Giovedì 18 Aprile 2024 - Anno XXII

Place Pigalle á Paris? Meglio il Cimitero!

Quali le sensazioni, le piccole e grandi scoperte di una città “rivisitata” a distanza di anni? Ce lo spiegano queste note, intrise di ricordi e di insospettabili novità

Ritorno nella Ville Lumière
Ritorno nella Ville Lumière

Era tanto che non andavo a Parigi. Due i motivi. Un bel giorno mi colpì (e ne sono tuttora felice) un “virus iberico” che, costringendomi a gustare e ammirare il più possibile della Spagna, ridusse i miei panorami francesi alla strada da Mentone a Perpignan (Barcelona). Eppoi stavano cambiando i tempi e le mode e nonostante i teatrali appelli del Gèneral De Gaulle la gallica Grandeur cominciava a rimpicciolirsi.

Dalla “due Cavalli” alle mitiche “banane” di Josephine

Josephine Baker
Josephine Baker

Alcuni esempi? Fino a metà anni ’50 nelle scuole del Belpaese la prima lingua straniera era il francese, vangelo della cucina i menu di Escoffier; noi giovinastri si andava con la “Citroen Due Cavalli/Deux Chevaux en argot Bagnole” sulla Cote d’Azur à chercher la femme. E nella precedente generazione i nostri padri avevano viaggiato in treno a Parigi, patetica mèta Josephine Baker danzante in mutandine bananate sottostanti il mitico non meno che nudo -eh sì, e se ne sarebbe parlato per mesi nei caffè della provincia italiana – seno; strano razzismo e senso del pudore, a quei tempi, chiamiamoli “coloniali”: tette bianche no, quelle nere invece sì, e vai con le esposte zinne di Faccetta Nera!

L’altra Parigi, tra vecchio e nuovo

Giovanna d'Arco, l'eroina nazionale
Giovanna d’Arco, l’eroina nazionale

Per certo già satollo di info post lettura delle guide variè, al lettore potranno (al massimo) interessare solo miei telegrafici commenti sulla “Parigi è sempre Parigi” (Luciano Emmer, 1951) da me rivisitata.

La statua di Giovanna d’Arco e il (magnifico) ponte Alessandro III: sempre assai ben pittati d’oro, à gogò – Tour Eiffel: mannaggia il turismo di massa – Mangiare: ‘Au Pied de Cochon’ ormai, come prevedevo, se la tira (ay ay ay quando notturnamente sfamava i travailleurs des Halles); la ‘Coupole’ non ha svaccato (e il barman è affabile mentre serve il Pastis ); resta com’è, da più di cent’anni, il Bouillon Chartier (la table culte de paris) al 7 di Rue du Faubourg Montmartre e nato per dar da mangiare a prezzi modici heuresement continua; Place Pigalle, fatto salvo (pare ovvio) il Moulin Rouge, il resto è solo Fast Food e Sexy Shops. Meno male che Toulouse-Lautrec è morto, ma non riposa al Père Lachaise, peccato, gli avrei esternato la mia solidarietà.

LEGGI ANCHE  Mongolia, figli di un Lupo Azzurro

 

Andar per Cimiteri

Lungo i viali del cimitero di Père-Lachaise
Lungo i viali del cimitero di Père-Lachaise

Ma dove andare (solitamente le ri-scoperte, gli amori rappattumati, le minestre riscaldate, ti entusiasmano meno della “prima volta”, perché il dejà vu non convince epperò – se si parla di turismo – a distanza d’anni torni volentieri nei posti già visti)? Ad ogni buon conto, meglio seguire la logica e andar prima di tutto a scoprire qualcosa di nuovo, mai visto. Che dopo veloce ricerca mi risulta essere il cimitero Père-Lachaise. Uno storico posto, arcinoto però non programmato nei sightseeing tours di Parigi, talché di quasi colti viaggiatori individuali ne trovi molti ma latitano quei gruppi turistici cosiddetti ‘precostituiti’. In effetti non è facile convincere un turista a visitare un cimitero, a meno che non si tratti di un posto un pochino ‘meno cimitero’: è il caso di Arlington a Washington, ci vai perché è più un ‘memorial’; nel Messico i cementerios sono allegramente più variopinti di un festival dei tulipani in Olanda; nei cimiteri della Gran Bretagna, invece, più che di tombe si tratta di vecchie lapidi eppoi c’è tanto verde. Ma se si parla dell’abbinamento Viaggi & Camposanti giunga una lode al turismo made in Italy, che – unico nel mondo – può vantare ben due “giri della città” con stop e visita del cimitero (a Genova Staglieno, a Milano il Monumentale).

