Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

San Miniato, moderno medioevo

San Miniato

E’ uno dei borghi toscani più rinomati, sia per le innumerevoli bellezze artistiche e architettoniche, sia per uno stile di vita, vivace ed attuale, che affonda le proprie radici nei secoli, ricchi di storia e di personaggi famosi

San Miniato vista dall'alto
San Miniato vista dall’alto

È stata chiamata la città delle venti miglia perché dista appunto venti miglia da Firenze, da Pisa, da Lucca e da Siena. Può sembrare una curiosità, una pura coincidenza. In realtà spiega la storia di San Miniato e le scelte strategiche fatte intorno a lei. Non a caso è stata insediamento etrusco e romano prima e poi dei Longobardi, per la sua posizione sulla Via Francigena, che nel Medioevo collegava Roma con il nord, per diventare quindi sede di imperatori e papi. Un passato densissimo di avvenimenti, di cui sono testimonianza, in pochi metri, meraviglie architettoniche che raccontano  culture diverse.

Un intreccio di piazze, vicoli, archi, portici, scalinate
Chiesa del Crocifisso e il campanile detto anche Torre di Matilde
Chiesa del Crocifisso e il campanile detto anche Torre di Matilde

A cominciare dai resti del Palazzo imperiale che ha ospitato la dinastia di Sassonia, da Ottone nel 900 fino a Federico II nel 1200. La torre è l’unica parte rimasta. Distrutta dalle bombe della seconda guerra mondiale è stata  risistemata durante le massicce riedificazioni del 1957. Subito sotto la torre si “srotola” la città, con piazze e vicoli movimentati da portici, arcate, scalinate.
Quando si arriva a San Miniato l’impatto è notevole. Ma non è niente di fronte all’emozione per i palazzi e i mille dettagli da scoprire. Sembra retorica, ma ogni casa, ogni muro racconta una storia, che non si trova nelle guide, ma che i sanminiatesi, fieri della loro città, sono felici di raccontare.
Stupisce quel mix di campagna e palazzi, che salta agli occhi guardando San Miniato dal basso o dall’alto. Per esempio, da una delle finestre dell’albergo Miravalle, nella piazzetta subito sotto le rovine del castello. L’hotel ha solo quindici camere con soffitti in legno e una semplicità da monastero, ma un passato da palazzo imperiale. Qui soggiornavano i vicari degli imperatori e nel 1533 si incontrarono il papa Clemente VII e Michelangelo, per definire i dettagli dell’affresco nella Cappella Sistina.

San Miniato, nelle pietre del Duomo la storia della città
Cattedrale di Santa Maria Assunta e di San Genesio
Cattedrale di Santa Maria Assunta e di San Genesio

La vista dalle piccole finestre che danno sulla vallata è illuminante per capire il gioco di archi, di passaggi nascosti, di strade in accentuata pendenza. Dalla piazzetta del Castello, con una scalinata, si arriva alla Piazza della Repubblica dalla forma ellittica allungata. Qui si fronteggiano il Palazzo del Vescovo, costruito nel Trecento sui resti di tre edifici precedenti e il Seminario con i muri decorati da scritte in latino.
Da qui, passando sotto una triplice arcata, si raggiunge il Duomo. Dell’antica pieve romanica del 1100 è rimasta solo la facciata; il resto è barocco.
La chiesa è stata il teatro di una drammatica vicenda durante i bombardamenti tedeschi della seconda guerra mondiale. Un capitolo della storia della Resistenza mai totalmente chiarito,  rievocato dai fratelli Taviani nel film “La notte di San Lorenzo” del 1982, con cui ottennero diversi premi, tra cui quello speciale della giuria al Festival di Cannes. Nel Duomo è stata inglobata la Torre di Matilde e quindi usata come campanile.

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Il borgo è un museo a cielo aperto
San Miniato Palazzo comunale, Sala delle sette virtù
Palazzo comunale, Sala delle sette virtù

Accanto al Duomo c’è il Museo Diocesano da vedere, anche per chi non si interessa d’arte sacra, per un dipinto del Verrocchio che raffigura il Redentore e una crocifissione di Filippino Lippi. Il museo, creato nel 1966, è stato il primo polo di un esperimento coraggioso ma, ora si può dire, riuscitissimo. Cioè quello di mostrare le opere della città nei loro “contenitori” originali e non assemblate in un museo, come avviene normalmente. Il sistema museale prevede un itinerario in otto tappe, visitabili con un unico biglietto. Il secondo polo è l’Oratorio del Loretino, nel palazzo Comunale, con tavole di Francesco Lanfranchi e un altare in legno del 1527.
Di fronte, una scalinata barocca sui toni dell’azzurro – impossibile da non notare – porta a un Santuario famoso per un Crocefisso dell’XI secolo, in legno a croce greca, che si dice abbia facoltà miracolose. Del sistema museale fa parte anche il Museo Archeologico con i resti del passato etrusco e romano di San Miniato e la chiesa di San Domenico del Trecento, con un affresco di Sant’Anselmo attribuito a Masolino da Panicate, oltre a un monumento funebre del Donatello.

