Lunedì 6 Maggio 2024 - Anno XXII

Novara, città con due anime

Fra Piemonte e Lombardia: lo stesso fiume, le stesse nebbie, l’identico dialetto. Riscopriamola, passeggiando sotto i portici, dominati dal cupolone di San Gaudenzio, lungo i baluardi congestionati dal traffico, nelle piazzette raccolte del centro storico

L’omaggio a Novara di Dino Campana

Dino Campana
Dino Campana

Chissà quanti novaresi (e italiani) hanno potuto conoscere e stimare un grande poeta qual è stato Dino Campana, con una poesia del quale – volutamente trascritta in prosa – mi piace concludere questo omaggio a Novara, città piemontese dall’anima lombarda e città lombarda concretamente piemontese.
Campana, toscano di Marradi, dalla vita sfortunata e tormentata dai dubbi della propria mente, descrive Novara (parrebbe di capire) guardandola, intuendola, dalla pianura lombarda; ma potrebbe anche essersi verificato il tragitto inverso: la pianura e, alle spalle, il Monte Rosa, visti e assaporati dai baluardi ombrosi del capoluogo piemontese. Una riprova, se mai occorresse, della “duplicità” fisica e spirituale di Novara. Scrive Campana: “ … la dolce Lombardia con i suoi giardini, il Monte Rosa è un grande macigno; ci corrono le vette a destra e a sinistra, all’infinito, come negli occhi del prigioniero. È grigio il cielo, laggiù si stendono al piano, infinitamente, i pennacchi tremuli delle betulle, come un tabernacolo gotico. Il cielo è pieno di picchi bianchi che corrono, ma la torre di San Gaudenzio instaura un pantheon aereo di archi dorici di marmo. Sugli spalti una solitaria cerca l’amore. L’aspro vino mi ha riconfortato e dal baluardo un azzurro sconfinato posa sulle betulle, pantheon aereo di colonne, sopra un giardino di Lombardia. Settembre solare denso, dove le betulle emergono nel piano. Lontano, il macigno bianco”.

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