più strati. Sopra Roma trovi il Medioevo, il Rinascimento e il Seicento. In mezzo un giardino pensile – che sopra quale esatta parte di questo bell’intrico si situi non ce lo si chiede nemmeno ed è anche superfluo mapparne la posizione – con tre pergolati di glicini, clematidi, gelsomini e rose antiche. All’Orto degli angeli ritornerai, se avrai un surplus economico o una botta di follia e troverai alla porta la signora Tiziana dall’abito a campana, profumata più dei fiori degli orti di Babilonia.

Benozzo va al convento
Montefalco Americane a Bevagna
Americane a Bevagna

Nell’abside del convento di San Francesco, Benozzo Gozzoli, alla metà del Quattrocento, dipinse la vita del grande santo. Il ciclo di affreschi non subì danni nel terremoto del 1997 perché era impacchettato e puntellato per il restauro. Tra la fitta simbologia tanto cara ai pittori antichi, con serafini con sei ali, un San Francesco che regge il Laterano, ben si vede a un certo punto un bicchiere con un liquido rosso, che tutti qui giurano essere Sagrantino, il fiero vino (docg, non un vinello qualunque) locale.

La scena più bella è quella con la benedizione degli abitanti di Montefalco e la predica agli uccelli presso Bevagna, celebrazione di una fratellanza universale dove passerotti e rapaci stanno vicini senza avicole discussioni. Sotto la chiesa, gli operosi e imprenditoriali frati avevano scavato capienti vasche in cui tenevano il vino, che producevano in regime di semi-monopolio finché non furono ridimensionati da editto restrittivo.

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Pranzo all’ombra di gelsi e ulivi
Chiostro di Sant'Agostino
Americane a Bevagna

Nella chiesa di Sant’Agostino c’è un trucido angolo kitsch con tre soggetti macabro-statuari: coppia di scheletri di monache velate, madonna in nero con faccia stravolta dal lutto con davanti Cristo ingiallito e infine pseudo-mummia vestita di stracci, detta il C. Valentino ci racconta la storia dell’inquietante reliquia. Il signor pellegrino un giorno arriva, i frati lo ospitano, lui va a farsi un giro e la mattina dopo lo trovano morto, in posa meditativa.

Lo seppelliscono e il giorno dopo lo trovano in paese, stessa posizione, stesso look, sempre defunto. La cosa va avanti per parecchio finché evidentemente, stanchi di inutili tumulazioni, decidono di metterlo in una teca di vetro.
Il sindaco ci porta all’assaggio di un bicchiere di Grechetto, poi
in Comune, con l’importante sala consiliare affrescata e in cima alla
torre. Scendiamo le scale e un pezzo di collina, fino a un tavolo tra gli alberi e un pozzo.

Montefalco Viti in città
Viti in città

Per quanto faccia caldo, qui c’è di bello che appena si sceglie l’ombra ci si sente una meraviglia. Si sviluppa dal nulla una specie di micro-turbinio d’aria, atto a sollevare lo spirito e forse anche il corpo, tanto che viene da pensare che magari sia lo stesso che faceva lievitare il caro pellegrino fuori dalla tomba.
Tra gelsi e ulivi mangiamo una pasta con Piero, senza nemmeno chiedere cosa ci sia nel sugo. Ma chissenefrega della ricetta, dell’itinerario goloso, della degustazione. Mangiamo come i frati locali, zitti con un bicchiere di vino della casa, in santa pace.

La corsa dei bovi
La piazza di Bevagna
La piazza di Bevagna

A Montefalco in agosto si tiene la corsa dei bovi. Nel medioevo c’era invece la fuga del bove, una manifestazione assai cruenta (tipo la corsa dei tori di Pamplona) che si teneva durante le celebrazioni del carnevale e che poi fu opportunamente soppressa. Vent’anni fa i tranquilli montefalchesi hanno deciso di farne una versione più pacifica, durante la quale i buoi, addestrati durante l’inverno, corrono in un percorso cittadino accidentato. Sembra che gli autoctoni e i turisti trovino la corsa assai divertente, ma resta il dubbio su cosa ne pensino i poveri bovini coinvolti.

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A Bevagna, dove ogni giugno si tiene il ricco e vario Mercato delle Gaite (le gaite sono i quattro quartieri medioevali del paese) il giorno di Pasqua, presso la chiesa di San Michele, si assiste invece alla Corsa del Cristo Risorto, una singolare gara di gusto antico e popolare. Queste tradizioni non stonano in centri collinari dove, per andare in giro, in antico certo bisognava avere buone gambe e resistenti cavalcature.

Cucina umbra e biancheria della nonna
In vetrina i prodotti tipici
In vetrina i prodotti tipici

Si mangia sempre bene: tortine salate alle verdure, focaccine, frittatine con gli strigoli (una verdura palustre) polentine alla roveia (pisellino selvatico). Sugo al Sagrantino o agli asparagini di campo croccanti condisce abbondante gli strangozzi, il cui nome suona come se dovessero piazzarsi in gola a impedimento del respiro, mentre invece semmai essi lo aiutano a espandersi. Fatti in casa anche loro come tutto. La scafata è la zuppa di fave e carciofi, quindi il filetto al Sagrantino.
Il Sagrantino, insieme al Montefalco, che è l’altro rosso e al bianco Grechetto, è il vino della zona. Con il Sagrantino si fa un ottimo vino passito.

Tessuti locali
A Montefalco e nei paesi vicini esiste una tradizione di produzione di tessuti per la casa molto belli, piuttosto cari e particolarmente resistenti, anche ai lavaggi in candeggina. I telai non sono comandati dal computer, ma da tessitori locali che fanno tovaglie con trame varie e delicate: fiori, foglie d’ulivo, pavoni reali, grappoli d’uva e melograni, anfore, contadinelle eleganti. Guardandosi intorno tra i negozi, ci si può imbattere in sconti interessanti; in molti casi vengono impiegate solo fibre naturali.

Info

 Montefalco: www.montefalcodoc.it
per Bevagna: www.comune.bevagna.pg.it

Chiesa-Museo di San Francesco, Via ringhiera umbra, Montefalco

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