Al contrario del Mural sullo scalone del Palacio del Gobierno, apertamente dipinto contro le violenze delle dittature (tra svastiche e fasci è riconoscibile Benito Mussolini) i cinquantasette murales di Orozco nell’Instituto Cabañas (inquietante il capolavoro, l’Uomo in Fiamme, nella cupola della cappella) spaziano da scene di vita pre-ispanica a bigie figure di Conquistadores (non manca un perfido Cortès) a crudeli rappresentazioni della lotta per l’indipendenza. Domina, nelle opere di Orozco, un esasperato anticlericalismo, accentuato dal fatto che agli inizi del secolo scorso Guadalajara e il Jalisco furono teatro di sanguinosi scontri tra lo Stato laico e i Cristeros, una sorta di associazione di fondamentalisti cattolici sconfitti a metà anni Trenta.
Artigianato, gastronomia, calcio e musica. A Guadalajara
Più prosaici, poco distanti dall’Instituto Cabañas, il Mercado Libertad o di San Juan de Dios e la Plaza de los Mariachis. Sui tre piani del Mercado, il più tipico di Guadalajara, si acquista buon artigianato, indumenti (“sarapes”, i tipici “ponchos” multicolori , scialli e “morrales”, mantelli) e si assaggia la gastronomia tapatìa in una delle fondas o Birrias; quest’ultime nulla hanno a che vedere con la birra: si tratta di ristorantini in cui è servita, ghiottoneria locale, la capra, il “chivo”.
E Chivas sono chiamati i giocatori della amata squadra di Calcio (fondata nel 1906 da un commerciante belga).
A Guadalajara sono presenti altre due squadre, ma la grande “aficiòn” è rivolta alle Caprette, undici volte campioni del Messico e acerrimi avversari dell’America, la più forte squadra della capitale.
Nella Plaza de los Mariachis (come a Città del Messico nella piazza Garibaldi) ecco esibirsi i “valientes” suonatori, una delle tre citate e vantate Glorie (con la Charreria e il Tequila) del Jalisco e della sua novia Guadalajara. Minibande di musicisti che con svariati strumenti (violino, chitarra, contrabbasso, tromba, arpa e “vihuelas”, una chitarra con cinque corde) visitano l’infinito mondo della canzone messicana (amori, tradimenti, machismo, morte, politica, gelosia, rivoluzioni; e non mancano gli animali, vedi la rivoluzionaria Cucaracha).
Mariachis dal “ricco” sombrero
Le loro vicende risalgono a metà del XIX secolo, nel sud del Jalisco, ma il nome Mariachi è tuttora materia di studio: c’è chi assicura che derivi dal francese Marriage (perchè richiesti alle feste nuziali); secondo altri è dovuto alla loro presenza a una antica Festa in onore e della Virgen Maria H (Mariaa hàce). Dei Mariachis è almeno nota l’origine del vestito, simile a quella del Carro: tante, vistose, borchie d’argento su giubbetto e pantaloni, immenso e decoratissimo sombrero ricco di fregi e lustrini. Immagine visiva e musicale del Messico (divenuti popolari grazie al cine e alle esibizioni con i grandi cantanti Jorge Negrete e Pedro Infante) i Mariachis sono presenti nelle manifestazioni ufficiali nazionali (e non può mancare, in settembre, un loro Festival, ovviamente a Guadalajara). Chi non si accontenta di ascoltare i (quasi sempre) baffuti cantori di Cielito Lindo nella loro Plaza, può continuare le audizioni in alcuni locali cittadini: musica a gogò dal pomeriggio a notte fonda alla Casa del Mariachi (ricca la proposta di cocktails, uno si chiama “Orgasmo”) più casereccio e familiare il Mexicanisimo, con fanciulli dormienti tra virtuosismi di guitarrones e stacchi di tromba.