Il “bello” per lo spirito; il “cibo” per il corpo
Piazza della Repubblica
Piazza della Repubblica

Certo le opere d’arte, le chiese, i palazzi sono straordinari, ma non sono solo quelli a rendere San Miniato attraente. La città, nonostante il suo essere un museo a cielo aperto, dove tutto ha un valore artistico, mostra un’animazione e una vivacità sorprendenti. Responsabili di certo i suoi abitanti che hanno saputo mantenere e coltivare le tradizioni.
E il cibo è una di queste. Fa piacere vedere che nelle strade più centrali non ci sia stato il sopravvento di un certo consumismo. Il fornaio o il pasticcere non sono stati spazzati via dal negozio di abbigliamento e nemmeno si sono uniformati a un arredo senza storia e impersonale. Dentro puoi ancora trovare chi parla del proprio lavoro in modo appassionato. I negozi, anzi le botteghe, hanno mantenuto l’arredamento, le vecchie insegne, ma senza inutili snobismi “rétro”. Sono veri, reali e attuali per efficienza, pulizia, organizzazione.

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La macelleria di Sergio Falaschi-
La macelleria di Sergio Falaschi

Così il macellaio Falaschi, racconta dei prosciutti che, dopo un controllo, vengono aromatizzati con una mistura di aglio, pepe, sale, fatti riposare su scaffalature di legno per tre settimane e poi messi a stagionare a temperatura ambiente. Parla del “mallegato”, un sanguinaccio mescolato con uvetta sultanina, pinoli, ciccioli e canditi d’arancio o della “spuma di gota”: una crema, specialità locale, ottenuta lavorando la gota del maiale.

Il pasticciere Gazzarrini spiega le trecento varianti delle sue crostate e torte, le varianti del panettone milanese con mele cotogne o con pezzi di cioccolato. O i suoi formidabili cantucci inseriti in una tipologia, simile al Doc dei vini.

Dove la tecnologia sposa le antiche tradizioni
Mostra mercato del tartufo
Mostra mercato del tartufo

Questi “artigiani del gusto” diventano una volta l’anno i protagonisti della Mostra Mercato Nazionale del Tartufo bianco di San Miniato.
Giunta nel 2006 alla 36a edizione, si tiene in tre fine settimana consecutivi di novembre. Le bancarelle si spargono sulle piazze e le strade e i negozi restano aperti con manifestazioni e mostre collaterali.
Naturalmente il tartufo è la star, ma in scena – e non certo da comparse – ci sono le altre specialità. Dalla finocchiona alla soppressata, dal lardo ai fegatelli di San Miniato. Dai cantucci alle verdure. Dall’olio ai vini, al vinsanto con le uve bianche di San Colombano, fino ai sigari toscani fatti con il tabacco Kentucky, importato due secoli fa dagli Stati Uniti e lavorato nelle tabaccaie della zona.

Azienda vinicola di Cosimo Maria Masini
Azienda vinicola di Cosimo Maria Masini

Le tradizioni rivestono un importante significato per San Miniato, ma questo non vuol dire che la città vi rimanga ancorata, con i paraocchi.
Basti pensare all’avveniristico ascensore, perfettamente inserito nell’ambiente, per collegare la città alta alla bassa. O locali come il Pepenero, un ristorante con un arredo di design e una cucina che lavora con creatività sui vecchi piatti.
O ancora l’azienda vinicola di Cosimo Maria Masini. È in una villa sulle colline tra le valli d’Arno e d’Elsa, con un palazzo del 1750 in cui abitò un fratello di Napoleone e un giardino con anfiteatro, disegnato dal Ridolfi, scavato nell’erba. Qui il giovane Cosimo ha ristrutturato le antiche cantine, recuperato le vecchie vasche in cemento e prepara Sangiovese, Cabernet e Merlot con i vitigni reimpiantati nel terreno. Oltre a produrre un olio in sole duemila bottiglie e un’altra lavorazione ancora più esclusiva di trecento bottiglie di mignola, olio fatto con minuscole olive.

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