Il Père-Lachaise è davvero “enciclopedico”

Quanto al Père-Lachaise già non intristisce, anzi rallegra, il nome del boulevard della porta di ingresso: Menilmontant (più affettuosamente Menilmuche), borgo assorbito dalla Ville Lumière solo a metà ‘800 e titolo di una delle più tipiche canzoni “parigine” (“Menilmontant, mais oui madame…” e chi poteva cantarla se non Charles Trenet?). E passeggiando tra edicole, cappelle e lapidi funerarie, non provi tristezza, impegnato come sei a ricordare chi c’è (o c’era, a fine ‘800 le spoglie del bon vivant Rossini furono trasferite alla fiorentina Santa Croce) collocarlo nel tempo aiutato da quanto leggi su lapidi e bronzi. Perché il cimitero Père-Lachaise è una sorta di “funereo museo” o se si preferisce “enciclopedìa funeraria” storica, artistica, politica, mondana a cielo aperto.

LEGGI ANCHE  Venezia, la mia città

Amico spagnolo per “scoperte” francesi

Pastis, il popolare anice bevuto in Francia
Pastis, il popolare anice bevuto in Francia

Ma eccomi nuovamente nella Ville Lumière (e a proposito di luci, che bello se un tecnico parigino facesse un salto a Milano ad aumentare di qualche candela la fioca illuminazione cittadina). E senza tema di far le corna alla Spagna dormendo nel Paese dei Gabachos (termine un filino spregiativo usato dalle genti ispanico-pirenaiche per indicare i franzosi). Ospite di Ignacio Vasallo, console nonché direttore della parigina Oficina spagnola del Turismo, secondo una libera interpretazione delle norme del Diritto Internazionale potrei affermare di dimorare in patria. Parigi o cara, e non solo per fare il verso alla Traviata (se si parla di soldi ti conviene accendere un mutuo prima di ordinare un Pastis – il più popolare anice bevuto in Francia – soprattutto se lo vai a sorseggiare in un Cafè del sciccoso XVI° arondissement che mi vede ospitato).

Ultima dimora per Celebrità

La tomba di Chopin
La tomba di Chopin

Con una curiosa storia alle spalle, risalente al Re Sole, o meglio al confessore di Louis XIV, Père François de la Chaise (1624–1709) che visse nella residenza dei Gesuiti ubicata laddove adesso si va alla ricerca delle tombe di Yves Montand (accanto, ovviamente, Simone Signoret), Oscar Wilde, Edith Piaf (poco lontano quella di Amedeo Modigliani, perché, vivaddio, il cimitero è multireligioso, come non poteva non essere un’opera pubblica creata -1804 – nella laica Francia di Napoleone). Le tombe che più mi hanno invitato a meditare? Quelle di: La Fontaine (altro che storielle di animali, quello aveva capito tutto dell’uomo, della vita); di Chopin (e capisci quanto struggente possa essere l’appartenenza a un vero popolo, quanti fiori e ricordi di polacchi in pellegrinaggio); Colette (infinita, semplice eleganza dei marmi). Lascio il Père-Lachaise, a Menilmontant per risparmiare qualche euro appetto al caro XVI° mi concedo un Pastis in un bistrot (il lettore conosce già l’origine di questo nome cosacco quindi non sto lì a dottorare) e torno alla Parigi a me già nota (ahimè) da qualche decennio.

LEGGI ANCHE  C'è del verde in Danimarca
Condividi sui social: